Miliardi di appassionati in giro per il mondo, miliardi di dollari investiti e un futuro ancora tutto da scrivere. La storia dei videogiochi è composta soprattutto da cifre astronomiche e da alcune tendenze e comportamenti che classificano in maniera netta il settore. Un fenomeno che ha colpito soprattutto i più giovani e ha allargato sempre di più la platea con il passare dei decenni, all’interno di un’evoluzione tecnologica che ha compiuto passi da gigante in alcune tappe fondamentali, un po' come per i casinò online*. Andiamo dunque a ripercorrerle ricostruendo l’intera storia dei videogiochi, fino allo scenario attuale degli e-sports.

Storia dei videogiochi: gli inizi

Sin dal principio il termine “videogioco” è sempre stato riferito al titolo in sé e per sé tuttavia sarebbe scorretto non considerare la relazione tra il gioco e la console di riferimento. Nei primi anni, infatti, i videogiochi erano a tutti gli effetti uno strumento di test per i dispositivi elettronici che sarebbero stati commercializzati di lì a breve, a cominciare dai primissimi computer. Oltre a testare le console, i videogames divennero (e lo sono tutt’ora) un’importante estensione di concetti neuronali legati alla branca della computazione digitale, tema sempre scottante da un punto di vista etico con la classica affermazione “i videogiochi fanno male”. A occuparsene erano soprattutto grandi cervelloni immaginabili nelle loro camerette, un po’ come i miti di Apple, Google e Amazon, nati in piccoli spazi ed esplosi nel giro di pochi anni.

Come spesso accade, ci sono varie versioni che attestano una puntina sulla cronologia storica dei videogiochi, più o meno spostata in avanti. In realtà, il fenomeno divenne praticamente subito di massa, al punto che diventa anche difficile indicare una data precisa. Comunque, il 1952 è universalmente e tacitamente riconosciuto come “anno zero” e il primo videogame mai progettato altro non sarebbe che una versione digitale del classico “Tris” (o “filetto” o ancora “OXO). Il meccanismo che ci stava dietro è così complesso da spiegare che vi rimandiamo ai tutorial video in rete per una spiegazione più esaustiva. Un aspetto centrale che va sottolineato riguarda l’inconsapevole conoscenza della potenzialità di tale creazione: questa versione semplificata non aveva certo intenzioni commerciali quanto piuttosto di divulgazione scientifica.

Se si considera la finalità videoludica, allora bisogna spostare la lancetta qualche anno dopo, più precisamente al 1958. Al “Brookhaven National Laboratory” si tenne la dimostrazione al grande pubblico di “Tennis for two”, il primo videogioco in senso stretto. Permanevano fortissime componenti di natura fisica (come l’oscilloscopio o la frequenza a 36 Hz per permettere di visualizzare un movimento unico), ma ancora una volta si credeva poco in quello che si teneva tra le mani. Solo in seguito le sale giochi divennero il ponte di collegamento che resero pubblico l’universo dei videogiochi, ospitando le prime console. L’accoppiata flipper-gettoni dovrebbe risvegliare più di qualche ricordo in una platea più o meno vasta di lettori, e la sua storia (specialmente quando venne dotato delle iconiche palette) è ancora più longeva, con radici piantate tra le due Guerre.

Storia dei videogiochi: gli anni '70 e '80 e il primo boom

Con l’avvento di Pong nel 1972 nasce ufficialmente l’epopea degli arcade e il merito di uno dei colossi pronti a prendersi la scena, Atari. Pong, nella sua incredibile semplicità che dimostrò come anche soluzioni immediate potessero “prendere” i videogiocatori, creò un identikit ben preciso del videogame, ovvero sia un coin-op alimentato a quarti di dollaro.. Il successo travolgente portò successivamente alla creazione della prima console casalinga di Atari, Home Pong, lanciata sul mercato nel 1975. Visto l’incredibile feedback riscosso in termini di vendite e appeal, cominciano a entrare nel mercato altri player di un certo peso, quali Nintendo, Sega, Taito e Sony. Trattandosi di vere e proprie aziende e non più di singoli cervelloni, il comparto dei videogame prende definitivamente il volo gettando le basi di un’industria destinata a diventare uno dei pilastri economici globali. Completa un decennio alquanto prosperoso l’uscita di Space Invaders (1978).

