Dopo una stagione 2022 costellata di infortuni e di ben quattro ritiri tra cui Roma e il Roland Garros, Jannik Sinner avrebbe sicuramente preferito un inizio d’anno un po’ più tranquillo. Infatti già nel primo torneo della stagione, ad Adelaide, l’altoatesino è incappato in un inconveniente fisico che gli ha impedito di difendere le sue chance nel quarto di finale contro Sebastian Korda – influenzando le scommesse online* -  e lo ha costretto a sottoporsi a una serie di test di accertamento prima di iniziare il conto alla rovescia per il primo Slam stagionale, l’Australian Open.

Fortunatamente il problema si è risolto piuttosto rapidamente e Sinner sarà come previsto ai nastri di partenza dell’importante torneo australiano. Proprio nell’immediata vigilia dell’appuntamento di Melbourne abbiamo contattato Simone Vagnozzi, l’allenatore di Sinner, con il quale abbiamo scambiato due parole sul recente passato e sulle aspettative per la stagione appena iniziata.

Prima di tutto: come sta Jannik Sinner in vista dell’Australian Open 2023? Il problema all’anca accusato al torneo di Adelaide dà ancora fastidio?

Dopo l’infortunio di Adelaide e la successiva risonanza magnetica che ha escluso problemi seri ci siamo presi alcuni giorni di pausa e abbiamo ripreso ad allenarci da martedì. Per precauzione si è deciso di non partecipare all’esibizione di Kooyong, ma non dovrebbero esserci altri problemi per cui dovrebbe essere tutto regolare.

Il 2022 è stato costellato da infortuni: questa stagione può essere diversa sotto questo punto di vista? È cambiato qualcosa in termini di preparazione durante la breve off-season?

Così come gli infortuni dello scorso anno, anche quello di Adelaide si è trattato di un incidente molto difficile da prevenire. Lui nella scivolata per andare a recuperare la palla successiva ha subito un contraccolpo sull’anca, ed è una di quelle cose che sono molto complicate da prevedere ed evitare. 

Lo scorso anno ci sono stati tanti episodi che però sono stati tutti abbastanza diversi. La [distorsione alla] caviglia di Sofia è una cosa che purtroppo può succedere in tutti gli sport; le vesciche [a Miami] si sono verificate quando avevamo appena cominciato a lavorare insieme, e quindi dovevamo anche conoscere un po’ il ragazzo, ma possiamo dire che questo problema è stato risolto. Quindi si può dire che c’è stato anche un po’ di sfortuna.

Certamente nessuno voleva iniziare l’anno così, ma il cambiamento nella preparazione è iniziato dallo scorso anno. La primavera scorsa, prima di Montecarlo, abbiamo iniziato a collaborare con Juventus Medical che si occupa di tutti i test per noi, e rispetto a quel primo check-up Jannik oggi ha tre chili di muscoli in più, e questo miglioramento è volto a fornirgli una struttura fisica che lo protegga un po’ di più. È verosimile pensare che questo sviluppo del fisico abbia fatto sì che l’infortunio patito ad Adelaide non sia stato così grave. D’altra parte lui è un giocatore molto rapido in campo, ha leve molto lunghe, quindi questi incidenti possono capitare in campo: l’intenzione è quella di strutturarlo in modo tale che il suo fisico possa sopportare meglio queste situazioni.

L’Australian Open 2023 rappresenta un bel trampolino di lancio in questa stagione. L’anno scorso Jannik raggiunse i quarti di finale, un bel traguardo. Possiamo aspettarci qualcosa di meglio? Qual è l’obiettivo finale agli AO2023?

All’inizio della stagione ci siamo dati come obiettivo quello di arrivare alle Nitto ATP Finals, quindi per raggiungere quell’obiettivo bisogna fare bene nei tornei importanti. Non ci siamo dati un traguardo specifico per questo Australian Open, ma ovviamente vogliamo andare avanti il più possibile. 

