Nella mente di Simeone, nelle mani di Oblak, nei piedi di Griezmann.
L’Atletico Madrid si affida ai suoi totem per alimentare l’ossessione della Champions, con la finale dei sogni proprio nel suo nuovo stadio. Rispetto al giorno del sorteggio, però, l’armada colchonera è un po’ meno invincibile e un po’ più fragile. Ecco perché, in questo episodio dedicato alla Liga e ai rivali della Juventus in Europa.

  1. Dopo 2 sconfitte consecutive, l’Atletico ha battuto 1-0 il Rayo Vallecano con tanta fatica. Ha deciso Griezmann, con uno dei suoi gol meno spettacolari alla fine dell’ennesima prova poco spettacolare della sua squadra. Per Simeone, come per Allegri, la qualità del gioco offensivo è un dettaglio di contorno, non essenziale per arrivare al risultato. Prima vengono l’equilibrio, la condizione atletica, la compattezza, la disponibilità di tutti in fase di non possesso, la collocazione dei giocatori nella posizione che ne esalta le caratteristiche individuali. Il problema, per l’Atletico, è che nelle ultime settimane gli avversari hanno avuto tante, troppe occasioni. Oblak, trafitto 3 volte nel derby, è stato il migliore a Vallecas, con cinque parate che lo avvicinano sensibilmente al ritocco contrattuale di cui si parla da un po’.

    media Jan Oblak con il premio Zamora, consegnato al miglior portiere della Liga.

  2. Da cosa dipende la minore compattezza dell’Atletico nelle ultime settimane? Il gioco allo specchio con la Juventus si arricchisce di un altro aspetto comune, legato alla preparazione mirata proprio allo scontro frontale. Entrambe sono uscite appesantite dalla sosta invernale e stanno riavvicinandosi al top della forma. Se la condizione della Juve però sembra lievitata in generale, i 35 infortuni stagionali hanno influenzato la gestione del profe Ortega, l’omologo colchonero del Folletti bianconero. Diego Costa è tornato sabato nell’ultima mezz’ora dopo due mesi e mezzo di stop e ci ha messo pochi minuti per entrare in battaglia: l’intensità e il ritmo della Champions e l’esperienza di Bonucci e Chiellini, però, sono un’altra cosa.

    media Diego Costa chiuso da tre avversari nella partita di sabato contro il Rayo.

    Anche Koke e Lucas Hernandez, terzino sinistro della Francia campione del mondo, sono rimasti ai box nel weekend. Il 4-4-2 dell’Atletico a tratti pare fin troppo rigido, vulnerabile con gli inserimenti dei centrocampisti nei corridoi intermedi. I terzini, Arias e Filipe Luis, non sono sempre reattivi nelle letture: proprio dalla parte del colombiano ha sfondato in maniera letale il Real nel derby del turno precedente.
  3. Per Morata sarà un test di fuoco sul piano tecnico e soprattutto della personalità. Sono passati quasi tre anni da Italia-Spagna di EURO 2016 in cui venne sovrastato, fisicamente ed emotivamente, dai difensori azzurri suoi ex compagni alla Juventus.

    media Álvaro Morata, ancora alla ricerca del primo gol in maglia Colchoneros.

    Dimostrò e confessò di averli sofferti prima di tutto sul piano psicologico. Il pericolo principale per la Juventus resta comunque Griezmann, 12 gol e 7 assist in Liga, nonostante Simeone abbia assegnato spesso i corner e le punizioni laterali al ruvido centrocampista ghanese Thomas Partey: non una grande idea, ricordando gli assist vincenti da fermo del Petit Diable ai Mondiali in tutte le gare a eliminazione diretta.

    media Griezmann e la sua esultanza dopo il gol del momento 1-1 nel derby.

  4. La forza del calcio dell’Atletico resta la mistica tra tifosi, allenatore e squadra. Tutti per l’Atleti, l’Atleti per tutti. Una chimica così forte che, paradossalmente, è stata ancora più evidente quando Simeone ha provato a proporre un gioco più offensivo, con esterni d’attacco e poca copertura centrale. In campo lo spaesamento è stato superiore alla qualità. Juve e Atletico condividono un percorso recente (2 finali a testa negli ultimi 5 anni) e generale (più finali perse che vinte) in Champions. E anche nel girone hanno ottenuto risultati pressoché identici: vittoria convincente e ko eccessivo contro l’avversaria principale (Man.United e Borussia) e scivolone finale contro il più debole (Young Boys e Bruges). Hanno Palloni d’Oro reali (Ronaldo) e virtuali (Griezmann, beffato in volata nell’ultima edizione in cui lo avrebbe meritato) e una crescita costante anche grazie all’impulso del nuovo stadio. Ma specchiarsi troppo non va mai bene e se la Juve giocherà in modo aggressivo, coraggioso e tecnico come ha fatto a Old Trafford e Valencia nella prima fase e contro Barcellona (ai quarti 2017) e Bayern (ottavi 2016) potrà sorprendere in maniera decisiva l’armada colchonera.
  5. Il Real Madrid era uscito dalla Semana Santa (Barcellona-Derby-Ajax) con risultati, entusiasmo e folate di grande gioco. Senza Carvajal, Modric e Vinicius, in campo dopo un’ora, è crollato al Bernabeu contro il Girona, che si era presentato da quartultimo e senza vittorie da due mesi e mezzo. Il grande accusato è Marcelo, protagonista negativo sulla rete dell’1-2 e condannato da una statistica micidiale: con lui titolare, 1 vittoria nelle ultime 9 partite di campionato.

 

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Il successo del Girona ha anche un forte potere simbolico. La squadra del leader catalano, Puigdemont, ha espugnato il tempio del potere reale proprio il giorno dopo la manifestazione per gli indipendentisti a Barcellona, con almeno 200mila persone presenti.

In attesa del doppio Clasico della prossima settimana, non sembra il caso di togliere i drappi blaugrana dalla coppa della Liga.