Stemma dell’Atalanta: storia e significato del logo della squadra
Cosa c’è dietro la storia del logo e del simbolo che rappresenta l’Atalanta - la squadra di calcio che da oltre un secolo è la più importante di Bergamo? Scopriamolo insieme.
La storia e l’evoluzione della società di calcio di Bergamo è una delle più affascinanti e antiche del nostro calcio: l’Atalanta ci accompagna ormai da oltre un secolo, ma affonda le sue radici in una storia della fine del 1800, in una fusione e anche nell’evoluzione di un logo che da decenni continua a caratterizzare una squadra che nelle ultime stagioni ha iniziato a ritagliarsi uno spazio importante anche a livello europeo. Scopriamo insieme le origini e la storia del logo dell’Atalanta.
L’origine della squadra di Bergamo: la nascita da una “fusione"
L’Atalanta Bergamasca Calcio nasce, come moltissime società italiane ed estere, da una fusione tra più club: si tratta infatti dell’unione di Atalanta e Bergamasca - la prima fondata nel 1907 da un gruppo di liceali, mentre la seconda era già attiva dal 1877, come una delle società più antiche del nostro Paese. La differenza sostanziale consiste nell’impostazione e dai requisiti con cui nascono i due progetti: l’Atalanta infatti nasce come una squadra di calcio vera e propria, la Bergamasca come una polisportiva basata principalmente sulla scherma e solo nel 1913 apre la sezione dedicata al calcio - fondata con l’inglobamento del Football Club Bergamo (prima squadra della storia della città lombarda). È nel 1920 che le due società si fondono ufficialmente, dando vita all’Atalanta Bergamasca Calcio; non si tratta però di una vera e propria fusione: l’Atalanta subì un’evoluzione, mentre dalla Bergamasca si staccò semplicemente una “costola”: esiste infatti ancora oggi la Società Bergamasca, che però da allora si occupa solamente di ginnastica e scherma.
Le ragioni della scelta del nome: la dea Atalanta e i colori nerazzurri
Il nome della squadra orobica si rifà al personaggio di Atalanta, giovane eroina della mitologia greca - famosa per le sue doti nella caccia. Spesso si associa il soprannome di “La Dea” alla squadra bergamasca quando scende in campo ed i fluenti capelli al vento sono un’immagine appropriata, amata dai tifosi. Ma perché è fondamentale comprendere la storia di Dea?
Il mito racconta che il padre di Atalanta fosse alla riera spasmodica di un figlio maschio; la sua nascita fu dunque un evento non atteso e non voluto, tanto che venne abbandonata sul monte Pelio. Artemide, una delle divinità dell’Olimpo, decise di inviare un’orsa che le avrebbe fatto da madre, prima che dopo un po’ di anni venne ritrovata da un gruppo di cacciatori che decisero di allevarla. Tante furono le avventure in cui si imbatté nel corso della vita, tanto da riuscire a ferire per prima, nel corso di una battuta di caccia, il cinghiale di Calidone (altro essere presente nella mitologia greca).
Quest’impresa fece nascere nel padre un rimorso, che decise a quel punto di tornare sui suoi passi e di riconoscerla. Si mise di mezzo però un oracolo - come spesso accade nei miti greci - che aveva previsto che, una volta sposata, avrebbe perduto le sue abilità. Atalanta quindi promise di sposarsi solo con chi l’avesse battuta in una gara di corsa e per i partecipanti non sarebbe stata un’impresa semplice: la vittoria, e quindi la sposa, oppure la morte, in caso di sconfitta. Fu Melanione (o Ippomene), forte del suo amore, a volerla sfidare, ma prima chiese aiuto ad Afrodite. La dea trovò un semplice stratagemma: dare tre mele d’oro prese dal Giardino delle Esperidi e il giovane, durante la corsa, le avrebbe fatte cadere. Atalanta fu attratta dal prezioso dono, e ogni volta si fermò per raccoglierla, perdendo però il tempo necessario per vincere la corsa. Il finale però non è di quelli romantici, anzi: celebrato il matrimonio, i due però vennero severamente puniti da Afrodite, che li scoprì intenti in atteggiamenti amorosi in un tempio dedicato a Cibele. Per questo vennero così trasformati in leoni dato che i greci ritenevano che i leoni non si accoppiassero tra loro.
Atalanta: la storia e l’evoluzione del logo della squadra
La geometria dello stemma è stata modificata più volte nelle sue evoluzioni nel corso degli anni: non per forza seguendo una chiara linea di continuità, con l’attuale forma ovale che è stata ritenuta la più valida prima di tutto per ragioni estetiche. Il tondo centrale raffigurante la principessa è ripreso fedelmente dal disegno minimalista, efficace e iconico degli anni ’80. Entrando nel dettaglio, la linea stilistica sempre ripresa nella raffigurazione va ricercata nei capelli: in ogni stemma, infatti, il tentativo (sempre ben riuscito) è di immortalarli in movimento, cercando di fotografare Atalanta nella caratteristica che l’ha sempre contraddistinta, ovvero la velocità; il volto della Principessa (che in realtà Dea non è mai stata) va considerato come se fosse in corsa. Per questo motivo nello stemma attuale il volto è stato angolato leggermente all’insù, poiché correndo la testa tende naturalmente ad andare all’indietro.
Si potrebbe dire che è proprio il movimento a contraddistinguere il logo del club: nome e data di fondazione sono scritti seguendo una linea circolare, che li allontanano in parte dall’essere fermi e “incrostati” che è propria degli stemmi classici. Anche la diagonale che divide il simbolo garantisce questo senso di velocità, in uno stemma che resta geometricamente anarchico: l’efficienza del design sta però proprio nell’equilibrio stilistico dell’effetto finale, dove con grande cura sono stati uniti cerchi, diagonali, ovali e angolazioni differenti.
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