Per aprire la terza puntata delle presentazioni dei miglior under 21 del pianeta, stavolta riservata al Resto del Mondo, dopo aver segnalato i top di Europa e Sudamerica, riprenderemo il classico adagio di Lele Adani: “Il calcio è di tutti”; non è di conseguenza difficile immaginare che i confini del futbol abbiano continuano la propria manovra di consolidamento spingendosi, con progettualità e interessanti fonti di studio, verso lande un tempo lontane o oggi a un passo dai riflettori.

Non è un caso che a Ovest, sotto la spinta della MLS, la crescita degli Stati Uniti abbia liberato i freni (occhio ai progressi di Haiti, rappresentata in Europa dall’eclettismo e dalla tecnica di Jean-Ricner Bellegarde, 1998- Strasburgo), così come dall’altra parte del globo Corea del Sud e Giappone tengano oliate le proprie macchine da esportazione (ultime cessioni di rilievo, i nipponici Keito Nakamura, 2000- Twente, e Ryotaro Meshino, 1998- Manchester City).

Diverso, invece, il percorso dell’Africa, che continua a seminare a spaglio. La vastità del Continente e il proliferare delle soccer academy (il caso di studio principale è quello nigeriano, la più popolosa nazione d’Africa produce un numero incredibile di giocatori che non riescono ad avere un reale sbocco nel professionismo) non consentono di avere un quadro d’insieme chiaro e una condivisione d’intenti, in un territorio comunque compatto nel migliorare le strutture e florido, in cui nobili come Egitto, Nigeria e Ghana abbiamo smarrito la via del successo con le Nazionali giovanili, mentre sono cresciute altre realtà, almeno in termini di continua produzione di giocatori, come il Mali.

Per quel che riguarda soprattutto l’Africa ma non solo, è sempre più vasto il fenomeno delle seconde e terze generazioni. Molti ragazzi figli di emigrati nascono e/o crescono in Europa, in alcuni casi optano per la nazione che ha ospitato la loro formazione mentre in altri scelgono di vestire i colori dei Paesi di provenienza dei genitori.

Non inseriremo tra i nostri top 15 ragazzi su cui non è ancora ufficiale la scelta tra una nazione europea e una africana, anche se, come nel caso di una delle rivelazioni di questa primissima parte di stagione, abbiamo pochi dubbi: Eduardo Camavinga 2002- Rennes è nato in Angola e all’età di due anni si è trasferito in Francia, a breve dovrebbe ricevere la cittadinanza della Republique e siamo certi sarà convocato con les Bleus. Un esempio paradigmatico.

Iniziamo ora con la lista dei 15 migliori talenti con cittadinanza extra Europa e Sudamerica che non hanno mai giocato un minuto di Champions League. Solita preziosa collaborazione di Aniello Luciano di OrizzonteFut.

Hichem Boudaoui (Paradou. Algeria, 1999)

Primi passi all’accademia di Jean-Marc Gillou e nell’annata scorsa pilastro del sorprendente Paradou (stesso percorso di formazione di Bensebaini ed Atal), ha preso parte alla vittoriosa campagna dell’Algeria nella recente Coppa d’Africa, il più giovane fra Le Volpi del CT Belmadi. Centrocampista che abbina resistenza e qualità nel recupero palla a una lodevole tecnica di passaggio, timing d’inserimento e importanti doti decisionali. Chi lo porta in Europa fa bingo.

Samuel Chukwueze (Villarreal. Nigeria, 1999)

Si è innamorato del futbol guardando Okocha in tv e, pur avendo rubato qualche numero al funambolo di Enugu, ha già dimostrato di possedere le fiches giuste da giocarsi sul tavolo verde dedicato agli esterni offensivi di sicuro avvenire: sinistro abilitato al dribbling, cambi di ritmo improvvisi, forza muscolare, finalizzazione. Se incanala l’istinto, migliorando la qualità delle scelte a ridosso dell’area, può essere la stagione della consacrazione.

