Ici c’est Paris.

Risuona più forte nel giorno della presentazione di Neymar, il giorno in cui Parigi è sembrato davvero riprendere la scena del calcio mondiale. Un fuoriclasse assoluto nel fiore degli anni ( è un classe ‘92, pur avendo nella nazionale brasiliana più gol di Romario e Zico, presto raggiungerà Ronaldo e attenta il record di Pelé) che sceglie di abbandonare il club o uno dei club più celebri della storia del gioco per venire sotto la Tour Eiffel a palleggiare e vincere.

Palleggiare e divertire, sì, anche fin dal giorno della presentazione al Parco dei Principi (c’eravamo, quel 5 agosto 2017), dove ha pure esibito la sua prima finta di corpo mandando al bar tutti i fotografi e ritornando per un ulteriore abbraccio sotto la curva al termine della celebrazione. 

media media La presentazione di Neymar Jr. al Parco dei Principi

Vincere, pure, se però rimaniamo all’interno dei confini nazionali (campionato e coppa nazionale): al di fuori, invece, è andata male, come testimonia l’incredibile eliminazione del suo PSG subita in Champions League dal Manchester United, tra gli improperi, esplosi dal vivo e poi sul più utilizzato social network proprio dall’infortunato Neymar (che poi si è scusato).

Cos’è mancato al PSG per conservare il grande vantaggio accumulato in Inghilterra?

Per molti, la squadra non ha tradizione e cultura per rappresentare il palcoscenico continentale più importante. Vero, la squadra è nata solo negli Anni Settanta, e in definitiva non si è completamente ancora realizzata come squadra della città di Parigi. La volontà della proprietà mediorientale è proprio quella di accreditarsi come tale, lo si capisce osservando il nuovo logo del club (è quasi scomparsa la scritta “Saint-Germain” per rendere meglio visibile “Paris”) e la continua insistenza sul claim “Ici c’est Paris” che compare un po’ ovunque attorno allo stadio e nelle varie iniziative sponsorizzate dal club.

Una cosa è certa, seppure la Ville Lumière fagocita tutto il mondo culturale e sportivo della Francia e non solo, Parigi è certamente da sempre anche una vera città di calcio. Nei tre gettoni di Locos Por el Futbol, raccontiamo perché. 

1 - Parigi, la città dove tutto nasce. Quando due fratelli armeggiando con lenti e cremagliere, bucherellando per la prima volta una pellicola ai lati, riprendendo un gruppo di operai che uscivano da una industria di Lione, avevano pensato a un pubblico per proiettare la loro prima opera, ecco, l'orizzonte era solo la Ville Lumière. Nomen omen, per Auguste e Louis. Così, a Parigi, la città che tutto coopta, nasceva, davanti a trentatré esterrefatti spettatori, il cinema. Prima proiezione al Salon Indien du Grand Café. Nono arrondissement. Due anni dopo, 1897, altri due fratelli, Modeste e Jules, con un gruppo di amici, solito cafè parigino, stavolta il Villiermet: viene fondato il Red Star club de football. Non molto lontano dalle primi immagini in movimento proiettate nel seminterrato del Grand Café, però dall'altra parte della Senna, sulla Rive Gauche, non a caso il lato culturale-artistico-ribelle, nasceva l'idea del calcio. L'idea di un gioco davvero per tutti. Jules Rimet è stato il motore della fondazione di quel piccolo club. Aveva compreso prima e meglio di tutti che quello sport nasceva con una missione importante. “L'importante è partecipare” del Barone de Coubertin, valeva giusto per i pochi, i pochissimi che se lo potevano permettere. “Un moyen de compréhension et d’amitié entre toutes les jeunesses du monde.” Ecco, secondo Rimet, cosa poteva e avrebbe dovuto essere il calcio. Amicizia tra i giovani di tutto il mondo. Tutti i giovani. Infatti il vecchio Jules vede nelle virtù sociali di quel gioco un veicolo di emancipazione, anche per quei ragazzi delle fabbriche che dopo il boom della rivoluzione industriale avevano portato sul palcoscenico della Storia una nuova classe sociale. Cristiano praticante, inserito in quell'alveo dei cristiano-sociali molto vicini al giornale “Sillon” di Sangnier ( movimento presto messo all'indice da OltreTevere per la sua eccessiva benevolenza nei confronti della “Modernità”: quant'era lontano il Concilio Vaticano II...) l'avvocato Rimet rimane uomo di visione. E il suo sogno è divento realtà: il calcio è lo sport più apprezzato e diffuso al mondo. 

2 - Il primo Campionato Mondiale di calcio della storia, cortesia del Jules Rimet a cui è dedicata anche la coppa assegnata alla squadra vincitrice, si gioca in Uruguay. E’ proprio la squadra Celeste a vincere il trofeo. Per gli uruguaiani però quello sarebbe il terzo Mondiale, e la loro terza stella: i primi due sono rappresentati dalle Olimpiadi del 1924 e del 1928. In effetti dal 1924, anche le nazionali sudamericane partecipano al trofeo olimpico di calcio: è davvero un Mondiale: si gioca ovviamente a Parigi e vince senza nemmeno faticare la Celeste: 3-0 in finale alla Svizzera. Le gare vengono disputate allo stadio Colombes: oggi infatti le due curve dello stadio Centenario di Montevideo, dove si è giocato il primo Mondiale si chiamano ancora Colombes e Amsterdam, sede dei giochi del 1928. Parigi è stata anche sede dei giochi della seconda olimpiade moderna, dopo quelli ateniesi del 1896: in quella occasione si disputa il primo trofeo olimpico di calcio. Le quattro contendenti dovevano essere Francia, Inghilterra, Svizzera e Germania, ma col ritiro delle ultime due si organizzò un torneo per squadre dilettantistiche dei due paesi rimasti: vinsero gli inglesi dell’Upton Park.

3Un moyen de compréhension et d’amitié entre toutes les jeunesses du monde.

E’ lo slogan di Rimet ma potrebbe essere quello dell’Ile de France, la provincia attorno a Parigi: specialmente nelle vere e proprie banlieues della capitale, non esiste un’area dove si producono tanti calciatori. Parigi è un richiamo forte per tutto il mondo francofono, nella capitale ci arrivano da tutte le parti del globo, e alcuni di questi diventano calciatori di spessore.

Nella Francia per la prima volta campione del Mondo, la regione parigina era rappresentata da giocatori del calibro di Thierry Henry, Patrick Vieira e Lilian Thuram. Ma se gli ultimi due menzionati, pur essendo diventati uomini e calciatori con vista sulla Tour Eiffel, sono nati in Africa (Vieira è di Dakar) o nei dipartimenti d’oltremare (Thuram è nato nell’isola di Guadalupa), oggi tanti ragazzi nascono anche sul territorio dell’Ile de France, e alcuni di questi hanno condotto al titolo, il secondo titolo dei Galletti, la Francia, nell’ultimo Mondiale: Paul Pogba e Kylian Mappe, l’uomo che rischia di fare ombra ai miti di Platini e Kopa. E loro rappresentano solo la punta dell’iceberg. Peschi nel mazzo e trovi tanti altri buonissimi giocatori, da Anthony Martial a Ryad Mahrez, da Ben Arfa ad Areola, a Digne, Coman, Rabiot, Kimpembé... davvero una lista infinita.

Parigi se brucia, stavolta lo fa di passione anche per il gioco del calcio.