Ci siamo appena lasciati alle spalle il primo mese di regular season NBA, una stagione che ha riportato dopo due annate complicate il numero di match da giocare di nuovo a 82 per ogni franchigia e che, in meno di 40 giorni, ha già messo in evidenza delle tendenze chiare, delineando i nomi dei protagonisti, dei favoriti nella corsa al titolo di MVP, delle squadre che puntano al titolo e di quelle che a sorpresa stanno dimostrando di essere competitive per i playoff. Abbiamo scelto cinque numeri per raccontare alcune delle storie principali della stagione venute fuori finora: scopriamole insieme.

86 | IL NUMERO DI TRIPLE SEGNATE DA STEPHEN CURRY

Gli anni passano, ma la resa di un giocatore stratosferico come Stephen Curry non sembra risentirne. Anzi, in questa stagione - se possibile - il n°30 di Golden State pare aver fatto un ulteriore passo in avanti. I Golden State Warriors, dopo anni difficili passati a barcamenarsi tra infortuni e una complicata ristrutturazione del roster, sono tornati a essere la miglior squadra NBA: 15 gare vinte su 17 giocate, sfruttando al meglio la serie di otto match casalinghi in fila (la più lunga nella storia Warriors) e soprattutto cavalcando uno Steph Curry in formato MVP - autore di oltre 28 punti di media, mandando a bersaglio 5.4 triple a partita con oltre il 41% dall’arco. Cifre senza senso che portano il suo conto complessivo di bersagli dalla lunga distanza a quota 86 in 16 partite - dati in linea per battere il record da 402 fissato in una singola stagione sempre da Curry nel 2016: il motore di una macchina da canestri tornata a essere letale. A Golden State adesso, per completare l’opera, attendono il ritorno in campo dagli infortuni di Klay Thompson e di James Wiseman: le squadre che puntano al titolo NBA, quindi, sanno di doversela vedere anche contro gli Warriors.

12-5 | IL RECORD DEI CHICAGO BULLS, LA MIGLIOR SQUADRA DELLA EASTERN CONFERENCE

DeMar DeRozan, Lonzo Ball, Alex Caruso: Chicago è la squadra che più ha investito in off-season, facendo storcere il muso a molti per la costruzione di un roster giudicato in parte disfunzionale e non all’altezza della Eastern Conference. Beh, nonostante un calendario complicato, i Bulls hanno dimostrato l’esatto contrario in questo primo mese - guidati da un DeRozan tornato a livelli da All-Star e perfetto complemento al fianco di Zach LaVine. Le loro cifre combinate, sempre oltre i 20 punti segnati a testa, in Illinois non si vedevano dai tempi di Michael Jordan e Scottie Pippen - una coppia di realizzatori sapientemente ispirata da Lonzo Ball (diventato letale da tre punti) e protetta dal lavoro difensivo e di pura energia fatto da Caruso, a cui i Lakers hanno rinunciato forse con troppa leggerezza. L’infortunio del giovane Patrick Williams ha ridotto la rotazione a disposizione di coach Billy Donovan, ma non scalfito le certezze di un gruppo che può dare filo da torcere a qualsiasi tipo di avversario. Anche tra qualche mese, quando si inizierà a fare sul serio con l’arrivo dei playoff.

10 | LE PARTITE SALTATE CAUSA INFORTUNIO DA LEBRON JAMES

I Lakers invece stanno faticando più del previsto in questo avvio di stagione, costretti per oltre il 50% delle partite disputate finora a rinunciare anche LeBron James (fuori in 10 delle 18 gare a causa di uno strappo ai muscoli addominali). Acciacchi da mettere in conto per un giocatore che il prossimo 30 dicembre compirà 37 anni e con 18 stagioni NBA alle spalle. L’età infatti è uno dei principali punti interrogativi sulla resa dei Lakers, aggrappati a un Anthony Davis che sta lentamente iniziando a vestire i panni del leader tecnico dei gialloviola, al fianco di un Russell Westbrook dal rendimento ondivago. Le sue palle perse fanno più notizia degli assist, così come gli errori in qualche finale di gara combattuto che ha condannato i Lakers a incassare qualche sconfitta di troppo. Sono ancora tante le cose da sistemare, in un gruppo che per ora si gode almeno una buona notizia: la “rinascita” - l’ennesima - di un campione come Carmelo Anthony; giocatore da oltre 15 punti di media in uscita dalla panchina, raccolti tirando con oltre il 46% dall’arco. Da lui, assieme ai tanti (ex) All-Star a disposizione di coach Frank Vogel, dovrà partire la risalita dei Lakers.

14 | LE SCONFITTE CONSECUTIVE DEGLI HOUSTON ROCKETS

Una partita vinta per sbaglio il 23 ottobre contro gli Oklahoma City Thunder e poi una lunga striscia di sconfitta. Sono già 14 in fila e la serie non sembra poter volgere al termine. È iniziata così la regular season degli Houston Rockets, la peggior squadra NBA che al momento non sta facendo nulla per nasconderlo - che fa peggio dei New Orleans Pelicans (precipitati senza l’infortunato Zion Williamson), degli Orlando Magic (in pieno rebuilding e guidati da un Cole Anthony sugli scudi) e dei Detroit Pistons (che con l’esordio della prima scelta assoluta Cade Cunningham hanno rimesso un po ‘a posto le cose). Sono loro le principali favorite nella “corsa al contrario” di cui bisogna tenere conto ogni anno in NBA: più perdi e più salgono le opportunità di scegliere in alto al prossimo Draft, con Paolo Banchero - giovane talento di passaporto italiano impegnato al college con Duke - che inizia a fare gola a molti.

0 | LE PARTITE GIOCATE IN STAGIONE DA KYRIE IRVING E BEN SIMMONS

Continua ovviamente a tenere banco anche il mercato, con i due casi più spinosi che riguardano All-Star che per ragioni diverse stanno segnando la stagione di Brooklyn Nets e Philadelphia 76ers - due franchigie che, con loro in campo, sarebbero le favorite nella rincorsa al titolo NBA a Est. Kyrie Irving infatti ha deciso di non vaccinarsi, i Nets lo hanno messo fuori squadra perché, viste le restrizioni in vigore a New York, non può disputare le partite in casa e a Brooklyn Steve Nash è costretto a non disporre di un giocatore che farebbe comodo al fianco di Kevin Durant e James Harden. I Nets restano una corazzata (12-5 il record, primi appaiati con i Bulls), ma con il rimpianto di non essere al completo. A Philadelphia invece Ben Simmons continua il suo personale scontro con la dirigenza Sixers: dopo le polemiche seguite ai suoi errori nel controverso finale di stagione della scorsa estate, l’All-Star australiano ha chiesto a gran voce la cessione, ma in Pennsylvania non sono arrivate offerte soddisfacenti per lui. Simmons è dunque rimasto in squadra, senza però prendere parte ad allenamenti, amichevoli e ora alla regular season: prima sono arrivate le multe, poi il certificato medico per problemi psicologici che complicano la questione e soprattutto le possibilità di mettere in piedi una trade. Il risultato è che coach Doc Rivers nel frattempo sta cercando di trovare soluzioni, sperando di veder rinforzato un roster che senza Simmons appare spuntato e troppo dipendente dalle prestazioni del solo Joel Embiid.

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