Quest’anno l’Hellas Verona ha offerto una delle migliori performance calcistiche nel corso della stagione della Serie A, arrivando a lottare persino per l’Europa League. Una lunga serie di risultati sportivi che hanno appassionato non solo i tifosi di calcio ma anche i più fervidi amanti delle scommesse calcio*. A L’Insider abbiamo intervistato in esclusiva, l’artefice della corazzata gialloblu: il presidente Maurizio Setti.

Da zero a Setti: le origini del successo

"Sono figlio di operai, nessuno mi ha mai regalato niente". Per entrare nella vita di Maurizio Setti, 56 anni, imprenditore e dirigente sportivo italiano di Carpi, serve una parola chiave: "Barra dritta". Più pragmaticamente: lavorare. A suo modo, però. "Non bisogna mai farsi condizionare, né in bene né in male: non esaltarsi quando voli alto ma nemmeno mollare quando stai per cadere. Vai avanti, insegui il tuo obiettivo finché non lo raggiungi e circondati di persone ambiziose che hanno fame e voglia di affermarsi attraverso le loro capacità". Se capisci fino in fondo il Setti imprenditore sarà facile analizzare il Setti presidente del Verona: le due sfaccettature della stessa testa vanno di pari passo e si completano. "Sia nel settore dell'abbigliamento che nel calcio vale per me lo stesso comandamento: l'azienda deve essere sana. Anzi, di più: super sana. È importante che cammini con le proprie gambe, che riesca ad autofinanziarsi e a produrre risultati concreti". Con una precisazione importante da fare: "Io posso anche accettare un fallimento sportivo, perché fa parte del gioco, ma non un fallimento economico".

Nel 2012 Setti accorpa tutte le sue aziende sotto la holding Moulin Rouge Spa che controlla la Antress Industry Spa: il brand Manila Grace è il suo fiore all'occhiello. Insomma, il settore dell'abbigliamento è, da sempre, il suo forte; oggi ha in mano la filiera per esteso, dalla produzione ai negozi con 1500 clienti in tutto il mondo.


Maurizio Setti: le passioni di sempre e le strategie imprenditoriali

Ama la fotografia ma non si è fermato alla moda: la scalata di Maurizio Setti è variegata e ha percorso un sacco di chilometri. In senso stretto. Un ringraziamento speciale va alla sua auto. "Per dieci anni ho fatto quasi 100 chilometri all'anno. Ero sempre al volante, come un camionista! Correvo da una parte all'altra dell'Italia per vendere il mio prodotto ai grossisti, prima della creazione del brand Manila Grace". Ma riavvolgiamo il nastro e ripartiamo da lontano, da quando era giovanissimo e stava per iniziare il servizio militare. "Adoravo fotografare. Molto. Un giorno ho chiesto a un fotografo di lavorare per lui ma l'esperienza è andata decisamente male, soprattutto a livello umano. Così ho cambiato totalmente pagina e mi sono buttato nel settore dell'abbigliamento. Ho iniziato come autista/magazziniere e poi - post servizio militare - ho aperto un 'Pronto moda' a Carpi insieme a un amico. È durato cinque anni perché poi nel 1989 ho aperto Antress. A seguire, quasi 18 anni fa, ho poi deciso di creare un mio brand: Manila Grace". La sua fortuna. "A 22 anni ero già in proprio, a 26 ho letteralmente cambiato modo di ragionare". Da imprenditore più lungimirante e maturo. 

L'imprenditoria in quattro parole. "Intuizione, timing, determinazione, sacrificio". Maurizio va a fondo e spiega: "In passato l'idea valeva tantissimo, aveva molto più spazio e molto più peso rispetto a oggi dove va tutto più veloce e non c'è pazienza. Ne bastava una buona, quella giusta, per cambiarti la vita. Ovviamente l'intuizione, per essere vincente, deve arrivare quando serve, soprattutto agli altri. Poi bisogna svilupparla con forza di volontà e sacrificio. Io di sacrifici ne ho fatti tanti, ma tanti. Mi sono tolto praticamente tutto pur di perseguire la mia idea: e forse, oggi, in pochi sarebbero disposti a farlo". Tra le tante rinunce spicca la famiglia. "Non ho mai voluto avere parenti in azienda per non addossargli responsabilità e preoccupazioni, a cui devo e voglio far fronte io. Ecco perché il regalo più grande che possono farmi è restarne fuori e accettare - spesso, purtroppo - di arrivare al secondo posto. Quando il lavoro chiama, io devo andare". Ma oltre all'abbigliamento c'è altro, una vera e propria attività parallela che non è il calcio. "La passione per la moto me l'ha trasmessa mio papà: ho fatto un po' di pista e di prove. Mai campionati veri e propri. Frequentando questo mondo sono venuto a contatto con dei ragazzi con cui sono in società ormai da 15 anni: insieme sviluppiamo biciclette e motorini elettrici. Due anni fa ho comprato il marchio Garelli da Paolo Berlusconi".  

Maurizio Setti: da calciatore a presidente di calcio

Prima del Setti presidente del Verona esisteva un Setti calciatore che aveva il vizio del gol. "Da centrocampista sono arrivato in Promozione, a 19 anni. Poi ho deciso di dare priorità assoluta al lavoro ma ho comunque continuato a giocare con amici tra Prima Categoria e Amatori, dove potevo allenarmi a seconda dei miei orari. Quando stavo bene facevo il Toni della situazione. Peccato però che mi stirassi molto frequentemente: una, due, tre, quattro volte. Diventava un tunnel senza fine". 

Meglio dietro alla scrivania, come presidente. "Sono partito dalla D con il Carpi. Poi C2 e C1. Poi due anni al Bologna come vicepresidente e alla fine ho comprato il Verona, ormai 8 anni fa". Totale: 13 anni come dirigente sportivo. Col tempo l'approccio è notevolmente cambiato, ce lo rivela lui stesso: "Guarda, fino all'anno scorso non riuscivo ad andare a Verona con la frequenza che avrei voluto. Da questa stagione, però, ho frazionato meglio i tempi perché ho capito che il calcio ha bisogno di presenza, non può essere vissuto come semplice passione. È un lavoro, poche storie: ecco perché faccio 60% moda e 40% Verona". Che tipo di presidente è Maurizio Setti. "Non guardo gli allenamenti e non parlo con i calciatori. Io vado in sede, stop. Altrimenti avrei fatto il direttore sportivo o l'allenatore". Curioso il colpo di mercato a cui è più affezionato, da buon imprenditore 'internazionale' risponde: "Rafa Marquez". "Posso dire? Mi ha emozionato. Lo vidi in tv durante il Mondiale e dissi al mio ds 'ma questo è impossibile da prendere?'. Alla fine ce la facemmo, comprando un giocatore che in quel momento aveva un pedigree da top club". Ma anche con Luca Toni non andò male... "Io e lui abbiamo avuto un rapporto particolare: ogni anno diceva che ci avrebbe dovuto pensare, puntualmente a marzo non sapeva se continuare o meno ma alla fine non usciva mai dal campo e segnava come un matto. Toni al Verona è stata una scommessa vinta da entrambi: dal club che ci ha creduto e da lui stesso perché ha dimostrato a tutti di poter fare la differenza nonostante l'età". Zittendo chi non ci credeva, dimostrando che il fiuto dell'imprenditore Setti è applicabile anche al calcio. Con ottimi risultati.

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