Sulla National league c'è un nome che incombe. Quello dei Los Angeles Dodgers. Nulla di inquietante: è solo che i Dodgers, a conti fatti con la maggior precisione possibile, sono tuttora la squadra più forte, e dunque in teoria quella con le maggiori probabilità di arrivare in finale. Sarebbe la terza volta consecutiva e proprio per questo c’è un po’ di disagio tra gli addetti ai lavori e magari anche tra i tifosi neutrali. Perché dopo due World Series perse di fila si comincia a pensare che ai Dodgers semplicemente manchi qualcosa: nella strategia - il manager Dave Roberts propende per pratiche collaborative con i suoi assistenti e agisce comunque sempre su basi statistiche preordinate - o nella saldezza mentale di alcuni giocatori. Ma qui cambia tutto: perché in realtà la squadra che apre la stagione contro Arizona è parecchio diversa da prima, avendo lasciato andare Manny Machado, Yasiel Puig, Yasmani Grandal, Matt Kemp, Brian Dozier e i lanciatori Alex Wood e Ryan Madson. È arrivato AJ Pollock, esterno centro ex Arizona, è arrivato Russell Martin a sostituire Grandal mentre a inizio stagione la rotazione dei pitcher dovrà rinunciare a Clayton Kershaw e Rich Hill, infortunati. Solo che Kershaw è uno di quelli su cui incombono i sospetti di mancata decisività e allora ricominciamo da capo.

Lo scorso anno, per arrivare alla World Series, i Dodgers avevano dovuto battere i Milwaukee Brewers, squadra che affronta il secondo anno del suo progetto volto a farle vincere il titolo. Solo che a) non c’è mai garanzia, a prescindere dalla somma spesa b) rispetto al 2018 manca qualcosa a livello di lanciatori, dato che Brent Suter è fuori per problemi al gomito e nessuno dei partenti evoca particolari tremori nei battitori avversari. Una statistica è clamorosa, come evidenziato dalla rivista Sports Illustrated: lo scorso anno i titolari della rotazione lanciarono 847 inning, il numero più basso tra le squadre da playoff della NL, e secondo più basso dopo Oakland. Da quel nucleo è sparito Suter ed è partito Wade Miley, mentre - dopo un inizio in lista infortunati - tornerà Jimmy Nelson che ha dovuto saltare l’intera stagione 2018 per un guai alla spalla riportato a fine 2017 durante un tuffo verso la prima base. Interessante l’esperimento che riguarda Mike Moustakas, per la prima volta in vita sua utilizzato come seconda base a livello professionistico: nato come interbase, aveva poi sempre giocato in terza ma a quanto pare lo staff coordinato in modo brillante da Craig Counsell ha intravvisto doti utili per questa nuova posizione. I Brewers hanno in organico anche il miglior giocatore della National League del 2018, Christian Yelich, e un Jesus Aguilar che viene da una stagione folgorante come prima base e battitore (35 fuoricampo). Il guaio dei Brewers è quello dei Red Sox nella American: giusto pensare ai playoff, ma per prima cosa bisogna emergere nella propria division, e la rivale maggiore è Chicago, sponda Cubs. Rivale agonistica e rivale geografica, vista la poca distanza (90 minuti d’auto) tra le due città: siamo al punto che Milwaukee ha previsto procedure particolari per l’acquisto di biglietti per le tante sfide stagionali, volendo impedire che arrivassero in massa tifosi dei Cubs, come è tradizione. Chicago - campione nel 2016 dopo 108 anni di attesa - ha lievemente deluso nei due anni successivi, perdendo nell’ottobre scorso proprio contro i Brewers lo spareggio per determinare la vincente della division, e la cosiddetta finestra di opportunità si sta chiudendo, per la nota difficoltà a miscelare assieme i periodi di maggior rendimento di così tanti giocatori di talento. Il lineup è pressoché identico a quello dell’ultimo biennio, e dunque di per sé sarebbe sufficiente a portare ai playoff, la panchina però è cambiata parecchio e un fattore importante per l’annata saranno le decisioni del manager Joe Maddon: a soli 24 mesi dallo storico trionfo in gara7 della World Series a Cleveland la dirigenza infatti ha deciso di non prolungare il contratto di Maddon, che scade alla fine di questa stagione. Un segnale forte: la fiducia che c’era non c’è più, e va riconquistata con una grande stagione. Magari appoggiandosi ad un Kris Bryant di nuovo sano al 100% e al possibile ritorno di Yu Darvish dalla mezza delusione del 2018, causata anche nel suo caso da uno stato di salute non perfetto. Un po’ ingenuamente, ma mostrando al tempo stesso le sue sensazioni, il lanciatore giapponese di origine iraniana ha espresso il desiderio di veder tramutati da ‘booo’ a ‘Yuuu’ i suoni cupi partiti spesso lo scorso anno dalle tribune del Wrigley Field: un Darvish normale, nemmeno eccezionale, darebbe ai Cubs un 10% in più di possibilità di vincere la division.

