Nel 2021, con i dizionari che ormai prendono polvere sugli scaffali e in disuso da anni, basta consultare un motore di ricerca per scoprire il significato di una parola. Alla voce bomber, si legge: “Giubbotto imbottito del tipo di quello in dotazione ai piloti militari americani”. Oppure, in alternativa: “Nel gioco del calcio, cannoniere”. Un giocatore che fa tanti gol, termine che negli ultimi 20 anni è stato declinato in modi differenti e associato a volti noti del calcio - non esiste in Italia una singola persona che quando sente il termine “Bomber” non pensa a Bobo Vieri, che ne ha fatto un marchio, un brand, un motto. Uno stile di vita. Ma la domanda resta lecita: da dove arriva il senso di quella parola? Scopriamolo insieme.

Bomber, termine inglese associato agli aerei e alle operazioni militari

Basta guardare in realtà al primo significato della parola, al giubbotto e alle truppe in guerra: il legame infatti nasce dall’inglese ed è frutto del termine che veniva utilizzato per indicare i piloti dei bombardieri, degli aerei adoperati durante le battaglie per lanciare bombe sulla testa delle truppe nemiche. Certo, una visione bellica dello sport tutt’altro che piacevole nell’utilizzo delle parole, ma l’idea arriva proprio da lì: associare il termine “Bomber” all’attaccante, al cannoniere (che se ci pensate è un altro termine bellico) in grado di “superare le linee nemiche” e di bucare la rete con i suoi gol. Un termine che a suo modo ha attecchito anche nel racconto calcistico italiano e che per decenni ne ha colorito le cronache e infittito il mito attorno a nomi e giocatori diventati iconici nella storia dello sport. Quello che è successo grossomodo nel nuovo millennio però è profondamente diverso: la trasposizione di un termine prettamente calcistico diventata il modo per indicare uno stile di vita, un ruolo “social(e)” che va ben oltre l’area di rigore avversaria e i 90 minuti di gioco.

Il bomberismo: una deriva (non sempre positiva) che prosegue anche fuori dal campo

Torniamo a chiedere l’ausilio della Treccani per scoprire che negli ultimi anni si tende sempre più spesso a parlare anche di “bomberismo” - declinazione diretta del termine che arriva dal calcio. La definizione (non) ufficiale però è tutt’altro che lodevole in questo caso: “Atteggiamento sessista e xenofobo, basato su una visione semplificata, acritica e rozza della realtà, che prende a modello i comportamenti di alcuni noti personaggi del mondo dello sport e trova sfogo nei siti di relazione sociale in Rete”. Beh, non proprio un complimento, anzi: un termine che serve a fissare quello che viene definito “fenomeno soprattutto online” di mitizzazione e celebrazioni di figure capaci di andare oltre il rettangolo di gioco nel calcio e di raccontare in maniera idealizzata uno stile di vita: auto di lusso, donne bellissime, serate, alcool e tanto altro. Simbolo di dissolutezza, ammantati dalla celebrazione quasi ossessiva di parole come “ignoranza”, “degrado”, “bomber vero” e tutta una deriva linguista in cui il senso viene sovvertito. Si disprezza tutto ciò che è elaborato - e dunque ritenuto falso e costruito - in nome della genuinità che spesso non è altro che volgarità, ostentazione e spinta legata alle pulsioni più basse e grette dell’uomo. Una deriva dalla connotazione spesso e volentieri negativa.

Bobo Vieri: un uomo diventato il simbolo della parola “bomber”

Ha smesso di giocare ormai da diversi anni, ma anche senza calcare il prato degli stadi più importanti del mondo e dopo essere diventato serio padre di famiglia, Christian Vieri - soprannominato “Bobo come suo padre, anche lui calciatore - continua a essere la trasposizione visiva della parola “bomber”; termine con il quale scherza e gioca nelle sue dirette social, negli spot pubblicitari e anche in nome delle tante iniziative benefiche portate avanti dal noto ex attaccante dell’Inter e non solo. È lui il prototipo del bomber - nomignolo non a caso utilizzato dagli amici nei suoi confronti e spesso ripetuto dallo stesso Vieri (ogni riferimento ad Alessandro Matri non è puramente casuale, ndr) - che ha segnato il vero cambio di passo nella storia della Serie A e più in generale della comunicazione tra sportivi e mondo dello spettacolo. In un’intervista rilasciata qualche settimana fa, Vieri sottolineava come il suo apice di notorietà sia arrivato in un mondo che ragionava ancora in modo “analogico”: internet non era così diffuso e soprattutto non esistevano i social e, nonostante quello, la sua figura è riuscita a diventare lo stesso dilagante e virale. Le storie d’amore con le veline, le serate milanesi e in vacanza in giro per il mondo, il lusso e la leggerezza della gioventù: Vieri più di tanti altri è riuscito a raccontare al grande pubblico la bellezza di essere ricchi e famosi, oltre che talentuosi nel proprio mestiere. Un messaggio non sempre interpretato in maniera corretta

In conclusione, come tutto ciò che riguarda fenomeni così trasversali, non si può certo impuntare a Vieri (o ad altri calciatori che hanno seguito le sue orme), la deriva alle volte becera che quel genere di messaggio porta in dote con sé: raccontare con leggerezza un mondo spesso preso troppo sul serio come quello del calcio è un pregio che va riconosciuto a chi prova a stemperare inutili ed eccessive tensioni scaturite da un pallone che rotola su un prato verde. “La vita da Bomber”, cantata dallo stesso Vieri resta un ideale del quale sorridere, da cui prendere spunto, ma non per forza da perseguire: basta declinare il termine nel giusto modo e comportarsi di conseguenza. La forza delle parole in fondo è anche questa.

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