E’ planato sullo Stadium.

Dopo la straordinaria impresa contro la Juventus, martedì sera, Marc Overmars si è diretto verso lo spicchio della tribuna riempita dai tifosi dell’Ajax e ha esultato così: un tuffo in avanti sul prato, come quando, maglietta e calzoncini, festeggiava i gol importanti, dopo una discesa sulla fascia.

Giacca bianca pantaloni scuri, ordinario come quando dalla campagna si arriva in città. Sostanza più che forma.

Il tabellone recitava ancora “Juventus 1- Ajax 2”, una polaroid che rimarrà nella storia del club, l’ennesima di questa stagione che ha già visto la squadra olandese corsara al Santiago Bernabeu.

La stagione della definitiva consacrazione di Marc Overmars, oggi Direttore Sportivo dell’Ajax, oggi l’uomo che ha permesso al club di ritrovare lo spirito primigenio di una squadra che ha cambiato la storia del gioco del calcio.

Cruyff, Michels, la maglia bianca con la banda rossa, il De Meer, le tre coppe dei campioni di seguito e la rivoluzione: il calcio cambia davvero rotta. Tutte cose che appartengono alla storia.

Un marchio indelebile che l’Ajax ha mantenuto. Quelle maglie non potevano più permettersi l’ordinario, quel mito esigeva una

Negli Anni Settanta, meglio a fine Sessanta, insieme al mondo si è modificato anche il linguaggio. Tra le tante frasi forgiate in quei tempi anche l’espressione “brodo di coltura”, presa in prestito dalle scienze naturali: si intendeva l’ambiente culturale e sociale dove sorgeva un certo fenomeno. Amsterdam era il luogo dei saperi e dei sapori del calcio. Una università aperta cui tutti i grandi del gioco miravano a confrontarsi. Una congerie di nozioni, idee e punti di vista che hanno modificato l’indirizzo del calcio mondiale, anche quando le mode del movimento calcistico si sono allontanate dallo stilema creato all’Ajax. Il simbolo vivente di quel pensiero forte è stato Johan Cruyff, l’uomo che ha fatto due volte la Rivoluzione, prima coi piedi e poi con la testa come abbiamo già raccontato nella scorsa puntata di Locos por el Futbol.

Il Pelé bianco (Brera dixit) ha poi trascinato e implementato quell’idea in Catalogna, e quel ponte ideale Amsterdam-Barcellona non solo non si è mai interrotto ma ha vissuto in dialogo costante e ha prodotti frutti meravigliosi per il mondo del football.

All’Ajax (e quindi al Barça) si vive perennemente nella modernità senza mai dimenticare la tradizione. Gli alti e bassi dei risultati si accettano, l’idea, anzi l’Idea non si negozia. E nella storia dell’Ajax è arrivato ancora un picco eccezionale, quello della grande squadra del ’95-’96, capace di arrivare a due finali di Champions League* consecutive: un ciclo che inizia nel ’92 con la vittoria della Coppa Uefa in finale col Torino di Mondonico: in panchina il grande genio di Louis van Gaal. Una squadra costruita con i giovani giocatori formati nella celebre accademia di casa Ajax, a cui si aggiungevano promettenti talenti olandesi: van Gaal ne scelse diversi, anche Marc Overmars.

L’ex esterno d’attacco è originario della città di Deventer, lì ha iniziato come calciatore, nel Go Ahead Eagles, dove poi è voluto tornare, per l’ultima allacciata di scarpe. E sempre da lì è cominciata la carriera da dirigente sportivo. Lì, quel “lì” è la profonda campagna olandese, la zona orientale, quella che dà sulla Germania. “Contadini” li chiamano quelli di Amsterdam che nei loro musei mostrano come invece loro sono stati, da sempre, avanguardia, nel mondo.

Overmars da Deventer è partito, e dopo la grande città olandese ha vissuto, respirato e assorbito calcio nell’Arsenal e nel Barcellona. Diciamo sprovincializzato? Diciamo, anche perché a Londra è stato scelto dall’uomo che ha cambiato per sempre la storia del calcio inglese, Arsène Wenger.

