Da marzo in poi, la Champions logora chi la insegue. Da settembre a febbraio, logora chi ce l’ha. E così la settimana che porta al kolossal Inter-Juventus è appesantita dagli impegni europei delle due storiche rivali. La classifica premia i nerazzurri, il calendario dà un piccolo vantaggio ai bianconeri: gara in coppa il martedi, in casa e contro un avversario meno impegnativo. Questo e molto altro, dopo il weekend di un Balotelli bravo in campo e fuori, in una settimana tra San Paolo, Camp Nou e San Siro.

 

  1. Domenica a Napoli ho assistito a una partita interessante e a tratti entusiasmante. Considerando la differenza di valori individuali e di esperienza, la voglia di riscatto degli azzurri dopo il ko col Cagliari e lo sforzo del Brescia per reggere il confronto con la Juventus, era legittimo pensare a un match condotto esclusivamente dalla squadra di Ancelotti. Invece. Il Napoli si è fermato dopo mezz’ora di rumba incessante, il Brescia non ha giocato come una neopromossa e ha impressionato per la personalità generale e del suo giocatore più atteso, Sandro Tonali. Vederlo dal vivo è stata un’esperienza affascinante, il suo portamento in campo si percepisce nitidamente. Il paragone con Pirlo, per quanto comprensibilmente il ragazzo lo allontani, è inevitabile. Per la loro eleganza, il modo di portare palla, la rincorsa su punizioni e corner, le braccia bassa nei primi passi di esultanza, il capello fluente (last but not least). Però Tonali possiede una forza fisica supplementare, che gli permette di strappare sui primi due-tre passi come faceva un altro suo grande idolo, Steven Gerrard, e di resistere anche a contrasti, tackle, spallate. Il talento è nulla senza controllo (semicit.): l’umiltà della sua famiglia gli ha trasmesso i valori del sacrificio e della dedizione, che abbinati alla tecnica compongono un mix fantastico. Il calcio è la sua ragione di vita, da sempre. E a soli 19 anni questa consapevolezza gli permette di aggredire il campo e il pallone con una voracità incredibile.

  2. È stata la giornata di Mario Balotelli e dei suoi occhi dolci che sprofondavano in quelli della figlia Pia. Dopo averla portata con sé all’ingresso in campo con tutta la fierezza di un papà, ha giocato come se quegli occhi non si staccassero mai da lui. Probabilmente è stato davvero così, tanta è la distanza fisica che lo separa dalla piccola nella quotidianità e tanto era il desiderio di entrambi di sentirsi così vicini. Purtroppo negli anni sono state celebrate prematuramente troppe rinascite di Balo per promuovere già il suo comportamento dopo le prime due partite. Maturità fa rima con continuità e solo mostandosi costante nel rendimento e negli atteggiamenti potrà guadagnarsi davvero il diploma (di maturità, appunto). È tuttavia evidente che la sua linearità in campo si riflette su un rendimento già molto apprezzabile nelle prime due apparizioni, al netto di alcune conclusioni forzate. Un gran bel gol di testa, condizione fisica incoraggiante e resistenza atletica non scontata dopo 4 mesi senza partite ufficiali, disponibilità a sostenere i compagni e contenere i suoi nervi. Applausi a lui e a Corini, che gli ha dedicato un’attenzione speciale per tutta la partita, richiamandolo alla serenità a ogni accenno di protesta.

  3. Solo 30’ da playstation del Napoli, ma tanti numeri che possono dare fiducia ad Ancelotti. Ha la squadra che tira di più in porta e la seconda che ne subisce di meno. È anche quella con il maggior possesso palla e con più tocchi in area (dati Wyscout dopo 6 giornate) ma le mancano ancora un po’ di spunti individuali (solo 13ma per i dribbling) e tempismo nel recupero palla (penultima). Oltre a Tonali, un’altra bella notizia per Mancini: forse con Di Lorenzo abbiamo trovato il terzino dell’Italia. Le parole di Ancelotti (“non devi ripetergli le cose, sa sempre cosa fare in campo in ogni posizione”) sono una vera investitura.

  4. Nel prossimo turno il Napoli sarà atteso dal solito Toro furioso e infuriato. Tante sbuffate, poca resa. Ma tutti gli occhi saranno su San Siro. Proprio lì, il 29 ottobre 2011, nacque ufficialmente la Juventus di Antonio Conte, che abbatté l’Inter con una prestazione esaltante. Era la sua prima Juve, la più spettacolare e armoniosa. La sua evoluzione lo ha portato a proporre un calcio più elettrico, in cui l’intensità a tratti soppianta la fluidità e la praticità indirizza la squadra a recuperi e contropiedi forsennati. Questa Inter è certamente italiana (ma non italianista) come stile e concretezza e in attesa di uno sviluppo più europeo se la vedrà contro una Juventus in graduale crescita. Sarri sta vivendo mesi da equilibrista, il sarrismo a Torino è una rivoluzione gentile che si compirà solo se tutti i giocatori (e Ronaldo in particolare) dimostreranno totale fedeltà all’ideologia del comandante. Entrambe arrivano alla disfida di Milano con qualche punto in più rispetto alla qualità di alcune prestazioni, decise più dagli episodi che da una superiorità schiacciante (l’espulsione di De Paul a Milano e l’autorete di Koulibaly a Torino). Eppure sarà un confronto esaltante e in buona parte già veritiero: sulla legittimità delle ambizioni dell’Inter e sulla credibilità del processo di trasformazione bianconero.

  5. In mezzo, però, c’è il logorio del calcio moderno. La Champions torna in settimana con una classica delle annate europee dell’Inter, la trasferta al Camp Nou: due volte nell’edizione culminata con il Triplete, due in due anni dopo il ritorno sul grande palcoscenico continentale. Nella partita del girone 2009/10, Guardiola lasciò a riposo Messi e il Barça vinse lo stesso. L’anno scorso Valverde dovette rinunciare per infortunio al suo numero 10 sia a Milano che a Barcellona (1-1 e 2-0) e anche stavolta l’argentino arriva al match coi nerazzurri in condizioni precarie. In stagione non ha ancora giocato più di 45’ in una singola partita e in sua assenza Suarez e Griezmann hanno lavorato sulla loro intesa. I blaugrana arrivano dal primo weekend davvero convincente della Liga: hanno vinto 2-0 su uno dei campi più difficili del campionato, il Coliseum di Getafe, contro una squadra tenace e tignosa, la più rude, fallosa e ammonita. È stata la prima vittoria dopo 7 trasferte senza successi tra Liga e Champions, considerando anche la fine della scorsa stagione. Al Camp Nou il Barça si trasforma ma ha concesso comunque più del solito: 5 gol subiti in 3 partite. Dopo tanti stravolgimenti, con giocatori passati da una giornata all’altra da titolari a tribunati e viceversa, ha però finalmente trovato il centrocampo ideale: de Jong-Busquets-Arthur. Hanno tutto: tecnica, saggezza tattica e anche capacità organiche/fisiche. In attesa di Messi, la stagione del Barcellona e la serata europea con l’Inter passeranno da loro.