Si è ripreso la scena, a modo suo, facendo parlare il campo.
Maurizio Sarri, il Comandante per molti ex tifosi del Napoli, si appresta a chiudere la stagione alla guida dell’esercito dei Blues con un bottino, in termini di risultati e traguardi raggiunti, per niente male. È vero, il pericolo maggiore si chiama sempre “zeru tituli” ma il sapore che il tecnico italiano ha saputo dare a una stagione a tratti insipida a tratti decisamente amara, rappresenta un qualcosa di importante: una finale (persa ai rigori) di Coppa di Lega, una finale (questa chissà) di Europa League ed un terzo posto matematico in Premier League*.

D’altronde l’obiettivo, dichiarato sin dal principio in maniera netta, era proprio la Champions League, intesa per l’appunto come qualificazione. Ci ha messo un po’, e come biasimarlo quando davanti ci sono due corazzate rodate a puntino come il City di Pep Guardiola e il Liverpool di Klopp, mentre dietro un Tottenham versione finalista di Champions League; ci ha messo, per la precisione, 37 giornate, una sola gara dal termine, ma lo ha fatto dopo aver tenuto a bada critiche, giornalisti e spogliatoio.

Eppure la favola iniziale raccontava di un “Sarri-ball” che aveva sconvolto la Premier, proponendo (o riproponendo per chi aveva già avuto il piacere di seguirlo durante l’esperienza napoletana) un calcio fatto di possesso palla intelligente e verticalizzazioni rapide. Poi i primi segni di cedimento, dovuti paradossalmente a quel suo solito atteggiamento irreprensibile che ha fatto storcere il naso ai grandi campioni, uno su tutti Eden Hazard, mai in perfetta sintonia col tecnico toscano nonostante prestazioni di un altro livello, degne del suo genio calcistico. Singolare invece l’epilogo del non-rapporto con Gary Cahill, ex capitano, ora semplicemente ex del Chelsea, al quale ha concesso gli ultimi minuti dell’ultima partita di campionato contro il Watford per una standing ovation dell’Emirates sebbene soltanto qualche giorno prima il difensore dei Blues gli avesse riservato dichiarazioni al vetriolo, parlando di ingiustizie e mancanza di rispetto. Ma Maurizio Sarri d’altronde ha dimostrato di essere così anche in passato: un mix di orgoglio e integrità che talvolta sfocia in manifestazioni di passione e amore, talvolta invece in bordate velenose.

A Febbraio poi, nel momento peggiore della stagione, si era addirittura parlato di esonero, e di un possibile ritorno in Italia che ad oggi sembra lontano o che diversamente sarebbe senza dubbio giustificabile da una scelta personale e non della società. Sempre a Febbraio, la scelta di ripartire puntando sul suo pupillo Gonzalo Higuain, il quale però lo ripagherà in parte e a tratti con soli 5 reti realizzate alla fine dei conti. Ma ancora una volta il Comandante ha dimostrato di non volere né saper fare sconti a nessuno, relegando l’ex Juve e Napoli in panchina in favore di un Olivier Giroud molto più in palla per larghi tratti della stagione. Anche nel match di ieri contro il Francoforte, l’attaccante argentino è sceso in campo soltanto per i tempi supplementari senza, tra l’altro, lasciare alcun segno del suo passaggio.

Se sarà Europa League, primo trofeo per lui, lo deciderà solo il campo; ad aspettarlo ci sarà un Arsenal, boia del suo Napoli, il che forse rappresenterebbe uno stimolo ulteriore. I precedenti in campionato raccontano di un perfetto equilibrio, con una vittoria a testa ma le finali, si sa, sono tutt’altro specie se di fronte hai uno, Emery, che quella coppa l’ha già vinta ben tre volte. All’Olympic Stadium di Baku dunque l’ardua sentenza; per Maurizio Sarri invece, la piccola certezza di essere diventato un grande allenatore.

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