NBA 2019: Il futuro dei Golden State Warriors

La sconfitta per 4-2 subita nelle NBA Finals da poco conclusesi ha inevitabilmente fatto nascere una serie di enormi interrogativi sul futuro dei Golden State Warriors, la franchigia che, più di ogni altra, ha caratterizzato l’ultimo lustro di pallacanestro statunitense.

Non è tanto l’entità della sconfitta o il modo in cui questa è pervenuta a far sorgere numerose domande sui campioni 2015, 2017 e 2018: Toronto era un’avversaria formidabile che ha avuto la meglio sui californiani anche a causa del il peso degli infortuni subiti da Kevin Durant e Klay Thompson e della stanchezza riflessa del resto del roster. Il tutto giunto dopo tre titoli e due finali raggiunte dal 2015 al 2019. Non un dramma, dunque, ma un punto dal quale cominciare a far partire le proprie riflessioni.

 Ciò che genera gli interrogativi è il tempismo con cui questa situazione ha visto la luce: sia Thompson che Durant si sono infortunati alla vigilia della free agency più importante degli ultimi anni, quella che può ridefinire le prossime 5 stagioni NBA. Prima che Durant si infortunasse sembrava estremamente probabile che il numero 35 lasciasse la baia per provare a scrivere la storia di una nuova franchigia, mentre Klay Thompson appariva destinato a restare a Golden State al massimo salariale, andando di fatto impedire a Golden State di eseguire altre manovre per creare flessibilità sul mercato.

I quadri clinici dei due, di fatto, complicano la situazione: Golden State sarebbe felicissima di tenerli entrambi, magari accettando di essere meno competitiva un anno per tornare a incutere terrore nei suoi avversari tra 12 mesi. Questo, dunque, alza le percentuali che Durant rimanga nella Baia ma, al contempo, comporterebbe l’accettazione di un’ulteriore ipoteca sul proprio futuro. Golden State diventerebbe la squadra più costosa di sempre, pur potendo schierare per un’intera annata i soli Stephen Curry, Draymond Green e Andre Iguodala come membri del proprio core storico.

Insomma, una scelta tutt’altro che semplice per coach Steve Kerr, per il General Manager Bob Myers e per tutto il board dei Californiani. Nella scelta, senza dubbio, influirà un elemento molto chiaro: nella prossima stagione i Golden State Warriors inaugureranno la propria nuova arena, a San Francisco, un impianto futuristico dal valore economico enorme, nel quale gli abbonamenti e i servizi saranno venduti a prezzi astronomici. Golden State, dunque, ha bisogno di continuare a credere nel sogno della rinascita per fidelizzare i propri tifosi e continuare a rappresentare un ambiente d’elite nella National Basketball Association, anche con due sole stelle in campo e con poche possibilità di arrivare fino in fondo ai prossimi playoff.

Non saranno scelte facili quelle che attendono i tre volte campioni NBA, che vivranno un’estate lunga e dispendiosissima. I Dubs, comunque, nel frattempo hanno cominciato a tutelarsi cercando di reclutare gente spendibile per il progetto a basso costo.

L’ultimo Draft messo in piedi dai californiani è lampante in questa direzione: le pick a disposizione sono ricadute o su prospetti ritenuti pronti o su uomini che in qualche modo conoscevano il meccanismo degli Warriors dall’interno. Quest’ultimo aspetto è inquadrato perfettamente dalla pick numero 39 spesa lo scorso 20 giugno al Draft: Golden State ha investito su Alen Smailagic, giocatore sviluppatosi nell’ultimo anno proprio ai Santa Cruz Warriors, franchigia di G League controllata da Golden State.

Per quanto riguarda, invece, l’aspetto dell’essere pronti a contribuire sin da subito in una squadra strutturata, si spiega la scelta di Jordan Poole, guardia di Michigan, alla posizione numero 28: un giocatore con ottime misure e un range di tiro spendibile per una squadra che avrà senza dubbio bisogno di esterni pronti a contribuire subito in un sistema iper dinamico.

In questa direzione va letta anche la scelta numero 41 investita su Eric Paschall, giocatore abituato a giocare in un sistema importante come quello di Villanova (campione NCAA 2018) e approdato, così, in una franchigia in cui la sua esperienza collegiale può essere più impattante.

Basteranno queste scelte a rendere Golden State nuovamente la prima testa di serie dell’Ovest in contumacia a Durant e Thompson? Sicuramente no, ma in un momento di grande difficoltà avere le idee chiare su come muoversi è sempre il primo passo per uscirne e provare a ripartire.

Al momento nella griglia gli Warriors sembrano partire leggermente attardati rispetto ai nuovi Lakers e, chissà, magari davanti agli Houston Rockets, ma guai a darli per morti. Anzi, potete già segnarvi questo: Steph Curry nella prossima stagione attenterà al terzo titolo di MVP della sua carriera. Aspettiamoci di vederlo più combattivo che mai. Perché, si sa, mai sottovalutare il cuore dei campioni.

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