Football Mix | Il Punto di Max dell'8 Luglio
08 lug
Calcio
Massimo Callegari
Le pagelle della Copa America firmate da Massimo Callegari.

Ha vinto il Brasile, viva il Brasile. Il Maracanã ha celebrato il ritorno al successo della Seleçao dopo sei grandi tornei in cui aveva raggiunto appena una semifinale. Tite (7) si è confermato un c.t. poliedrico: ha vinto affrontando una sola vera big, l’Argentina in semifinale, ma lasciando la sua impronta. Ha cambiato gli esterni a torneo in corso, ha dato fiducia a Everton (7,5) e ha chiuso la finale con Dani Alves falso nove (in tutti i sensi). Tutto l’opposto dei minuti conclusivi contro il Paraguay, con 2 esterni offensivi, 2 trequartisti e 2 punte centrali. Ecco i voti ai protagonisti di un torneo sempre affascinante, segnato da terreni di gioco indecenti e arbitraggi pessimi.

  1. Il più atteso: Messi 6,5. Per la quinta volta in carriera non è riuscito a conquistare il trono sudamericano. Nel 2007 era un pibe ancora non de oro e la leggenda narra che quando si avvicinò per partecipare a un summit coi leader dello spogliatoio, Riquelme lo accompagnò alla porta. “Sei ancora troppo giovane per sederti a questo tavolo”. Nelle 4 edizioni successive il lider maximo è stato lui: ne ha perse 3 ai rigori (ai quarti nel 2011 e nelle due finali contro il Cile, 2015 e 2016) prima della semifinale col Brasile padrone di casa, salvato da due pali e dal VAR rimasto al buio su un episodio chiave. La sua esplosione contro la Conmebol complice dei padroni di casa (grande classico nella storia della Copa) ha ricordato quelle di Maradona contro la FIFA. Gliel’hanno fatta pagare con un’espulsione ridicola nella finale per il terzo posto, dopo gli atti di (pit)bullismo di Medel.
  1. Gli italiani. Lautaro Martinez 7. Al primo grande torneo con la Selección, non ha vinto ma ha stra-convinto. Dopo anni di esperimenti e giochi ad incastro, l’Argentina ha giocato con Messi e due punte. Merito suo e della cultura tattica acquisita con Guardiola da Agüero (7, bel gol al Qatar, quasi-gol in semifinale, uno segnato e uno fallito contro il Cile). Lautaro ha giocato con tecnica e ferocia, ha aggredito spazi-pallone-avversari, ha segnato 2 gol e lanciato segnali a Conte: può giocare anche con un’altra punta. Spalletti, che certamente ha contribuito alla maturazione del Toro, ci ha pensato ma ci ha provato poco e non solo per responsabilità sue, perché Icardi non ha lo stesso dinamismo e la stessa abilità tattica del Kun. Torneo da comprimario per Dybala (6): 27’ prima della finalina marchiata dal primo gol in competizioni ufficiali con la nazionale, con la gentile collaborazione del portiere avversario Arias, intrappolato sulla linea come se fosse tra le sabbie mobili. Sviluppo diverso per l’avventura da titolare di Pezzella (5: quando il livello si è alzato contro Colombia e Brasile non ha retto) e De Paul (6,5): è partito in panchina e si è conquistato il posto da interno di centrocampo mostrando duttilità tattica, corsa e determinazione. Duvan Zapata (7) ha chiuso una stagione memorabile con due gol da bomber vero ad Argentina e Qatar ma non gli è bastato per essere titolare nell’attacco colombiano, di non semplice conformazione con tanti fantasisti e un altro centravanti ingombrante come Falcao. Cuadrado (6,5) con Allegri aveva giocato anche terzino, col c.t. Queiroz si è disimpegnato bene da interno di centrocampo ed è stato tra i migliori al debutto contro l’Argentina. Ottima intuizione, da cui anche Sarri potrebbe trarre spunti preziosi. Pulgar (6,5) col Bologna calciava tutte le punizioni e i corner, col Cile è stato tra i migliori saltatori di testa (anche un gol al Giappone). Mezzo voto in meno, forse anche uno, per non aver saputo evitare il crollo in semifinale. Bentancur (7) è stato il migliore nel maledetto quarto di finale dell’Uruguay contro il Perù (3 reti cancellate dal VAR e altre evitate dal portiere avversario Gallese) e ha trasmesso la sensazione di essere sempre più vicino al salto di qualità definitivo. Ospina (7) ha vissuto settimane durissime sul piano personale, con il viaggio per assistere il padre malato e il ritorno in fretta e furia per il quarto contro il Cile, in cui il VAR lo ha salvato dopo un’uscita improvvida. Unica incertezza di un torneo di alto livello, culminato con il riscatto del cartellino da parte del Napoli.

  2. Gli uomini mercato. Come al Mondiale 2014, illuminato da gol e assist alla Spagna, l’aria brasiliana ha fatto benissimo al centrocampista cileno Charles Aranguiz (7). Con 3 assist ha trascinato il Cile in semifinale, dove ha fallito per centimetri il gol dell’1-0 dopo pochi minuti. Tecnico, solido fisicamente e con senso tattico, ha il contratto in scadenza nel 2020 col Bayer Leverkusen. 30 anni, nel pieno della maturità e con esperienza in Bundes, è un’ottima opportunità per club di fascia medio-alta. James Rodriguez (7,5) è partito alla grande con l’assist parabolico per il gol di Martinez all’Argentina. E si è ripetuto con un esterno sinistro superbo per Zapata contro il Qatar. Per i suoi colpi di classe merita uno dei voti più alti del torneo, nonostante un quarto di finale meno incisivo.