Dopo la pesantissima eliminazione subita nelle semifinali di Conference, con un netto e doloroso 4-1 subito per mano dei Milwaukee Bucks, dinnanzi ai Boston Celtics si spalancano le porte di un’estate ben più affollata di dubbi e incognite rispetto a quello che era lecito aspettarsi.

L’intera stagione dei bostoniani è stata modulata sull’attesa che l’immenso potenziale a disposizione dei ragazzi di coach Brad Stevens esplodesse, cosa mai avvenuta fino in fondo. Le 49 vittorie ottenute in stagione regolare hanno rappresentato un risultato sufficiente ma assolutamente lontanissimo dalle aspettative di tutti gli addetti ai lavori che, a inizio anno, addirittura si aspettavano che Boston potesse chiudere attorno alle 60 vittorie totali. La lunghezza e la qualità diffusa nel roster assemblato da Danny Ainge facevano propendere chiunque verso l’ipotesi che la franchigia del Massachussetts fosse la squadra più forte dell’intera Eastern Conference e l’annuncio di Kyrie Irving, che nella scorsa estate ha dichiarato di star pensando al rinnovo con la squadra del trifoglio hanno alimentato l’hype di un ambiente che, però, alla prova dei fatti ha sofferto un’annata davvero sotto tono, chiusasi nel più mesto dei modi: con ben quattro sconfitte consecutive.

E pensare che dopo le cinque vittorie consecutive ottenute a inizio playoff a cavallo della serie con i Pacers e quella con i Bucks, in tanti hanno pensato che il reale potenziale di Boston stesse emergendo ai playoff, permettendo così alla squadra di Stevens di intraprendere una cavalcata vincente malgrado il poco convincente quarto posto ottenuto dopo la regular season.

Le dichiarazioni immediatamente successive alla sconfitta contro i Bucks hanno restituito l’immagine di un gruppo troppo poco coeso nel quale in tanti non hanno preso bene l’idea di effettuare un sacrificio per il bene collettivo: tra tutte, le dichiarazioni Terry Rozier sono state le più nette in questo senso.

“Non mi importa di ciò che si dice, io sono quello che si è sacrificato più di tutti!” Ha dichiarato la point-guard in scadenza di contratto che, verosimilmente, non rinnoverà con Boston per cercare di monetizzare altrove. Un’annata come questa ha danneggiato anche lui, che un anno fa sembrava poter ambire a un contratto ben più lungo e remunerativo di quello che potrebbero proporgli le franchigie a lui interessate questa estate.

Ora, inevitabilmente, le domande attorno alla franchigia diretta da Danny Ainge si faranno senza dubbio pressanti, visto che Kyrie Irving potrebbe scegliere di non rinnovare e che tanti dubbi sono stati sollevati a seguito delle prestazioni stagionali di due giovani che sembravano destinati a una crescita verticale come Jayson Tatum e Jaylen Brown. Tutti questi dubbi, oltre a essere rilevanti per le valutazioni che Boston dovrà fare dei giocatori in questione, potrebbero venire amplificati dalla volontà dei Bostoniani di provare un assalto a Anthony Davis questa estate.

Non è un segreto, infatti, che Boston voglia provare a scambiare alcuni dei propri asset per portare a casa Anthony Davis, che al termine della scorsa trade deadline è stato trattenuto dai New Orleans Pelicans proprio in vista di un’eventuale asta in questa torrida estate di mercato. Molte voci di corridoio, infatti, vedono i Celtics intenzionati a offrire un super pacchetto che comprenda, oltre ad Al Horford e scelte, anche Jayson Tatum e Jaylen Brown, due giocatori che adesso potrebbero anche essere più propensi a muovere per prendere Davis e convincere Irving a rimanere.

In caso, però, di addio a Irving e di mancato arrivo di Davis, quali sarebbero le prospettive future di Boston? Sicuramente il materiale su cui lavorare non manca. Probabilmente verrebbe abbandonata la prospettiva di un “Instant-team” in nome di un progetto un po’più lungimirante, incentrato proprio sulla crescita dei giovani a disposizione e sulla possibilità di far fruttare tutte le pick accumulate dai Celtics in questi anni.

Difficilmente questa prospettiva sarà di gradimento del front office dei Celtics che sembrava ormai pregustare l’idea di poter imbastire una squadra da titolo semplicemente effettuando una singola trade. Ormai da anni, però, Ainge ci ha abituati ad avere sempre pronto un piano B e, spesso, anche un piano C. Magari il General Manager di Boston sceglierà di muoversi in maniera diversa rispetto a ciò che ha lasciato trapelare, riuscendo ancora una volta a sconvolgerci con uno dei suoi colpi di teatro.

Ciò che è certo è che, in soli sei mesi, il panorama attorno alla franchigia di Boston è completamente cambiato a dimostrazione del fatto che, per quanto si possa provare a essere lungimiranti e previdenti, la NBA è sempre in grado di rimescolare le proprie carte a una velocità impensabile per le altre leghe del mondo.

I mesi che ci attendono per Boston saranno più complessi della loro storia recente: aggrapparsi alle certezze tecniche di coach Brad Stevens e a quelle manageriali di Danny Ainge sarà senza dubbio il primo passo che i Celtics faranno verso una definitiva ripartenza.

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