Sembrava a tutti i costi dover essere Kylian Mappé, ma alla fine al Real Madrid nelle ultime ore del calciomercato estivo è arrivato Eduardo Camavinga. Giocatore francese, giovane e di prospettiva, ma ruolo diverso rispetto all’attaccante del PSG, esperienza internazionale diversa, cifre diverse (“soltanto” 30 milioni di euro per convincere il Rennes) e soprattutto una storia personale unica nel suo genere. Le tappe e le sfide vinte da Camavinga nel corso della sua breve, ma intensa, esperienza di vita sono già diventate materiale utile per gli sceneggiatori più attenti, considerando quanta strada ha compiuto il talento nato in un campo profughi in Africa, scappato dalla guerra, arrivato in Francia (perdendo tutto un’altra volta) e trovando nel calcio l’opportunità di riscatto, di crescita e soprattutto di avere una prospettiva. Una cavalcata coronata con l’arrivo al Real Madrid: punto di partenza per la sua carriera internazionale, ma al tempo stesso chiusura ideale di un cerchio aperto due decenni fa durante la più sanguinosa guerra d’Africa degli ultimi 50 anni.

La guerra in Congo, il campo profughi in Angola e il viaggio in Bretagna

Terzo di sei figli, Eduardo è nato nel 2002 a Miconje - in Angola, località in cui era situato il campo rifugiati che ospitava migliaia di persone tra cui anche i suoi genitori, scappati dalla guerra in Congo. Erano gli anni del più grande conflitto della storia recente dell’Africa - di cui continuiamo a sapere sempre troppo poco - che, si è calcolato in maniera orientativa, ha fatto più di 5.5 milioni di vittime. Uno scontro etnico tra Hutu e Tutsi che ha coinvolto una decina di nazioni del continente: il risultato per la famiglia Camavinga è la fuga prima in Angola e poi, nel 2004, l’opportunità di lasciare il campo profughi e a trasferirsi in Europa, arrivando a Fougères - cittadina di 20.000 abitanti in Bretagna, non troppo lontano da Rennes, dove Eduardo è stato scovato nel giro di qualche stagione dagli osservatori del posto. Nel destino di Camavinga infatti arriva da subito il pallone, spazzando via i dubbi di chi voleva inizialmente costruire per lui un destino da judoka - spinto lungo quella strada soprattutto da sua madre. Dopo aver trascorso mesi in casa sempre con un pallone tra i piedi, di dubbi ne era rimasti davvero poco; così come di suppellettili ancora integri, spesso e volentieri urtati dalle conclusioni improvvisate di un bambino con il calcio nel destino.

La casa in fiamme e le speranze della famiglia risposte su di lui

Sarebbe troppo facile però disegnare una parabola di successo lineare, da predestinato, per un bambino che ha dovuto cambiare continente, accettare le sfide più assurde che la vita potesse riservargli, ma scovando poi in Francia la strada che lo ha condotto al successo. No, lungo il percorso verso il riscatto sociale, il destino gli ha messo di nuovo i bastoni tra le ruote quando nel 2013 il Rennes aveva già da tempo messo gli occhi su di lui. A 11 anni, Camavinga rischiò di nuovo di ritrovarsi senza nulla, perché la sua casa era andata a fuoco durante dei lavori di ristrutturazione, devastando tutto ciò che si trovava al suo interno. Queste le sue parole, rilasciate in un’intervista dello scorso anno: "Eravamo in quella casa che avevano costruito i miei genitori da meno di un anno. Ricordo le fiamme come se fosse ieri. Ero a scuola e vidi i pompieri fuori dalla finestra. Alla fine della lezione, l’insegnante venne da me e mia sorella già piccola e ci spiegò cos’era successo. Mio padre venne a prenderci. Tutto era andato a fuoco, tutto era stato distrutto. Il giorno dopo dovevo andare ad allenarmi e il calcio mi ha aiutato a rilassarmi. Era un modo per evadere. Mio padre mi disse di non preoccuparmi, che sarei diventato un grande calciatore e avrei ricostruito quella casa. Ero la speranza di famiglia. Improvvisamente, trovai la motivazione. I miei genitori erano già felici, ma sapevo che avrei potuto renderli ancora più felici”.

La partita contro il PSG, la nazionale e ora il Real Madrid

Speranze ben riposte, visto quanto accaduto da quel momento in poi: il passaggio in prima squadra al Rennes arriva infatti con grande precocità, mentre tutti gli allenatori che incontra lungo il suo percorso aggiungono tasselli al suo modo di interpretare il ruolo di centrocampista. La partita che gli regala la definitiva ribalta arriva nell’agosto 2019, dominante in campionato contro il PSG battuto per 2-1 e premiato come miglior giocatore del match. A soli 16 anni, contro una corazzata piena di fenomeni. Ritmo, fisico, visione di gioco, intraprendenza, coraggio: troppe le doti per non essere convocato anche in Nazionale e segnare a soli 17 anni e 10 mesi con la Francia (mai nessuno c’era riuscito così presto, nonostante non sia di certo la specialità della casa). Da quel momento in poi, nell’ultima stagione, è stata solo questione di tempo - e di soldi: l’asta internazionale scattata attorno al suo nome - con il PSG in testa - alla fine l’ha vinta il Real Madrid di Carlo Ancelotti, dove al momento ha giocato cinque partite in campionato (regalandosi un gol contro il Celta Vigo) e trovando in Champions League da subentrato l’assist decisivo nella sfida vinta dai Blancos a San Siro contro l’Inter. Un lampo, una zampata delle sue: il marchio di fabbrica di un ragazzo di talento che grazie al calcio è riuscito a lasciarsi la guerra alle spalle.

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