Chiamatela determinazione o tenacia, quel sentimento che preme da dentro e si nutre di motivazioni, di fagocitanti obiettivi dai quali è impossibile fuggire.

Chiamatelo destino o fatalità, quell’angolo della vita dettato dal tempo, dall’incommensurabile legame tra presente e futuro.

Chiamatelo semplicemente Federico, l’immagine di un ragazzo predestinato che con carattere e talento si è fatto grande, gigante. E in questa indimenticabile estate azzurra fondamentale. Come uno di quei giocatori che da soli risolvono le partite, come “una chiesa al centro di un villaggio”.

“Chi è migliorato tantissimo è Chiesa. Negli ultimi mesi è cresciuto in maniera esponenziale. Si vedeva già che era un giocatore destinato a crescere tanto, andando a giocare a livelli così importanti poi, è migliorato ancora”

Roberto Mancini - 90° minuto

Già, migliorato così tanto che nel giro di una stagione è passato dalle critiche per le sue ultime partite con la Fiorentina e il costo del suo cartellino (operazione da 50 milioni per la Juventus) valutato troppo alto da molti tifosi, alla “Chiesamania” post Euro 2020 e all’offerta di queste ultime ore del Chelsea di 100 milioni (notizia della Bild). Lo stesso Bayern Monaco, dalla bocca del suo nuovo allenatore Julian Nagelsmann, ha fatto sapere di essere interessato in qualche modo a Federico, consapevole però del suo alto valore di mercato lievitato in queste ultime settimane. 

I primi passi

Tutto parte dal papà Enrico, un attaccante che ha lasciato il segno nella storia del campionato italiano, un padre, capace di trasmettere la stessa passione al figlio. Federico cresce nel settore giovanile della Fiorentina e lì inizia un percorso che nel 2016 l’avrebbe condotto all’esordio nel calcio che conta, tra i professionisti.

Dopo aver impressionato tutti in Primavera infatti, Paulo Sousa è convinto: Chiesa deve entrare in prima squadra. La dedizione del figlio d’arte colpisce da subito il tecnico portoghese, non a caso, di lì a breve, sarebbe arrivata anche la prima occasione tra i titolari. Non in una partita qualunque, nella sfida alla prima giornata contro la Juventus (vinta poi dai bianconeri per 2-1).

Nei mesi successivi Federico macina minuti e, al termine della sua prima stagione tra i grandi, totalizza 27 presenze e 3 reti. I numeri non sono da capogiro, ma il ragazzo genovese non lesina grandi giocate e sprazzi di talento puro.

È solo l’inizio, il primo capitolo di un giocatore che, a detta di molti, nel giro di qualche anno avrebbe fatto parlare molto di sé.

“Il 20 agosto 2016 ho debuttato in Serie A da titolare allo Stadium contro la Juventus e da quel giorno è cambiata la mia vita. A parte il risultato, rimarrà una serata indimenticabile. Non mi aspettavo proprio di giocare. Dani Alves per esempio l’avevo acquistato su Fifa alla Playstation e mai avrei potuto immaginare di affrontarlo. Chiellini a fine gara mi ha anche regalato la maglia, ma ha rifiutato la mia, consigliandomi di tenermela stretta visto che era quella del debutto. È stata un’emozione unica.”

Federico Chiesa a “Tuttosport”

L’evoluzione

Se i presupposti erano buoni, le stagioni successive non deludono sicuramente le aspettative. Chiesa viene inserito al centro del progetto dei Viola e, dopo tre annate di alto livello, si sente pronto per il definitivo salto di qualità.

In molti si interessano al gioiello classe ’97, così, dopo un tira e molla con la dirigenza della Fiorentina, l’offerta della Juventus dell’ottobre 2020 mette d’accordo tutti.

Dopo il trasferimento a Torino, le intenzioni di Federico sono chiare: guadagnarsi un posto da titolare in bianconero, e mettere in mostra tutto il suo potenziale. Obiettivo, ad oggi, raggiunto con il massimo dei voti.

Sì, perché dopo la sfortunata espulsione all’esordio contro il Crotone, Chiesa dà prova di grande carattere: prima, accettando la panchina, poi, guadagnandosi un posto tra gli undici iniziali e fornendo prestazioni ben oltre ogni più rosea aspettativa. Nei mesi infatti la sua crescita è stata esponenziale, sia a livello caratteriale che tecnico, il tutto accompagnato dall’acquisizione di una buona dose di fiducia.

Fiducia che, unita al duro lavoro, gli permette di diventare protagonista assoluto con la maglia azzurra agli Europei.

Nazionale

Il viaggio con la maglia dell’Italia inizia con il CT Roberto Mancini, che lo inserisce stabilmente nel gruppo già in età Under 21, credendo fermamente nel suo talento.

Il percorso in azzurro però è un’altalena di emozioni, un cammino caratterizzato da alti e bassi, e una titolarità mai conquistata a pieno. Una situazione, che si verifica anche ai gironi dell’Europeo.

Il ballottaggio con un Berardi in grande spolvero infatti, impedisce a Chiesa di partire dal primo minuto nelle prime due gare della competizione. Federico però non demorde, e ancora una volta mostra a tutta Europa la sua arma migliore: il carattere. Accetta la panchina e si fa trovare pronto nei momenti decisivi, prima, nei supplementari contro l’Austria, poi, nella gara contro la Spagna (questa volta partendo dal primo minuto). Dopo la rete fondamentale agli ottavi, Mancini non se la sente di tenerlo ancora lontano dal campo, scelta, indubbiamente più che azzeccata.

Nella fase ad eliminazione diretta il numero quattordici azzurro mostra infatti tutto il suo bagaglio calcistico, con determinazione, rabbia, e spregiudicatezza. Nella finale contro l’Inghilterra, alcune sue azioni personali sono devastanti.

In questo mese “europeo” Fede ha incantato, trascinato e fatto urlare di gioia un intero popolo, emozionando milioni di italiani.

Grazie alla sua grinta, al suo animo, al suo cuore: in quelle notti magiche dipinte d’azzurro.

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