Ci si difende con la palla, la miglior difesa è l’attacco ma quando la palla ce l’hanno gli altri, servono difensori spaziali. Che, oltre a impostare con piedi da centrocampisti, sappiano cioè coprire lo spazio con velocità e saggezza. È il principio di Tempi Moderni applicato al calcio: pochi specialisti riescono ad adattarsi all’avanzamento tattico, gli altri non finiscono in prigione come Charlie Chaplin ma contribuiscono ad aumentare il potere contrattuale dei big (De Ligt) o presunti tali (Maguire).

1. 85 milioni (lauta commissione al procuratore Raiola compresa) e il secondo ingaggio della rosa dopo Cristiano Ronaldo sono un peso mastodontico sulle spalle di un quasi 20enne che racchiude in una sola figura il sogno olandese dell’estetica applicata all’efficacia. Matthijs De Ligt è l’evoluzione della specie, da Ruud Krool a Ronald Koeman, che ora lo allena in nazionale e di lui ha detto: “È più bravo di me a difendere ma segna meno…”. La sua personalità, testimoniata dalla fascia di capitano in un Ajax non privo di giocatori più esperti come Daley Blind, è spaventosa. Ha già raggiunto livelli internazionali e con Van Dijk nell’Olanda forma la coppia di centrali più forte d’Europa. Pur avendo ancora grandi margini di miglioramento: nell’uno contro uno in spazi ampi (incertezze in Nations League in Germania) e quando lo scontro fisico si inasprisce (ko tecnico contro Llorente nei secondi decisivi della semifinale di Amsterdam).

2. L’investimento della Juventus è ponderato e i rischi sembrano decisamente inferiori ai vantaggi che porterà: ringiovanimento del reparto meno fresco, ulteriore competizione interna, europeizzazione della rosa con un profilo totalmente internazionale. Il confronto con altri pari ruolo che hanno scosso il mercato negli ultimi anni è illuminante. I prezzi sono cresciuti costantemente ma non tutti hanno ripagato l’investimento. Molte perplessità sta destando proprio la trattativa che potrebbe portare Harry Maguire dal Leicester al Manchester United per 89 milioni di euro. Una cifra mostruosa per un difensore che ho visto personalmente all’opera ai Mondiali in Russia: possiede grande forza fisica ed esuberanza nel gioco aereo ma una tecnica non raffinata e non ha la velocità necessaria per difendere costantemente in parità numerica in spazi brevi né ampi. 

3. Nell’era della duttilità, infatti, servono capacità difensive individuali e di reparto ma pure grande tecnica, pura e applicata al ruolo. In quest’ultimo aspetto eccelle Benjamin Mendy, gran crossatore che il City nell’estate 2017 pagò 57,5 milioni di euro al Monaco, che lo aveva asfaltato negli ottavi della Champions precedente in cui Guardiola si era inventato Fernandinho terzino sinistro. Gli infortuni hanno limitato notevolmente l’efficacia dell’operazione: appena 17 presenze in due campionati, con una media di 1 assist ogni 3 partite che ribadisce però le qualità assolute del terzino francese. Non ha subito costì tanti e seri infortuni John Stones, ma anche i 55,6 milioni spesi per lui dai Citizens tre anni fa sono risultati eccessivi rispetto a quello che ha dimostrato in campo. Proprio quella doppia sfida contro Falcao e Mbappé contribuì a prosciugare l’autostima di un difensore molto europeo e fin troppo poco inglese. “Guardiola lo renderà uno dei più forti del mondo come fece con Piqué”, sentenziò Titì Henry al momento del suo passaggio dall’Everton al City. Non è andata proprio così finora, nonostante lui abbia cercato di mettere in pratica i consigli di Pep: “Non solo passaggi puliti, qualche volta il pallone va anche calciato in fila Z”, che equivale più o meno al terzo anello di San Siro.

4. Sempre all’Etihad, dopo Mendy, Stones e pure Walker, è sbarcato un altro dei difensori più pagati del mondo: Aymeric Laporte, 65 milioni dall’Athletic Bilbao un’estate fa, zero presenze nella nazionale francese a 25 anni. La sua stagione è stata segnata inesorabilmente dagli errori fatali contro il Tottenham in Champions. Macchie su una tela fin lì esemplare, in cui il City ha subito 4 gol in meno della Premier precedente (23 contro 27) e in cui lui è stato il secondo (!) giocatore del campionato per passaggi completati dopo Jorginho. Perché impostare in maniera pulita significa diminuire i secondi in cui l’avversario ha il pallone, coprire il campo in modo più omogeneo e avere più tempo per prepararsi alle coperture preventive e disinnescare le ripartenze avversarie. Difendersi con la palla, insomma. Palla noi giochiamo noi, palla loro giocano loro…

5. Sul terzo gradino del podio dei passaggi completati nella Premier 2018/19 si è piazzato Virgil Van Dijk, l’uomo della Provvidenza per Klopp. Le sue mostruose capacità di recupero hanno permesso al Liverpool di aumentare la potenza di fuoco offensiva, liberando i terzini Alexander-Arnold e Robertson: altra vita rispetto a Lovren, che pure fu tra i protagonisti della cavalcata mondiale della Croazia. Gli 85 milioni di euro spesi dai Reds superano di poco gli 80 che il Bayern ha sborsato per saldare all’Atletico Madrid la clausola del campione del mondo Lucas Hernandez, meno poderoso ma più stabile e affidabile del fratello Theo, neomilanista. Grazie a lui e Pavard, ai Mondiali di Russia Deschamps ha ribaltato il teorema di Klopp: due terzini ex centrali, più bloccati e abili difensivamente, per concedere massima libertà offensiva ai centrocampisti (Pogba su tutti) e agli attaccanti. Il Bayern lo ha acquistato per sostituire Hummels e migliorare il rendimento difensivo generale. Dovrebbe partire al centro, con Alaba (che Guardiola impostò in mezzo alla difesa) alla sua sinistra. È il calcio ultramoderno, bellezza: dietro bisogna stare ancora attenti, ma indietro non si torna più…