Quando viene richiamato lungo i canali l’Ajax sta vivendo l’ennesimo periodo turbolento della sua storia. Essì perché ad Amsterdam la cultura calcistica è diffusa come in una grande biblioteca del Gioco, ma si dibatte a voce alta. Cruyff è un genio totale e le buone maniere non sono proprio il suo imperativo: “io parlo, tu ascolti, altrimenti la discussione termina qui”, disse a un giornalista catalano che ebbe l’ardire di abbozzare una conversazione, una qualunque: Cruyff si permetteva di sentenziare su tutto.

L’irrisolvibile problema relazionale di Cruyff aveva a che fare con la sua straordinaria vena profetica: era sempre in anticipo su tutto.

Dopo aver cambiato per sempre la storia del Barcellona, e dopo che il brutto male che lo avrebbe corporalmente portato via dal nostro mondo si era già affacciato, Johan era tornato ad Amsterdam a consigliare l’Ajax. Cioè, a riconoscere la via giusta: che ripartano i grandi investimenti sulle giovanili, e che questi ragazzi si riaffaccino in prima squadra. Detto, fatto: voce del verbo di Johan, il quinto Evangelo, anzi il primo, se circoscriviamo la parola ispirata dall’Altissimo diffusa nella capitale olandese. Un processo reiniziato nel 2010 con Frank De Boer in panchina. Periodo controverso: la proposta di gioco del futuro tecnico anche dell’Inter non convince tutti, i titoli in serie non sono sufficienti per garantirsi la benevolenza della città, in più a livello continentale si collezionano brutte figure, e l’Ajax non può darsi senza respiro europeo.

I partiti che fanno riferimento a Cruyff e a van Gaal, lui pure richiamato per un certo periodo in dirigenza, non si sono mai presi, come i loro riferimenti simbolici, e la questione finisce per coinvolgere in polemiche continue il club. Intanto, all’interno di esso Overmars prende ogni giorno più potere.

Lo chiamano “Marc Netto”, perché con lui non si transige nemmeno sul centesimo di euro, nelle trattative e nei bilanci: facciamo anche investimenti superiori rispetto al passato, l’importante è che tra entrate e uscite non ci siano scompensi. Però c’è una piccola differenza tra lui e gli altri ragionieri che affollano le scrivanie di tanti club prestigiosi, anche di casa nostra: il fiuto per il talento, che in Overmars è unico. E non ha confini. La storia dell’Ajax non abbonda di sudamericani, eppure è proprio lì che Marc va a cercare giovani di belle speranze e in perfetto stile Ajax: Davinson Sanchez, poi ceduto al Tottenham (perfetto per far crescere De Ligt), Nico Tagliafico e David Neres sono pietre angolari nella costruzione di una squadra che ha già giocato una finale di Europa League e che ha raggiunto le semifinali di Champions, quest’anno.

L’altro nome forte della dirigenza, quello di Edwin van der Sar, che non sempre ha condiviso le scelte di Overmars, ne ha però compreso l’efficacia e gli ha lasciato carta bianca, concentrandosi più su argomenti e temi organizzativi-gestionali. Il 2015 è l’anno della svolta, come ci racconta Alec Cordolcini, il giornalista italiano più informato sul calcio olandese, capace di scrivere autentici capolavori come il ritratto del giovane talento ajacide Frenkie De Jong, apparso sull’ultimo numero del Guerin Sportivo: recuperatelo.

Giovani del vivaio, assecondando il diktat cruyffiano, investimenti sui giovani talenti olandesi (Ziyech, De Jong, quest’ultimo cooptato nell’academy del club dopo i primi calci al Willem II), giocatori stranieri che sentono il calcio Ajax (Tadic e i sudamericani) e un allenatore che non devia dallo spirito del club, e non importa se quello spirito non l’ha vissuto in prima persona nel club: per questo prima Bosz, poi, oggi Ten Hag, sono anche meglio di Stam.

La tradizione, sì, ma le idee, sopra tutto. L’Ajax è tornata a volare, è l’Ajax di Overmars, che lui pure vola, come in campo. Anzi, di più.

 

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