Se gli anni Settanta avevano quindi piantato i semi, il decennio successivo li fece germogliare in maniera rigogliosa. Non a caso gli anni Ottanta dell’industria videoludica sono ancora oggi contrassegnati come l’età d’oro del ramo. Atari sfruttò alla perfezione il vantaggio temporale acquisito sui competitor, lanciando la console domestica 2600 che fece il botto e migliorando ulteriormente l’esperienza utente a 360°. Il momento idilliaco si arenò immediatamente, quando nel 1983 si verificò una grossissima crisi che fece implodere il mercato, con una vera e propria bolla propiziata da Commodore che partorì titoli di scarso valore fatti uscire in fretta e furia. Ancora oggi vive la leggenda che la Atari abbia seppellito oltre un milione di cartucce invendute in New Mexico.

Crollato Davide, toccò ai vari Golia spartirsi la fetta della nuova torta. Nintendo fiutò immediatamente il profumo di affare e cannibalizzò il settore attraverso una serie di scelte prettamente logiche, a partire dalla creazione di una software house proprietaria: dopo alcuni errori iniziali, l’azienda di Kyoto riuscì a mettere in piedi una strategia collaudata che si rivelò vincente, riuscendo ad abbinare perfettamente console a titoli. È l’inizio della saga di Mario Bros ma anche di Zelda e più in generale uscirono titoli che segnarono un’intera generazione, come Pac Man e Tetris.

Storia dei videogiochi: dagli anni '90 ad oggi

Avviato il giocattolo si trattava unicamente di farlo camminare con le proprie gambe, ma ciò non fu affatto facile. Il ruolo di Commodore era stato troppo impattante sull’intera vicenda, dando il là alla proliferazione di massa dei computer portatili, che venne ulteriormente ingigantita dalla diffusione di internet (nel 1991 nasce infatti il World Wide Web). Questi mostri sono dannatamente più potenti delle console attualmente in commercio (oltre che dotati di scheda grafica tridimensionale) e si capisce dunque che bisogna creare un’alternativa.

Di lì a poco ecco dunque il Game Boy di Nintendo e la Playstation targata Sony. Un passo cruciale accompagnato da titoli anche sportivi e ispirati al mondo della supremazia come gli sparatutto. Il mondo scopre l’infinita potenzialità della Rete, a cominciare dai tornei online e dalla pirateria, ma è anche il momento in cui i videogiochi finiscono sotto la lente d’ingrandimento delle autorità vigilanti, aprendo l’annoso capitolo etico sulla questione. I vent’anni successivi sono condensabili quali eredità di quest’epoca, con il Game Boy soppiantato dalla Switch mentre la Playstation è arrivata alla quinta generazione. L’evoluzione più rilevante? Certamente l’intelligenza artificiale.

Arriviamo quindi ai giorni nostri e al capitolo degli e-sports, che rappresenta solamente un tentacolo dell’intero polpo. L’errore più grande che si è fatto di recente è confinare l’industria dei videogiochi in un angolino, credendola riservata solamente a una nicchia. Le ultime ricerche certificano come i videogames fatturino quanto musica, cinema e streaming messi insieme e come tali non possono più essere ignorati. È un problema soprattutto culturale, almeno qui in Italia, che il lockdown ha portato al centro del dibattito considerata l’impossibilità di giocare fisicamente dal vivo. È il caso degli e-sports e della loro possibile elevazione di status quale disciplina olimpica, che il CIO ha prontamente rifiutato rimandando la questione al 2028. Può essere possibile che il mondo fisico e virtuale non trovino una comune connessione? Solo il tempo potrà dircelo.

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