Ma… i St.Louis Cardinals? Pure loro nella National League Central, e alla vigilia di una stagione importante, perché arriva dopo tre anni consecutivi senza playoff: a luglio dello scorso anno avevano sostituito il manager Mike Matheny con Mike Shildt, confermandolo poi per questa annata. Shildt, 50 anni, è solo l’ottavo allenatore dal 1900 (!) ad avere questo ruolo pur non avendo mai giocato una sola partita a qualsiasi livello professionistico - ‘ho smesso dopo il college, quando ho capito che non sarei mai riuscito a battere una palla curva’ - ma ha dimostrato alla dirigenza di saper leggere gioco e situazioni, di avere la reattività nel gestire i lanciatori di rilievo e ora ha a disposizione un lineup con un prima base di grande lusso, Paul Goldschmidt, che rappresenta un miglioramento di per sé e ancora di più pensando all’esperimento 2018 di far giocare in quella posizione José Martinez, che resta molto utile come esterno e nel box di battuta. Marcell Ozuna era arrivato lo scorso anno nella ormai tradizionale svendita dei Miami Marlins, e nonostante il declino di Dexter Fowler l’ordine di battuta è sufficiente, così come l’impatto dal monte di lancio di Jake Flaherty, che ha il solo compito di evitare il cosiddetto ‘sophomore slump’, il calo di rendimento che investe al secondo anno giocatori emersi con grande brillantezza al debutto.

Manca qualcosa? Certo: manca Bryce Harper con il suo contratto da 13 anni e 330 milioni di dollari con i Philadelphia Phillies. Che sono diventati improvvisamente i favoriti per la vittoria nella National League East, dato che avevano comunque mostrato cose interessanti già lo scorso anno prima di crollare nelle ultime settimane. I Phillies hanno oltretutto aggiunto un grande catcher come JT Realmuto (ex Marlins, vedi sopra…), un interbase fresco di bella stagione come Jean Segura, un esterno esperto come Andrew McCutchen e un closer - il lanciatore che al 9° inning deve chiudere la partita eliminando gli ultimi battitori avversari - come David Robertson. C’è qualche perplessità sul manager, Gabe Kapler, l’ex giocatore che lo scorso anno era stato scelto un po’ a sorpresa: e di sorprese ne ha tirate fuori parecchio anche lui, con mosse imprevedibili e una gestione del personale ritenuta troppo permissiva. Tanto che un giorno di fine settembre, dopo la nona sconfitta consecutiva, il prima base Carlos Santana era entrato nella clubhouse (l’ambiente, con spogliatoio al centro, che fa da base per i giocatori) e aveva spaccato con una mazza un televisore sul quale a partita in corso (!) alcuni compagni di squadra avevano giocato a Fortnite, il celebre videogioco. Santana è poi stato ceduto ma per motivi che nulla hanno a che fare con quello sfogo, nato dalla frustrazione di un esperto giocatore di Major League nel vedere che troppi colleghi, non impegnati in partita, sparivano di frequente per andare a giocare. Anche Kapler ha imparato la lezione e istituito, per il 2019, una commissione a 13 delineando alcune regole da rispettare sempre, compresa la presenza sul campo al momento dell’inno nazionale. In tutto questo, Phillies favoriti sui Washington Nationals, l’ex squadra di Harper, e forse anche sugli Atlanta Braves, che hanno fatto i playoff lo scorso anno, portano con sé tanti giocatori giovani dalle doti potenzialmente eccezionali e hanno aggiunto un veterano come Josh Donaldson per la terza base, potendo poi disporre come catcher di Brian McCann, tornato ad Atlanta per guidare il gruppo. Ronald Acuña, l’esterno sinistro, potrebbe essere uno dei protagonisti dell’intera stagione MLB, per un motivo molto semplice: lo è stato già nel 2018, e sta migliorando.

 

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