Dopo l’incredibile cammino allo US Open 2022, credi che Jannik sia pronto per vincere uno Slam in questa stagione? Quale tra quelli in programma può essere considerato il più adatto per lui, considerando che a Wimbledon – nel 2022 – ha fatto qualcosa di straordinario sull’erba per la prima volta?

Già l’anno scorso poteva essere l’anno buono per vincere un grande torneo, più volte ci è andato vicino. È stato due set a zero contro Djokovic ai quarti di Wimbledon, è arrivato a match point contro Alcaraz ai quarti dello US Open, a Parigi senza il problema al ginocchio [che lo ha costretto al ritiro] poteva far bene. 

In tutti i tornei a cui partecipiamo si può fare un buon risultato, anche perché Jannik ha la fortuna di esprimersi bene su tutte le superfici. Anche sull’erba, dove è arrivato senza aver mai vinto una partita prima, è riuscito a esprimersi al meglio, per cui non credo ci sia un torneo in cui abbia più chance di fare meglio degli altri, credo che possa fare bene in tutti gli Slam. 

Nel finale della scorsa annata, Jannik ha dovuto dare forfait alla Coppa Davis e sfiorato le ATP Finals 2022. Pensi che in questa stagione potrà essere stabilmente all’interno della top-10?

Ovviamente se l’obiettivo finale è quello di arrivare alle Finals di Torino bisogna finire nei primi otto, e per raggiungerlo abbiamo deciso di giocare qualche torneo in più proprio per guadagnare più punti per la classifica. Lo scorso anno Jannik ha giocato pochi tornei e in alcuni di quelli magari ha anche avuto un po’ di sfortuna, per cui quest’anno puntiamo decisamente a salire nel ranking. 

La sua rivalità con Carlos Alcaraz è solo all’inizio, ma sembra già essere una di quelle che potrebbe durare a lungo. Pensi che li vedremo duellare a lungo sul circuito ATP? Sono amici fuori dal campo?

Credo che sarà una delle rivalità del futuro, perché ci sono diversi giocatori giovani che stanno crescendo bene. Ovviamente ogni volta che i due si incontrano ci sono degli aggiustamenti, perché naturalmente i due si studiano e imparano dai loro match. Alcaraz ha avuto degli accorgimenti particolari allo US Open, a Wimbledon invece Jannik era entrato in campo con un piano tattico ben chiaro, e questa cosa naturalmente è stata studiata per cercare di portare soluzioni diverse e far male all’avversario. Loro mi sembrano due ragazzi molto “sul pezzo”, molto educati, c’è grande rispetto reciproco, e quando si incontrano di solito escono delle belle partite. 

Con Darren Cahill formate un coaching staff di alto livello: che cosa ha portato in più al team e come si completano le vostre figure? Qual è il vostro rapporto?

Sono stato molto fortunato a conoscere Darren perché prima di tutto è una bravissima persona. Il lavoro viene gestito in comune, parliamo di tutto, di tecnica, di tattica, della parte mentale, della programmazione. Prima di andare da Jannik ci mettiamo d’accordo e poi facciamo le nostre proposte. Come in ogni rapporto bisogna trovare l’equilibrio giusto, e mi sembra che siamo riusciti a raggiungere una bella simbiosi, quindi sono molto contento da questo punto di vista. 

D’altra parte Darren è talmente una brava persona che è molto difficile non andare d’accordo con lui. 

Com’è il tuo rapporto con Jannik Sinner fuori dal terreno di gioco? Come passate il tempo insieme al di fuori del contesto lavorativo?

Ogni tanto con il team giochiamo a carte, un gioco francese che è stato introdotto nel gruppo dal fisioterapista [Jérôme Bianchi] che è simile a una “scala 40” un po’ rivisitata. Poi guardiamo il calcio insieme, durante la preparazione ad Alicante siamo andati per tre volte a correre con i go kart, quindi niente di particolare. L’ambiente è molto tranquillo, c’è un ottimo clima nel team, e davvero non si potrebbe chiedere di meglio.

Quanto ci tiene Jannik a partecipare alla Coppa Davis?

