Il calcio è entrato a casa di Mauricio Pochettino molti anni fa, alle due di mattina di un giorno qualunque. Un genio visionario, Marcelo Bielsa, all’epoca assistente di un altro genio nella formazione di giocatori, Jorge Griffa, bussa alla porta dei Pochettino-Trossero: in città gli hanno detto che il miglior giocatore di Murphy, profonda provincia di Santa Fe, Argentina, è un ragazzo tifosissimo del Racing Club di Avellaneda, 13 anni, che però a quell’ora dorme. A Bielsa non servono però test particolari, è sufficiente farlo alzare dal letto per vedere le gambe del giovane. Improvvisa scocca la scintilla: noterà col tempo che oltre alle gambe c’è di più: testa e cuore.

Il Loco, questo il suo soprannome, è in giro per l’Argentina a scovare talenti per il suo Newell’s Old Boys. Mauricio Pochettino sarà uno di questi, uno dei più importanti, e comandando la difesa della squadra vincerà un paio di campionati, al principio degli anni Novanta, naturalmente guidato in panchina da Marcelo Bielsa, che in quel momento diventa idolo Leproso, tanto che a lui dedicheranno lo stadio del club rosarino. Idolo del suo club ma punto di riferimento di tantissimi tecnici, a cominciare da Guardiola, che passò, si racconta, 11 ore filare nell’abitazione di Máximo Paz, il Buen Retiro del Loco, a parlare di calcio (“è il migliore allenatore del mondo”, ha più volte ribadito Pep). Che poi col Loco significa soprattutto parlare di uomini e vita.

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Con Pochettino, suo prolungamento in campo ai tempi del Newell’s, poi anche nella nazionale Albiceleste: è parte attiva nella fase di qualificazione al Mondiale del 2002, in cui l’Argentina gioca un calcio celestiale, ed è titolare anche in Corea-Giappone, dove si verifica il più assoluto fallimento della nazionale sudamericana dai tempi di Svezia ’58.

Vittoria e, soprattutto, sconfitta: lo sport.

“Como todos, pierdo mucho más que lo que gano. Entonces esa identificación del ganador de turno con los valores es una trampa, una gran trampa”, una trappola, un grande tranello. Lo ha detto proprio l’uomo che molti anni fa viaggiò verso Murphy, Marcelo Bielsa.

L’insegnamento di don Marcelo (“è un mio secondo padre”, ha detto una volta Pochettino) parte quindi dai valori, prima che dai principi di gioco, anche se è ovvio che le squadre di Mauricio cerchino il protagonismo in campo, esattamente come quelle del Loco. La carriera calcistica di Bielsa si interrompe subito, quella di Pochettino, che peraltro gioca nel ruolo che fu di Marcelo, difensore centrale, si sviluppa in Europa, tra Francia (PSG e Bordeaux) e Spagna (Espanyol). Il vissuto, calcistico e culturale, naturalmente influenza il pensiero di Mauricio, e quindi condiziona il suo modo di allenare. L’unica cosa non negoziabile sono i valori e quando parla Pochettino il riferimento è sempre l’uomo.

“L’obbiettivo è vincere, d’accordo. Ma – ha detto in una recente e bellissima intervista a El Pais – il tema è anche il come vincere. Certo dobbiamo aiutare il club a sviluppare i suoi progetti e quindi a lasciare dentro ai nostri giocatori non solo il calcistico che tentiamo di insegnargli, come posizionarsi in campo o come interpretare questa o quella situazione, a migliorare tecnicamente e fisicamente. Dobbiamo lasciargli però anche una certa pace, che il mondo non gli dà. Non sono molti gli uomini che vivono in pace con se stessi. Il nostro approccio è prima di tutto umano e poi calcistico: le nostre riunioni di inizio anno, infatti, riguardano il lato umano e il lato sportivo, sono divise in due parti, con una attenzione particolare per il primo aspetto. Qui sta il successo. Il lavoro che facciamo ha una responsabilità enorme. Non riguarda quindi solo una impresa che deve ottenere risultati economici, che ovviamente devono essere bilanciati con quelli sportivi, ma non possiamo permetterci di lasciare da parte l’aspetto umano. Non usiamo i nostri calciatori come fossero un divano, una sedia, un computer: i giocatori sono persone, con i loro problemi e le loro emozioni.”

Umano, ma anche trascendente.

Sempre Pochettino, medesima intervista: “Quando parliamo di “energia universale”, in molti più o meno capiamo a cosa ci riferiamo, però non tutti sono aperti a riconoscerlo, questo concetto, non molti sono aperti a canalizzarlo nella direzione in cui desideri. Io lo sento fin da quando ero piccolo: è una cosa che c’è nella mia testa: sempre ho pensato di avere una energia forte dentro di me che mi permetteva di sognare cosa che poi avrei raggiunto. Programmare cose nella tua mente, affinché accadano è sempre stata per me uno strumento naturale da usare, per conquistare cose buone. Le persone si riconoscono, si uniscono attraverso situazioni che non sono sempre razionalizzabili.”

E’ lavoro di campo, lavoro di insieme (i suoi primi anni al Southampton sono stati complicati perché era necessaria una sintesi tra la sua idea di gioco e le abitudini degli inglesi), ed è lavoro sull’uomo.

Dopo alcuni anni di Tottenham, i giornali inglesi evidenziavano come degli ultimi 29 debuttanti nella nazionale inglese, ben 12 arrivavano da squadre gestite da Pochettino. Un lavoro sull’uomo, che migliora come persona e come giocatore e raggiunge i risultati che si era prefissato.

Ed ecco il tecnico che parla di sogni, e non solo perché già dai suoi tempi ai Saints, tramite alcuni collaboratori, monitorava esattamente le ore di sonno dei suoi (nelle camere del centro di allenamento degli Spurs ogni giocatore ha lo stesso identico materasso che ha anche a casa e le luci artificiali interne sono continuamente modulate a seconda delle luminosità che propone il tempo fuori). Prima della gara di ritorno della semifinale di Champions che è già entrata nella storia del club aveva detto: “Devi sognare la luna se vuoi raggiungere il cielo. I tuoi sogni devono appartenere all’infinito, e oltre. Quando sei ambizioso e vuoi raggiungere grandi traguardi, devi sempre puntare in altissimo, e oltre. Ho sognato di diventare calciatore, e per me era un sogno lontanissimo, e l’ho realizzato. Certo, è stata dura, ma ho sempre creduto in questa energia, nella forza mentale di quando sei determinato a realizzare i sogni. Poi è solo questione di tempo e di fatica.”

Mauricio Pochettino ha raggiunto la prima finale di Champions League della storia del Tottenham, dove è giunto nel 2015. Ha costruito. Tempo e fatica. Per un sogno, e oltre.

Quando il proprietario del club e tutti i suoi dirigenti parlano del tecnico argentino, prendono a illuminarsi gli occhi. Sapete tutti quanti titoli ha vinto dal 2015 Poch, sulla panchina degli Spurs? nessuno. Ma il suo sogno appartiene all’infinito. E adesso ci crede anche la sua gente, trasportata spiritualmente in quella dimensione. E’ il calcio, la magia del calcio: è la vita. E’ la storia degli uomini, veri, genuini e profondi, come Mauricio Pochettino da Murphy, provincia profonda di Santa Fe, Argentina. Lì la luna si vede sempre.