È stata una delle innovazioni tecnologiche che più di tutte ha segnato il mondo sportivo, in particolar modo quello del tennis. L’occhio di falco ha visto la luce per la prima volta nel 2001 quando, in Inghilterra, un gruppo di ingegneri della Roke Manor Research Limited della città di Romsey, diedero vita ad uno dei sistemi di moviola più innovativi del settore.

Noi de L’Insider abbiamo voluto scavare negli archivi della ricerca e degli studi che hanno favorito lo sviluppo dell’Occhio di Falco, o in inglese Hawk-Eye, che negli anni ha sconvolto non solo le gare di tennis ma inevitabilmente anche tutte le scommesse tennis*, il cui esito è stato deciso da una “palla dentro/palla fuori”.

Cosa è l’Occhio di Falco e come funziona

Come anticipato, l’Occhio di Falco è un sistema di moviola innovativo che a partire dagli anni 2000 ha fatto breccia nel mondo dello sport. A dirla tutta, inizialmente il sistema era stato progettato solamente ai fini televisivi, come pura moviola in campo. Uno strumento utile forse più a sollevare critiche post-match piuttosto che assistere le decisioni arbitrali durante i singoli match.

Da un punto di vista prettamente tecnico invece è importante capire come funziona l’Occhio di Falco. Quest’ultimo si basa sul principio denominato “triangolazione” che, come facilmente intuibile dal nome, è una tecnica di misurazione della distanza di diversi punti, attraverso le proprietà dei triangoli.

Il tutto prevede la disposizione di almeno quattro telecamere, ma negli ultimi anni si arriva anche fino alle dieci, che vengono posizionate in diverse aree del campo da gioco, principalmente in alto per avere visione completa del “tennis court”.

Le telecamere moderne riescono a scattare ad una velocità fino ai 150 fps, il che vuol dire produrre un massimo di 1500 immagini circa. Questi frame, incrociati con gli scatti di tutte le altre telecamere da prospettiva diversa, consentono così di riprodurre in video una proiezione della traiettoria della pallina, riuscendo quindi a decretare in maniera sistematica e, rasente la perfezione, la posizione della palla nel momento in cui impatta il suolo. Ovviamente abbiamo parlato di “rasentare” la perfezione, perché come tutte le macchine e i sistemi tecnologici che basano tutto sulla precisione millimetrica, c’è sempre un margine di errore.

Secondo uno studio riportato da focus nel 2014, l’Occhio di Falco può sbagliare dai 2 ai 4 millimetri nell’individuare la posizione della pallina. Poco male se consideriamo che la statistica riportata sempre dalla stessa rivista affermava che gli arbitri o giudici di linea, vengono corretti 30 volte su 100 nelle loro decisioni. C’è da dire tuttavia che studi recenti hanno sottolineato comunque la maggior precisione dell’occhio umano, in assenza di distrazioni e con la concentrazione al massimo, il che sappiamo non essere una circostanza facile da creare soprattutto ad alti livelli dopo pressione e stress la fanno da padroni.

 

L'evoluzione con l'arrivo dell'Occhio di Falco Live

Proprio quest’ultima statistica è stata centrale nell’evoluzione dell’Occhio di Falco che negli anni è dunque passato come detto dall’essere un sistema di moviola ai fini giornalistici al diventare un tool specifico e mirato per garantire la corretta assegnazione dei punti di gioco.

Uno dei momenti chiave in questo senso fu un quarto di finale degli US Open del 2004 quando in campo si sfidarono la stella del tennis femminile, Serena Williams, e Jennifer Capriati. In quell’occasione la giudice di sedia, tale Mariana Alves, prese una serie di decisioni a sfavore della Williams, la quale non esitò a contestarle anche apertamente.

Solo a fine match, vinto proprio dalla Capriati per 2 set a 1, le immagini della moviola televisiva, raccolte grazie al sistema dell’Hawk-Eye misero in evidenza gli errori arbitrali. Per questo motivo l’anno successivo, nel 2005, l’ITF testò tutto il sistema a livello professionistico misurando la sua precisione su circa 80 tipologie di tiri diversi.

I risultati resero soddisfatti i piani alti del tennis che così nel 2006 ufficializzarono l’introduzione dell’Occhio di Falco a chiamata per i tennisti, limitandolo a sole due volte per set.

Nel 2007 fu la svolta anche per il torneo più prestigioso in assoluto del tennis, Wimbledon, e come tale non era difficile aspettarsi anche le prime critiche volte alla tecnologia. L’occasione fu una delle finali epiche tra Roger Federer e Rafa Nadal, nel corso delle quali lo spagnolo fece una chiamata su una palla inizialmente decretata fuori che poi si rivelò dentro, almeno secondo l’Occhio di Falco, di pochissimi millimetri.

Il re del tennis svizzero al termine del match provò così a far tornare indietro sui suoi passi la federazione, che però ovviamente restò ferma sulle proprie convinzioni.

L’evoluzione dell’Hawk-Eye è poi proseguita fino ai giorni nostri ed in particolare l’edizione di quest’anno dell’Australian Open regala una “chicca” a livello tecnologico senza precedenti: per tutto l’arco della competizione non ci saranno più giudici di linea, che verranno così completamente sostituiti dall’Occhio di Falco.

 

Occhio di falco: costi e vantaggi

Quest’ultima introduzione, sperimentata già durante le Next Gen Finals di Milano, porta alla ribalta un altro tema fondamentale, quello relativo ai costi del sistema ed inevitabilmente ai vantaggi sia in termini economici che di gioco, per gli atleti stessi.

Il primo dato che salta all’occhio è il costo dell’Hawk-Eye che ricordiamo, è un sistema tecnologico che può essere comprato dagli organizer dei tornei o anche semplicemente noleggiato, il che lo rende già accessibile nelle sue diverse forme e soluzioni. Parlando però di cifre concrete, si è stimato che inizialmente l’Occhio di Falco costasse fino a 100mila euro, scendendo poi nei giorni nostri intorno ai 10mila.

Questo dato pur potendo sembrare piuttosto importante va comunque confrontato con il costo medio di un giudice di linea, che si aggira intorno ai 40€ volendo indicare una cifra forfettaria. Il punto chiave in questo caso è che i giudici di linea, a differenza della tecnologia che è unica, variano nel numero arrivando nelle competizioni più importanti anche fino al centinaio.

C’è poi una componente psicologica da non sottovalutare che segna un importante punto a favore dell’Occhio di Falco: una chiamata frutto di decisione tecnologica annulla sostanzialmente la sensazione di esser sfavoriti, alleggerendo così la tensione mentale sia per i tennisti che per il giudice di linea che in questo modo non sentirà più la pressione di effettuare una chiamata decisiva.

Insomma, questo il sistema dell’Occhio di Falco sembra aver segnato in modo marcato il futuro del tennis e non a caso sono molteplici gli studi che stanno portando all’utilizzo di tecnologie simile, ancor più precise e innovative.

Noi de L’Insider per ora ci limiteremo a gustarci lo spettacolo del tennis e in particolare l’attuale edizione degli Australian Open!

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