Dalla provincia alla Champions League*, con bilanci in crescita e talenti sempre più ricercati dalle big di tutta Europa. Il “miracolo” Atalanta nell’era Percassi ha portato i nerazzurri a passare dalla Serie B all’ex coppa campioni, un’impresa anche a livello economico, difficile tra pronosticare anche per i più incalliti esperti di scommesse calcio*. 

Il ritorno di Antonio Percassi alla guida dell’Atalanta è datato 4 giugno 2010, con i bergamaschi caduti in Serie B ma capaci di tornare subito nella massima serie. Da lì il modello nerazzurro si è evoluto, con un’attenzione sempre maggiore al settore giovanile (come nei primi anni duemila, nel periodo dei Pazzini e Montolivo) e conti via via in miglioramento. 

Basti pensare che il bilancio 2011 si era chiuso per i nerazzurri con ricavi per 37,9 milioni e soli 2,7 milioni di plusvalenze. Cifre che pian piano sono salite, fino al record dell’esercizio chiuso il 31 dicembre 2018 (ultimi dati disponibili), in cui l’Atalanta ha avuto ricavi per 155,7 milioni, con incassi da plusvalenze per 24,6 milioni. Nel 2019 i dati potranno salire ancora, considerando l’impatto dalla partecipazione alla Champions League, con entrate previste per un minimo di 27 milioni di euro tra market pool (diritti tv), bonus di partecipazione da 15,25 milioni di euro e gli incassi dal ranking storico. 

Il modello si è sviluppato soprattutto nella capacità di generare entrate consistenti dalle cessioni dei giocatori. Non sono mancati infatti nelle ultime stagioni i giocatori nerazzurri, anche provenienti dal settore giovanile, che sono stati ceduti ai top team: tra gli altri calciatori come Bastoni (venduto all’Inter con 30,6 milioni di plusvalenza), Kessie (Milan, 29,5 milioni di plusvalenza), Gagliardini (Inter, 27,9 milioni di plusvalenza), Conti (Milan, 22,8 milioni di plusvalenza), Caldara (Juventus, 18,8 milioni di plusvalenza) e Cristante (Roma, 15 milioni di plusvalenza). 

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Cessioni che hanno fatto salire l’impatto del cosiddetto player trading sui conti dell’Atalanta. La percentuale delle plusvalenze sul fatturato è stata pari al 15,5% nell’esercizio 2018 (24,2 milioni su 155,7 milioni di ricavi), in calo dal 31,6% del 2017 (46,6 milioni su 147,6 milioni di ricavi). 

Complessivamente, nell’era Percassi le plusvalenze hanno rappresentato il 24,4% delle fonti di entrate dell’Atalanta: in particolare, i nerazzurri hanno incassato 169 milioni di euro dalle cessioni dei giocatori su un fatturato totale di 703 milioni di euro, con una media di 18,7 milioni di plusvalenze annue su ricavi per 78,1 milioni. E non è finita, visto che nell’ultima sessione di mercato estiva sono stati ceduti anche talenti della “cantera” come Mancini (Roma, prestito a due milioni con obbligo di riscatto a 13 milioni) e D’Alessandro (prestito con obbligo di riscatto alla Spal)

Un andamento che è stato in crescita anche per quanto riguarda gli utili. Dal 2010 al 2015, infatti, l’Atalanta ha accomulato perdite per 17,6 milioni di euro, con due soli esercizi sostanzialmente in pareggio (+103mila euro nel 2010 e +10mila euro nel 2013). Dal 2016, nel giro di tre stagioni, la società bergamasca ha messo in fila 50,8 milioni di euro in utili, per un totale nell’era Percassi di 33,2 milioni di euro di utili. 

Tutto senza dimenticare comunque di reinvestire, per portare a Bergamo talenti di tutto rispetto. Tra gli altri soprattutto Duvan Zapata che, dopo un peregrinare tra Napoli, Udinese e Sampdoria, è sbocciato definitivamente in nerazzurro: nella passata stagione il centravanti colombiano è stato fondamentale per l’eroica annata degli uomini di Gasperini, chiudendo il campionato con 23 reti segnate, alle spalle del solo Quagliarella ma davanti ad attaccanti come Piatek e Cristiano Ronaldo. E nuovi rinforzi sono arrivati anche quest’anno: su tutti giocatori di esperienza come Kjaer (ex Palermo e Siviglia) ma anche Luis Muriel, che con Zapata può formare un attacco tutto colombiano di forza fisica e classe. 

Non solo talenti in campo, come anche capitan Papu Gomez, ma anche in panchina. Lo stesso Gasperini è infatti uno dei segreti della scalata verso l’alto dell’Atalanta. Già protagonista con il Genoa di Milito e Thiago Motta, Gasperini in nerazzurro ha trovato la sua perfetta dimensione: il 343 che diventa 3421 ma che vede tutta la squadra muoversi in avanti verso la porta piuttosto che indietro ha messo a ferro e fuoco la Serie A nelle ultime stagioni. 

Ora l’esperienza più complicata, quella della Champions League. Dove l’Atalanta arriva da totale outsider, nonostante solo un paio di stagioni fa aveva fatto tremare il Borussia Dortmund in Europa League. La pesantissima sconfitta all’esordio contro la Dinamo Zagabria ha complicato e non poco la strada verso gli ottavi, che al momento del sorteggio sembrava un obiettivo complesso ma non impossibile. 

Ora servirà una vera e propria impresa, a partire dalla sfida contro il Manchester City. Un aiuto, spera la società nerazzurra, potrebbe arrivare dalla spinta di San Siro: un Meazza in versione ridotta (ma non troppo) dove l’Atalanta giocherà le gare europee in casa, visti i lavori all’Atleti Azzurri d’Italia, lo stadio casalingo. Uno dei prossimi segreti della società di Percassi, che dopo uno sviluppo importante nei giocatori ora guarda con interesse alla infrastrutture: il nuovo impianto sarà un gioiello da 35 milioni di euro, con la conclusione dei lavori (iniziati la scorsa estate) prevista per il 2021. L’uomo dietro la galassia Kiko e non solo, che ha portato Starbucks in Italia e che nel 2017 ha visto la sua holding Odissea chiudere il bilancio con 805 milioni di fatturato, ora punta a mantenere l’Atalanta stabilmente al top in Italia e in Europa. 

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