Serie A | Il Punto di Max del 7 Ottobre
Il punto di Massimo Callegari sulla settima giornata di campionato di Serie A.
La Juventus si sta sarrizzando, Sarri si è juventinizzato. La miscela perfetta tra la mentalità del club e l’estetica dell’allenatore si è sublimata in una grande prestazione, contro un’Inter fiera e orgogliosa ma alla fine inferiore. La differenza c’era, c’è ancora e si vede. Così come si percepiscono le incertezze della dirigenza del Milan sulla continuità di Giampaolo e si avvertono preoccupanti segnali di agitazione alla Roma.
- La prima Juventus di Conte fece sentire il suo primo vagito in casa contro il Milan campione in carica ed esplose a San Siro contro l’Inter, abbattuta 2-1 con una prova di organizzazione e personalità. La prima Juventus di Sarri si è mostrata all’Europa con un’ora di calcio molto promettente in Champions a Madrid ed è esplosa a San Siro, ancora con un 2-1 all’Inter. Nel calcio nulla si crea e nulla si distrugge, ma qualcosa si può trasformare. Con un solo giocatore diverso dalla scorsa stagione (De Ligt per Chiellini) i bianconeri hanno mostrato un volto nuovo, più entusiasmante e propositivo. L’arte della gestione di Allegri sta lasciando il passo allo spettacolo efficace di Sarri. Insomma: giocare bene (meglio) si poteva anche prima. E sarebbe stato molto utile in Europa.
- Sarri ha rivisitato e corretto un paio di intuizioni tattiche del precedente allenatore: Cuadrado fece il terzino già con Max, anche a Milano contro l’Inter, e Bernardeschi ne era il suo jolly offensivo più prezioso. Sarri li sta riproponendo con rinnovata vitalità e attenzione alla fase di non possesso. Il colombiano è già promosso, l’azzurro ancora no. Ma il suo pressing costante su Brozovic è stata una delle chiavi. I 22 falli dell’Inter, il triplo dei bianconeri, rendono l’idea della diversa impostazione del match: Juve più elegante e in palleggio, Inter più aggressiva. Come a Barcellona, però, i nerazzurri sono durati poco più di 45’ e coi cambi hanno ceduto campo e pallone agli avversari. La profondità della rosa bianconera è impressionante e non ha rivali in Serie A. Senza la verve di Sensi e la personalità di Godin, invece, l’Inter ha perso metri e sicurezze. Sarri ha letto magnificamente la partita, cambiando tre sistemi di gioco con gli spostamenti di Bernardeschi dall’esterno al centro, il tridente e l’inserimento di Emre Can. Conte ha cambiato giocatori negli stessi ruoli, senza mutare la disposizione. E ha rinunciato nel finale al suo attaccante migliore, Lautaro Martinez.
- È un paradosso però è andata veramente così: Inter-Juve è stata decisa in positivo da due attaccanti che sono stati in lista di cessione per tutta l’estate e in negativo dal centravantone che l’Inter ha acquistato dopo un estenuante inseguimento.
#dybalamask is back! 💎🔙! Grande vittoria di squadra ragazzi ⚪️⚫️! #finoallafine #InterJuve #juventus #serieA pic.twitter.com/lwrHyeXMPt
— Paulo Dybala (@PauDybala_JR) October 6, 2019
With his goal against Chelsea, Daniel James has now scored the same amount of goals against top six opposition as Romelu Lukaku did at Manchester United (1) #mulive pic.twitter.com/kkhm8XF5Vs
— utdreport (@utdreport) August 11, 2019
- Nel weekend in cui la Juventus assapora il gusto della vittoria non solo di “personalità e solidità” ma anche di “gioco e qualità collettiva”, nemmeno la vittoria garantisce tranquillità a Marco Giampaolo e all’ambiente. Molto si discute sulle scelte tecniche però il vero tema sembra la gestione della pressione. Il tecnico rossonero è apparso confuso nel pre e nel post partita, con una formazione senza brio poi provvidenzialmente corretta (Leao e Paquetà) e dichiarazioni non sempre lucide. Ho sempre grande rispetto e ammirazione per chi è partito dal basso e si è guadagnato grandi palcoscenici, il processo evolutivo del Milan richiede tempo e la qualità dei giocatori è tuttora inferiore a quella di altre pretendenti alla zona Champions. Questo resta il nodo cruciale. Solo una crescita collettiva potrebbe sopperire ai limiti individuali e Giampaolo era stato scelto proprio per questo. Ma se la società non è compatta nel garantirgli la fiducia totale, sarà schiacciato dalla pressione di un ambiente che continua a sentirsi da Champions, anche se manca dal grande palcoscenico europeo da ben 6 anni.
- Gran finale (si fa per dire) con gli inammissibili isterismi della Roma, già oltre la crisi di nervi dopo appena 7 giornate. Per quanto l’arbitro Massa sia stato poco chiaro nella comunicazione della non concessione del gol a Kalinic, nulla giustifica la reazione dei giocatori e soprattutto di Fonseca, del d.s. Petrachi e del presidente Pallotta. Sono le spie di un clima già rovente, che la squadra inevitabilmente assorbe. È inutile ambire a un modello di club internazionale, con strategie comunicative e di marketing moderne, se la voce della società è poi così anacronistica e fuori dai tempi come quella di Petrachi nel postpartita. Per fortuna sua e della Roma, ci sono ancora 31 giornate per migliorare sia il gioco che la mentalità dei dirigenti, intrappolati nella cultura del lamento e di stereotipi ormai ampiamente superati.