Settimana con il solito carico: un lunedì leggero, di viaggio e ritorno, un martedì torrido, un mercoledì con sfide selezionate poi vai col weekend lungo di tante partite che ci permetteranno, tra sette giorni, di avere idee un pochino più chiare. Solo un pochino, però.

Philadelphia - già citata venerdì - e Pittsburgh ad esempio si sono giocate qualcosa di importante, nella notte: derby della Pennsylvania, magari non sentito come una Steelers-Eagles nella NFL ma siamo lì, per le implicazioni di playoff, e vinto dai Penguins per 4-1 grazie anche a ben 50 parate di Matt Murray.

media Matt Murray in una delle cinquanta parate della notte.

Pittsburgh veniva da quattro sconfitte di fila mentre i Flyers avevano otto vittorie consecutive e in questa striscia era stato importante il portiere Carson Hart, un rookie ventenne che ripete quanto già fatto - ed è bizzarro - nella medesima stagione, 1982-83, da ben due colleghi sempre di Phila, Bob Froese e il grande Pelle Lindbergh, scomparso nel 1985 a soli 26 anni in in incidente stradale ed eletto ugualmente all’All-Star Game.

Ultima della division un mese esatto fa, Philadelphia era salita solo a -6 dai Penguins nella caccia all’ultimo posto Wild Card ad Est, per cui la partita aveva una valenza doppia, e che sia stata comunque equilibrata e ricca di energia lo dimostra il record di franchigia dei Flyers per tiri in un solo periodo, 28 nel secondo.

Sono le sfide, purtroppo sottovalutate e trascurate in Italia, in cui era impossibile pronosticare il risultato ma facilissimo immaginare l’ambiente, con sciami di tifosi scesi dalla metro alla stazione NRG e diretti nel brusio verso il Wells Fargo Center. Lo sport non è solo tecnica o tattica, è anche l’immaginazione calda di questi momenti, la percezione che in un freddo, apparentemente anonimo e ancora buio lunedì di metà febbraio oltre 19.000 persone abbiano reso vitale un angolo cementoso e poco suggestivo di una città difficile e trasmesso una passione del genere: lo testimoniava anche il fatto che a poche ore dal primo ingaggio il prezzo minimo dei biglietti, lassù in alto, fosse di 87 dollari, non pochi in paragone a quel che si può trovare altrove.
L’hockey non avrà l’attrattiva roboante del football, la perfezione pulita del basket e l’assonanza estiva del baseball, ma trasmette scariche di energia e la notte scorsa a Philadelphia se n’è avuto un esempio importante.

Tra le partite influenti della settimana, con un lieve margine di ottimismo per la squadra di casa rispetto a quella in trasferta, è Columbus-Washington di questa sera. Finché vive questa stagione e non si costruiranno nuove memorie, il ricordo più immediato sarà quello dei bellissimi playoff dello scorso anno: al primo turno Columbus vinse le prime due partite in trasferta ma ne perse poi quattro di fila e fu forse in quel momento che i Capitals capirono di dover mantenere alta l’attenzione, cosa che accadde e li portò poi alla vittoria del titolo.

Stavolta, Washington è seconda nella Metropolitan Division con 67 punti, due in più dei Blue Jackets, ed è roba fresca visto che i campioni in carica NHL hanno giocato la notte scorsa in casa contro i Los Angeles Kings, vincendo 6-4 con Alex Ovechkin al 38esimo gol stagionale e primo dal 23 gennaio.

media media Alex Ovechkin a segno sul ghiaccio della Capital One Arena contro i Kings.

4-1-1 nelle sei partite consecutive in casa per i Caps, poi partiti immediatamente per Columbus per la gara di stasera. I Blue Jackets hanno poi giovedì sera un’altra importante partita in casa contro i New York Islanders, primi nella Metropolitan ma con soli sette punti di vantaggio su di loro. E di conseguenza Columbus nel giro di 48 ore potrebbe riaprire le situazioni e creare le basi per un grandioso finale di stagione, se con grandioso si intende non tanto il livello tecnico assoluto quanto l’incertezza diffusa su più arene.

Non male anche Tampa Bay-Calgary, questa sera, importante forse più per i canadesi che sono a -1 da San José nella Pacific, mentre giovedì, in contemporanea a Blue Jackets-Islanders, Washington prosegue il suo tour proprio sul ghiaccio di San José contro una squadra che è prima nella Western: poche possibilità di azzeccare una favorita qui, ma i Caps saranno alla terza partita in quattro giorni e avranno affrontato un lungo viaggio dopo la gara a Columbus, mentre gli Sharks sono tornati a casa nella notte dopo il comodo 7-2 a Vancouver.

Sabato, poi, carico da mille con Pittsburgh-Calgary, Tampa Bay-Montreal e Vegas-Nashville, impronosticabili. Tanto a ribadire la bellezza di una regular season più significativa di quella di altri sport che si giocano al chiuso tra ottobre e aprile.

LA NOTIZIA DELLA SETTIMANA - Situazione complicata per gli Anaheim Ducks, ai playoff lo scorso anno (0-4 contro San José) ma stavolta ultimi nella Pacific Division e peggior squadra dell’intera Western Conference: non è mai divertente, anzi è quasi morboso scavare in statistiche così negative, ma i Paperi delle ultime 17 partite ne hanno vinte solo due, perdendone anche 12 di fila tra il 18 dicembre e il 15 gennaio, con una differenza reti terrificante (-45), una differenza tiri fatti/subiti ancora più raggelante (-105) e un non sorprendente scarso rendimento in power play (per i non esperti: situazione di superiorità numerica sul ghiaccio, determinata dalla penalizzazione temporanea di uno o più avversari), trasformato in rete solo nel 12,7% dei casi.
Ieri sera, dunque, è stato rimosso il coach Randy Carlyle, che era con loro dal giugno del 2016, dopo aver già guidato la squadra dal 2005 al 2011 ed aver vinto una memorabile Stanley Cup nel 2007.

media Randy Carlyle (sx) con il suo vice Dave Farrish (dx) dopo il trionfo in gara 5 delle finali 2007 contro gli Ottawa Senators.

È ‘solo’ il coach con più vittorie nella storia della franchigia, ma dopo aver avuto tanta pazienza e valutato se fosse il caso di attendere il tradizionale rialzo di rendimento della seconda parte di stagione il general manager Bob Murray ha deciso il cambiamento, in una maniera non estranea alla NHL. Ha, cioé, deciso di sostituire personalmente Carlyle, 62 anni, dicendo «Non penso che sarebbe stato corretto mettere un altro in questa situazione [di difficoltà], ho ritenuto giusto scendere io in trincea. E so che è stata la decisione giusta per questo club».
I Ducks hanno ora tre partite di fila in casa: mercoledì contro Vancouver (e saranno sfavoriti), venerdì contro Boston (idem) e domenica contro Washington (pure). Sic transit gloria mundi, se gloria è mai stata.

 

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