Jonathan David (Gent. Canada, 2000)

Ha incantato alla Gold Cup, chiusa in cima alla classifica cannonieri, ed è pronto a ripetersi in Belgio: ora da seconda punta, ora nelle zone battute dal rifinitore, lì dove può dialogare (buon feeling con Yaremchuk, centravanti conteso anche da club italiani), occupare rapidamente gli spazi, aprirsi o colpire in proprio. Esuberanza atletica da gestire, freddezza sotto porta da studiare

Ousmane Diakité (SCR Altach. Mali, 2000)

La Red Bull di Salisburgo, proprietaria del cartellino del ragazzo, ha scelto di fargli iniziare la stagione in prestito in una piccola squadra della Bundesliga austriaca. Ha già dimostrato di essere di un’altra categoria e potrebbe anche tornare alla casa base a metà stagione a insidiare il posto al compagno di squadra nel Mali under 20, Mohamed Camara, Mali, 2000, ritenuto più pronto. Centrocampista dalla fisicità debordante il maliano ha pure anche buonissime doti tecniche, tempo di inserimento e conduzione palla che fanno intravedere un futuro davvero di altissimo livello.

Ritsu Dōan (AZ Alkmaar. Giappone, 1998)

Un personaggio da shōnen mono, in bilico fra avvedutezza e fantasia. Una su tutte: raccogliere l’eredità di Lozano al PSV. Progetto ambizioso ma adatto alla tenacia e all’interpretazione del ruolo di esterno da parte dell’ex allievo del Gamba Osaka, cresciuto notevolmente con l’approdo in Eredivisie. Il baricentro basso e la reattività muscolare gli permettono di difendere palla nello stretto, di strappare con facilità, in dribbling stretto e non, aprendosi la visuale sulla trequarti per assecondare il taglio o la sovrapposizione. Sogno realizzato o meno, merita attenzione.

Lee Kang-in (Valencia. Corea del Sud, 2001)

Miglior giocatore all’ultimo Mondiale under 20 dove la sua Corea si è arresa solo in finale, è calcisticamente tutto europeo di formazione. Venuto su a Valencia ha voluto rimanerci nonostante alcune offerte inglesi e ora è già impiegato da Marcelino in prima squadra. Qualità tecniche superiori, ha grandi doti nell’uno contro uno, riconosce l’ultimo dribbling e sa vedere e servire a tempo il compagno smarcato. Naturalmente idolo a Mestalla, che immagina un grande avvenire per il loro ragazzo asiatico: non sono sognatori.

Sekou Koita (Red Bull Salisburgo. Mali, 1999)

Uno dei giocatori che maggiormente ha impressionato nell’ultimo Mondiale under 20. Poco sopra il metro e settanta ma con un fisico compatto che certamente i suoi pari età non sanno spostare, e quando si abituerà a utilizzarlo anche coi grandi sortirà i medesimi effetti: sa coprire bene la palla e ha una forza nella parte bassa del corpo e nei dorsali che gli permette di esplodere conclusioni o assist anche se non è in perfetto equilibrio. Aggiungere: qualità, parecchia, nel sinistro e parecchie, pure troppe (qui c’è da lavorare per limitarle), fioriture. Si gioca il posto, davanti con un altro talento africano, Patson Daka, Zambia, 1998, altro prospetto molto interessante.

Takefusa Kubo (Maiorca. Giappone, 2001)

Attende con ansia l’esordio ne La Liga ma ha già vestito le maglie di Barcellona (a La Masia dal 2011 al 2015) e Real Madrid, che ne segue da vicino i progressi. Merito di doti tecniche di primo livello, utilizzate nell’ultimo terzo di campo, sempre pronto per liberarsi della pressione avversaria, sfruttando dinamismo e controllo in corsa per sopperire a qualche limite fisico ancora evidente. Pur essendo essenzialmente un trequartista che dà il meglio di sé palla al piede, sa occupare l’area per vie esterne, liberarsi fra le linee e proporsi come opzione di passaggio, corto o in profondità.

Diego Lainez (Betis Siviglia. Messico, 2000)

Arrivato nella sessione invernale al Betis, la grande promessa del calcio messicano è stata immediatamente incisiva nonostante l’età, riuscendo a ritagliarsi minuti e a registrarsi nei tabellini con gol e assist. Dopo un brutto Mondiale giovanile è tornato un po’ con le pile scariche e potrebbe venire ceduto in prestito. Sulle qualità, nessuno nutre dubbi ma quelle capacità di agire sulla trequarti con leggerezza e incisività, spostando all’ultimo la palla o calciando all’improvviso. Ci vorrà pazienza e le capacità di reagire alle difficoltà, formandosi a livello di carattere, che non manca. Il tempo c’è.

