Nell’epoca della continua e raffazzonata ricerca di una (im)possibile anti-Juve l’unica squadra che si è realmente avvicinata a vestire i panni di reale antagonista in un campionato concluso ancora prima di iniziare è stato il Napoli di Maurizio Sarri.

Per il classico scherzo del destino, il Sarrismo tutto imbucate, cambi di gioco e verticalizzazioni rasoterra ha trovato il suo apice in un semplice calcio d’angolo.    L’ascesa di Koulibaly per inzuccare il calcio d’angolo di Callejon allo scoccare del 90esimo minuto allo Juventus Stadium dello scorso Aprile sembrava poter rappresentare la prima vera picconata all’incrollabile regno bianco-nero. Sembrava perché per l’appunto l’incrollabile regno si dimostrò tale solamente una settimana dopo quando la banda Sarri perse a Firenze, poche ore dopo la vittoria juventina a San Siro contro l’Inter.

Il Sarrismo – ora esportato nel regno di sua Maestà – nasce ad Empoli ma diventa come lo conosciamo attualmente a cavallo di due partite di fine e inizio stagione 2015. Due Napoli-Lazio che sarebbero potuti essere scritti da Nick Hornby per come si sono sviluppati e hanno successivamente orientato gli ultimi anni del calcio italiano.

31 maggio 2015, Stadio San Paolo – Napoli - Lazio

Napoli (4-2-3-1): Andujar, Maggio, Albiol, Koulibaly, Ghoulam, Inler (Gabbiadini), David Lopez, Mertens (Insigne), Hamsik, Callejon (Zapata), Higuain. All: Rafa Benitez.

Lazio (3-4-3): Marchetti, Mauricio, De Vrij, Gentiletti, Basta, Parolo, Cataldi (Onazi), Lulic, Candreva, Djordjevic (Klose), Felipe Anderson (Ledesma). All: Stefano Pioli.                

Esattamente come si ripeterà appena tre anni dopo, all’ultima giornata del campionato 2014/15 va in scena la gara decisiva per ottenere l’ultimo biglietto direzione Champions League.

Entrambe le squadre, secondo la più classica delle tradizioni calcistiche italiane, arrivano a fine stagione sull’orlo di una crisi di nervi.                                                 

La Lazio negli ultimi dieci giorni ha perso la finale di Coppa Italia ai supplementari con un gol di Matri nella sua seconda “non straordinaria" edizione bianconera ma soprattutto è crollata nel derby casalingo decisivo per chiudere il campionato davanti ai rivali cittadini ed evitare le forche caudine dei preliminari agostani di Champions, storicamente indigesti alle italiane. A segno per gli uomini di Garcia andranno Iturbe e Yanga-Mbiwa e questo non farà altro che aumentare lo psico-dramma nell’ambiente biancoceleste.

Il Napoli due settimane prima ha perso la semifinale di Europa League contro il non irresistibile Dnipro guidato da Nikola Kalinic, mentre in campionato nelle ultime tre partite contro Juventus, già campione d’Italia da metà Febbraio, e il duo emiliano Parma-Cesena, oramai retrocesse da oltre un mese, sono arrivati solamente quattro punti, il che costringerà i partenopei a dover obbligatoriamente vincere lo scontro diretto. A tutto questo bisogna aggiungere l’accordo ormai ufficiale tra l’allenatore Rafa Benitez e il Real Madrid, suo futuro club.

Da queste premesse non può che venire fuori una partita priva di alcun senso logico in cui il barometro emozionale cambia sponda non meno di cinque volte.

Parte fortissimo il Napoli che sfiora il vantaggio due volte con Higuain prima e Callejon dopo. La vecchia ineffabile legge del “gol sbagliato-gol subito” non tarda a manifestarsi e Parolo – Candreva regalano l’inatteso 0-2 Lazio che sembra poter chiudere partita e qualificazione Champions.

Ad inizio ripresa viene inserito Gabbiadini per Inler ma chi cambia realmente la gara è Parolo, probabilmente la miglior mente di tutti i 22 in campo. Per ribaltare anche questa certezza ci mette solamente sette minuti in cui regala ad Hamsik la palla con cui Higuain accorcia il risultato e si fa cacciare per una quantomeno ingenua doppia ammonizione con ancora mezz’ora da giocare.

Ad aggiungere tragedia alla tragedia ci pensa Felipe Anderson che incrina la sua meravigliosa stagione compiendo una follia tecnica facendosi mangiare, dopo 30 metri di corsa verso la propria porta, da Koulibaly il pallone che Mertens e Higuain trasformano nel classico antipasto di una rimonta ormai inevitabile.

