FA Cup History | Le origini del mito

Ripercorriamo la nascita del mito del Giant Killing, partendo da un Hereford - Newcastle del 1972.
Quante volte, in passato, ci è capitato di assistere a partite tra squadre apparentemente incomparabili, divise magari da intere categorie di appartenenza, produrre poi risultati totalmente inaspettati e privi di senso? Quante volte ci è capitato di vedere “Davide battere Golia” affondando tutte le scommesse calcio*?
Per nostra fortuna nel calcio esiste una competizione che, oltre ad essere il torneo a eliminazione diretta più antico del mondo, ha sempre fatto del “Giant Killing” uno dei suoi tratti caratteristici. La cosiddetta “uccisione del gigante”, che in gergo calcistico è traducibile in “squadra di bassa categoria che batte quella di due o tre categorie più alta”, ha sempre rappresentato uno dei motivi per i quali tutto il mondo guarda a questa coppa con interesse particolare. Nella FA Cup, infatti, non esistono teste di serie, non esistono partite impossibili, non esistono veri e propri favoriti: tanti club dilettantistici sperano di progredire di turno in turno con la speranza, un giorno, di affrontare un top club, magari in casa, magari di fronte a uno stadio stracolmo di gente, con tifosi arrampicati sui tetti delle case o sugli alberi che circondano l’impianto e le telecamere che indugiano sui particolari tipici del calcio di provincia, fatto di spogliatoi fatiscenti, portieri che all’occorrenza fanno anche i giardinieri o stadi privi di seggiolini con ancora installate le vecchie terraces. Sono questi i veri ideali della Coppa d’Inghilterra.
Nella FA Cup è possibile tutto e il contrario di tutto. Si possono pronosticare risultati impossibili proprio perché giocatori, società e tifosi approcciano l’evento in maniera completamente diversa rispetto al campionato o ad altre competizioni nazionali. A tutti, ma proprio tutti, è permesso di sognare, perché battere il club professionistico per molti sarà pure impossibile, ma l’adrenalina e l’emozioni che trasmettono quei 90 minuti offrono sensazioni impareggiabili che nessuno, ma proprio nessuno riuscirà a dare loro in altre occasioni.
Gli esempi sono molteplici, per questo cominciare ad elencarli sarebbe inutile. Rischieremo comunque di dimenticarcene qualcuno. Tra i più recenti ricordiamo il Sutton (sesta lega) che elimina il Leeds United (Championship), o il Bradford City (League One) che rimonta l’iniziale svantaggio di 2-0 e vince 2-4 a Stamford Bridge contro il Chelsea (Premier League). Oppure il Lincoln City (League Two) che batte 0-1 il Burnley a Turf Moor e si regala la trasferta di Londra contro l’Arsenal. La storia della FA Cup è ricchissima di aneddoti, spunti e storie che ricordano quanto basti davvero poco per permettere a decine di migliaia di giocatori, allenatori e tifosi, di sognare l’impossibile. E questo solo ed esclusivamente perché in FA Cup di impossibile non c’è davvero nulla.
Ed è proprio di uno di quei risultati improbabili che vogliamo parlarvi, riportando all’attenzione quello che viene considerato da molti il più grande giant-killing della storia. Per farlo, dobbiamo tornare indietro al 1972, quando all’Edgar Street di Hereford accadeva qualcosa di fantascientifico. I padroni di casa dell’Hereford United (che in quegli anni militava in 5^ divisione) avevano già compiuto un mezzo miracolo qualche giorno prima, inchiodando il Newcastle per 2-2 a St. James’ Park, ma non erano ancora sazi e soddisfatti.
L’occasione però, arrivò il 5 febbraio, giorno del tanto atteso replay. Allo stadio si presentarono poco più di 14 mila persone, che da quelle parti non si erano nemmeno mai visti. Ad alimentare le polemiche nei giorni precedenti alla sfida era stato Malcolm McDonald, attaccante del Newcastle, che si era fatto fotografare appositamente mentre mostrava le 10 dita delle mani, facendo chiaro riferimento al numero di gol che era sicuro i suoi compagni avrebbero segnato nell’arco dei 90 minuti.
Tifosi e giocatori dell’Hereford incassarono il colpo ma non mollarono la presa, né tantomeno si fecero intimorire. Sfortunatamente per loro, fu proprio McDonald a sbloccare il replay al minuto 82, segnando di testa il gol che in molti credevano rappresentasse la fine delle speranze per i 14 mila e 400 tifosi presenti.
Il gol del vantaggio del Newcastle
Il calcio, però, sa essere beffardo. Appena 4 giri d’orologio più tardi, al minuto 86, dopo uno scambio al limite dell’area del Newcastle, l’Hereford trova l’insperato pareggio grazie al “tiro della disperazione” di Ronnie Radford, che da circa 25 metri sorprende il portiere dei Magpies. Edgar Street non sta più nelle vene. I tifosi si riversano in campo, abbracciano i propri idoli ed esultano insieme all’autore del gol del pareggio.
Il pareggio dell'Hereford
Ci vogliono dai 4 ai 5 minuti all’arbitro per ristabilire l’ordine e far riprendere il gioco. Al 90° il risultato è ancora di 1-1 e davanti all’incredulità generale, il direttore di gara fischia la fine: si va ai tempi supplementari.
Nonostante la costante pressione del Newcastle, l’Hereford regge bene, respinge le folate offensive avversarie e prova a rendersi pericoloso in contropiede, sebbene il campo fangoso non aiuti più di tanto i giocatori. Il tempo passa, i secondi scorrono inesorabili ma la partita è ancora aperta. Apertissima.
Al minuto 103’, improvvisamente, succede qualcosa di totalmente inaspettato: Ricky George riceve palla da un compagno al limite dell’area, controlla a fatica il pallone, se lo allunga verso la linea di fondo e calcia ad occhi chiusi verso la porta. Il pallone viaggia a rasoterra, superando la difesa del Newcastle e insaccandosi alle spalle del portiere. È il delirio. Edgar Street implode, i tifosi invadono nuovamente il campo e festeggiano come mai avevano fatto prima nella loro vita. La partita è finita. L’Hereford è ai quarti di FA Cup e lo ha fatto dopo aver battuto una squadra di Prima Divisione. Cosa chiedere ancora al dio del calcio?
Ricky George sigla il gol del secolo
Dunque, qualora vi capitasse di camminare per le vie più remote della periferia di Londra e vi doveste imbattere in un campo di calcio semi abbandonato, non passate oltre come se nulla fosse: potrebbe essere il terreno sul quale si sono dati i primi calci a un pallone e dove giocatori ai più sconosciuti hanno scritto le prime pagine della storia dello sport più bello e seguito del mondo.
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