Giovanni Reyna (Borussia Dortmund. U.S.A., 2002)

Un fisico e una brillantezza di pensiero che tradiscono la carta d’identità. Miglior giocatore dell’ultimo campionato nordamericano U17 e simbolo della crescita del movimento calcistico statunitense, Gio è un centrocampista maturo e sicuro dei propri mezzi, facilità di calcio in primis. Sulla trequarti chiama palla, detta l’inserimento allargandosi, colpisce, mostrando letture e gestione dei tempi di gioco da veterano. Papà Claudio, mente superiore di calcio e capitano degli U.S.A. nella Coppa del Mondo 2002, non può che esserne fiero.

Ismaila Sarr (Watford. Senegal, 1998)

Una gazzella sulla fascia destra, Ismaila è riuscito a incidere finalmente nelle gare dopo la fiducia di un bel mondiale giocato col suo Senegal e finito anzitempo solo per un regolamento assurdo. Le prestazioni restano, con la maglia dei Leoni della Teranga e con quella del Rennes, nella stagione appena conclusa, dove è anche cresciuto tatticamente, prestandosi anche in differenti ruoli, persino da prima punta in una squadra di tante ripartenze, il calcio che predilige ma non l’unico praticato. Infatti, quando gioca sulla sua amata fascia destra, può comodamente giocare produttivi uno contro uno partendo anche da fermo. In Premier per la definitiva consacrazione.

Sarpreet Singh (Bayern. Nuova Zelanda, 1999)

Nuova Zelanda? Oh, yes. All’ultimo Mondiale under 20 ha impressionato tutti, comandando la miglior generazione degli All Whites almeno dai tempi di Wynton Rufer e Spagna ’82. Genitori provenienti dall’India, nel Subcontinente i grandi appassionati di football sperano in una sua affermazione che faccia da traino per rosicchiare un minimo di spazio alla nazione del cricket. Singh ha tutto per sfondare, intelligenza calcistica e voglia di sorprendere, fino ha giocato da trequartista, la sua evoluzione potrebbe pure essere più indietro nel campo: snobbato da tanti superficiali di casa nostra (“un neozelandese?”) è stato firmato dal Bayern e subito provato da Kovac in prestagione. Per ora deve accontentarsi della seconda squadra dei bavaresi insieme all’altro super talento Alphonso Davies (Bayern. Canada, 2000).

Hamed Junior Traoré (Sassuolo. Costa d’Avorio, 2000)

Ha già dominato tutto San Siro, negli ultimi venti minuti di Inter-Empoli: con la palla tra i piedi ha comandato le operazioni coinvolgendo i compagni, imbucando palle pericolose, conducendo fino alla trequarti. Non solo il più giovane in campo, ma quello che riconosceva prima e meglio di tutti tempi di gioco e spaziature: QI calcistico naturalmente elevato e gestito alla grande da Andreazzoli. A Sassuolo per confermare le straordinarie qualità messe in mostra a Milano e per aggiungere continuità. Personalità e qualità.

Takehiro Tomiyasu (Bologna. Giappone, 1998)

L’ultima tentazione di Sabatini. Centrale difensivo duttile (al Sint-Truiden impiegato in una linea difensiva a 4 e a 3, sia a destra che a sinistra), che lavora con il fisico, in marcatura e nell’anticipo, e può sfruttare una buona gamba per coprire la profondità. Fattore da non sottovalutare la gestione della palla, mai avventata, lineare e sicura (è ambidestro), sfruttabile nella costruzione bassa, anche per verticalizzare immediatamente il gioco.

Timothy Weah (Lille. U.S.A., 1999)

Figlio dell’immortale George, centravanti adorato da ogni appassionato e idolatrato da ogni milanista, Tim è nato a New York e cresciuto, sempre col pallone ai piedi a Brooklyn. Per diventare giocatore vero è venuto in Europa nell’ottimo settore giovanile del PSG, dove ha pure debuttato in prima squadra. Primo anno vero da professionista a correre sui campi scozzesi e la maglia prestigiosa del Celtic addosso, ora sale di livello e con il Lille giocherà anche la Champions. Più che discreto Mondiale under 20, sia da esterno d’attacco che in mezzo ma ora ai colpi deve aggiungere continuità: la partita dura 90’ e lui con quel fisico e quella tecnica deve incidere di più. Crescerà.

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