In realtà di inevitabile non c’è niente se non i colpi di scena dietro ogni nuovo giro d’orologio che portano Ghoulam ad imitare Parolo e a farsi cacciare senza grande senso apparente.

Con il piano inclinato della partita che torna a sorpresa bianco-celeste, Maggio cade su un contatto in area con Lulic e Higuain, come gli ricapiterà in futuro, spara due metri sopra la traversa rigore, gloria e le ultime speranze Champions partenopee. A chiudere la pratica, ormai definitivamente indirizzata su sponda laziale, ci penseranno Onazi e Klose.

Felipe Anderson seduto in panchina in un pianto disperato da trenta minuti può finalmente togliersi il mondo di dosso. Pioli festeggia meritatamente il suo esordio in Champions mentre Benitez, come suo solito, rientra negli spogliatoi pulendosi gli occhiali e salutando per sempre l’universo napoletano pronto ad abbracciare il figlio prodigo smarrito in Toscana.

 

20 settembre 2015, Stadio San Paolo – Napoli - Lazio

Napoli (4-3-3): Reina, Hysaj, Albiol, Koulibaly, Ghoulam, Allan, Jorginho, Hamsik (David Lopez), Insigne (El Kaddouri), Higuain (Gabbiadini), Callejon. All: Maurizio Sarri.

Lazio (4-2-3-1): Marchetti, Basta, Mauricio, Hoedt, Radu, Parolo, Onazi, Lulic (Milinkovic-Savic), Mauri (Felipe Anderson), Keita, Matri (Djordjevic). All: Stefano Pioli.                 

Pur arrivando solamente alla quarta giornata di campionato, la sfida rischia di risultare già decisiva. L’inizio di stagione è stato per lo più zoppicante per entrambe e la facile gogna mediatica è ovviamente già pronta, solamente in attesa di capire su chi abbattersi.

Il nuovo Napoli di Sarri con il ritorno di Reina tra i pali e l’inserimento di Hysaj ed Allan fatica a decollare. Sconfitta all’esordio a Reggio Emilia, pareggio subito in rimonta in casa con la Sampdoria e ulteriore X ad Empoli. L’idea di ridimensionamento dopo il biennio passato sotto la guida del nuovo allenatore del Real Madrid balena tra giocatori e tifosi, in più di qualche mente azzurra.

Su sponda laziale le cose, se possibile, vanno ancora peggio. L’orologio si è fermato al gol di Onazi e da quel momento la sbornia collettiva si è trasformata in un brusco risveglio. La sconfitta in Supercoppa contro la Juve fa solo da antipasto a quella ancora più dolorosa a Leverkusen che determina la classica eliminazione italiana ai play-off di Champions. Sul mercato l’unica vera spesa è per un giovane talento serbo, neo campione del Mondo Under-20 in uscita dal Genk. Il colpo inizialmente passa alla ribalta più per le lacrime e il gran rifiuto di firmare con la Fiorentina a visite con lo staff medico viola già effettuate che per reali motivi tecnici perché al grande pubblico il nome di Sergej Milinkovic-Savic sarebbe ancora dovuto arrivare.

A differenza dell’episodio precedente il destino della partita ha un unico indirizzo ed è quello di Castelvolturno dove Maurizio da Napoli l’ha preparata come un uomo in missione. Due volte Higuain, Insigne, Allan e Gabbiadini firmano il 5-0 finale, il secondo consecutivo dopo quello al Bruges in Europa League.

La Lazio, anche a causa delle assenze di Biglia, De Vrij e Candreva si scioglie davanti alla mareggiata azzurra e torna a casa con il nono gol subito nelle prime due trasferte di campionato che saranno solamente il preludio di una stagione complicata segnata anche dall’avvicendamento sulla panchina, in cui a Stefano Pioli succederà come traghettatore pro tempore – perché confermato quasi subito – Simone Inzaghi, da cui nascerà la miglior squadra dell’era Lotito e una delle macchine di calcio più divertenti dell’intero panorama europeo.

A Napoli invece si festeggia a fine partita e si festeggerà per le notti, per le settimane e per i mesi avvenire per la creazione di un’opera entusiasmante, ammirata da tutti a cui però mancherà sempre quello che negli Stati Uniti viene definito il sigaro della vittoria, gustato una volta di più dalla Signora in bianconero.

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