Jannik ci tiene molto a giocare per la nazionale. Ci è rimasto male per non poter essere andato a Malaga per le finali, anche perché lui era andato a Bratislava [a febbraio] in un periodo comunque complicato della stagione, perché arrivava dal COVID e aveva appena cambiato team, e in ogni modo si è messo a disposizione; e poi era andato anche a Bologna [a settembre] dopo la grande delusione dello US Open e della sconfitta con Alcaraz.

Noi come team dobbiamo anche salvaguardarlo, e purtroppo a Parigi Bercy, poco prima delle finali di Davis, c’è stato quel problema alla mano e non sarebbe arrivato pronto per l’appuntamento, quindi abbiamo dovuto rinunciare. 

Anche quest’anno, se sarà in grado e potrà arrivare in forma, la Davis sarà uno degli obiettivi per i quali Jannik vorrà giocare. 

Con Lorenzo Musetti in crescita e Matteo Berrettini come capitano della squadra azzurra, la nazionale italiana può puntare al titolo di Coppa Davis 2023?

Certamente. L’Italia avrebbe potuto vincere anche già quest’anno, la squadra è importante, i giocatori della nazionale sono tutti di prima fascia: Matteo [Berrettini], Lorenzo [Musetti], Sonego e anche Jannik sono tutti giocatori che con questa formula di due singolari e un doppio possono far vincere la Coppa Davis all’Italia. Poi bisogna anche considerare che le Finali di Davis si svolgono in un periodo del calendario abbastanza particolare, perché giunge a fine anno con i giocatori tutti un po’ cotti. Penso che l’Italia quest’anno abbia avuto la sfortuna di trovare il Canada con un Auger-Aliassime che veniva dalle Finals, quindi bello allenato, mentre i giocatori italiani sono arrivati tutti in condizione non ottimale.

Nel primo torneo dell’anno ad Adelaide Jannik ha partecipato anche al torneo di doppio in coppia con Sonego. Che ruolo avrà il doppio nella programmazione di Sinner in questa stagione?

Quest’anno, quando potremo, faremo giocare qualche partita in più in doppio a Jannik. Il doppio ha due funzioni: innanzitutto solitamente consente di giocare una partita di rodaggio prima dell’esordio in singolo, anche se ad Adelaide non è stato così, e poi si può usare il doppio per migliorare in alcuni aspetti del gioco come servizio, risposta e anche la volée, anche se in doppio si tratta di un modo diverso di giocare al volo rispetto a quanto accade in singolo. 

Sicuramente giocheremo in doppio anche a Indian Wells, dove probabilmente si giocherà il primo match di doppio prima di quello di singolo, anche se non sappiamo ancora in coppia con chi.

Djokovic, Nadal, Federer… da quali di queste grandi leggende Jannik ha ricevuto più consigli in questi anni? O ci sono altri giocatori ‘esperti’ che hanno aiutato Sinner ad ambientarsi nei suoi primi anni di professionismo? E, secondo te, a quale di questi giocatori potrebbe ispirarsi di più per il suo stile di gioco? 

Dal punto di vista tennistico è certamente Djokovic il giocatore da cui Jannik può imparare di più, considerando il tipo di gioco. Tuttavia non è solamente una questione tecnica: stare in campo con campioni di questo calibro, soprattutto per un ragazzino molto giovane, soprattutto per uno come Jannik che è una “spugna” e assorbe tutto ciò che vede, può soltanto far bene, da tutti i punti di vista.

Dopo l’Australian Open cosa prevede la programmazione di Sinner nei primi mesi della stagione?

Jannik è iscritto a Montpellier, Rotterdam e Marsiglia, quindi si giocherà la stagione indoor europea al rientro dall’Australia. Poi ci saranno Indian Wells e Miami [negli USA] e sulla terra rientrerà a Montecarlo, per poi giocare Madrid, Roma e Parigi. Vedremo se si riuscirà a giocare anche qualche altro torneo, sebbene quest’anno con il cambiamento del formato dei tornei [di Madrid e Roma, che dureranno due settimane anziché una n.d.r.] è difficile programmare in anticipo.

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