“Paolo Banchero è stato rimosso dal gruppo”: potrebbe iniziare così questo approfondimento, tenendo conto della scelta fatta in estate dal giocatore di passaporto italiano (ma mai stato nel nostro Paese, prima dello scorso giugno), passato dall’essere prima scelta assoluta al Draft NBA 2022 a giocatore simbolo della spedizione del Team USA ai Mondiali - concluso senza medaglia nella competizione asiatica, come ben sanno gli appassionati di scommesse basket*. La speranza di tanti tifosi è stata per mesi quella che di fargli vestire la maglia azzurra, ma Banchero alla fine ha deciso di legarsi alla nazionale statunitense - venendo meno tra le altre cose al potenziale inserimento nella lista dei giocatori italiani che hanno calcato un parquet NBA. Una storia lunghissima, che affonda le sue radici negli anni ’90 e che proviamo a ripercorrere insieme.

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Vincenzo Esposito e Stefano Rusconi: i primi italiani “a farcela” 

25 maggio 1995: Vincenzo Esposito dopo una lunga trattativa mai giunta a conclusione con i Cleveland Cavaliers firma per i Toronto Raptors, una delle nuove realtà della pallacanestro NBA e giocatore in grado di apporre il suo nome su un contratto NBA poche settimane prima di Stefano Rusconi (che invece si accasa con i Phoenix Suns). Il casertano fa il suo esordio contro Houston: 15 novembre 1995, un libero a bersaglio e un punto che entra nella storia del basket italiano, nonostante Rusconi lo avesse anticipato di 72 ore nel bagnare uno storico esordio. I dati e le cifre di quelle due esperienze però raccontano bene quanto fosse marginale a livello NBA la possibilità di incidere: per Rusconi si parla di 7 presenze con 30 minuti totali trascorsi sul parquet e 8 punti segnati in carriera. Con Esposito le cose vanno leggermente meglio, ma non di tanto: 30 partite in carriera in NBA (sempre una sola stagione), 116 punti segnati (meno di 4 a gara) e un picco da 18 punti al Madison Square Garden che resterà sempre una serata speciale per lui. Altra componente di cui tenere conto, i guadagni: 415.000 dollari per Rusconi, 500.000 per Esposito (che non passò dal Draft d’espansione Raptors, portando a casa qualcosa in più). Cifre ben lontane da quelle che incasseranno successivamente i loro “eredi”. 

Andrea Bargnani: prima scelta assoluta al Draft che cambia la Storia 

A cambiare profondamente l’idea di poter raggiungere un giorno un posto in NBA ci ha pensato Andrea Bargnani - giovane talento dell’allora Benetton Treviso che nel 2006 viene selezionato come prima scelta assoluta al Draft dai Toronto Raptors: dopo 10 anni di lontananza dai parquet americani, non solo un italiano torna all’interno di un roster ma lo fa da protagonista assoluto. Bargnani a quel punto carica sulle sue spalle oneri e onori di una scelta che in 10 anni lo porta a vestire la maglia dei Raptors, dei Knicks e dei Nets. Gli infortuni e non solo però cambiano ancora una volta lo scenario: la carriera NBA del talento romano si chiude a 30 anni, dopo aver raccolto soddisfazioni e guadagni ben diversi da chi lo aveva preceduto. Bargnani infatti gioca (soltanto in regular season) 550 gare NBA, mettendo a referto 7873 punti: un rendimento che, unito alle grandi aspettative sul suo conto, lo portano a incassare ben 73.2 milioni di dollari complessivamente in carriera. Un’evoluzione enorme anche sotto quel punto di vista.

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Danilo Gallinari e Marco Belinelli, gli italiani più americani che ci siano 

Le due storie che ad oggi raccontano meglio quanto si può fare di buono in NBA e quali soddisfazioni si possa raggiungere sono certamente quella di Danilo Gallinari e Marco Belinelli - i volti del basket italiano più riconoscibili dell’ultimo decennio. Entrambi passati dal Draft, hanno saputo con modi e tempi diversi ritagliarsi il loro spazio in campo in NBA e costruire una loro credibilità cestistica. Il risultato è strabiliante, per impatto, resa e anche per traguardi raggiunti (soprattutto nel caso di Belinelli). Basta guardare al numero di presenze, di punti segnati e di dollari portati a casa - dati che non tengono conto delle partecipazioni playoff, della gara del tiro da tre punti vinta e anche del titolo NBA che Marco Belinelli è riuscito a vincere con i San Antonio Spurs. Il conto totale però resta importante lo stesso: per Gallinari sono 728 partite in NBA, 11.327 punti (entrambe in aggiornamento, nonostante l’infortunio al ginocchio subito prima dell’inizia della stagione con i Celtics) e soprattutto quasi 195 milioni di dollari incassati in 14 annate; per Belinelli invece 860 partite, 8.370 punti (sempre guardando solo alla regular season) e ben 49 milioni di dollari portati a casa.

media Gigi Datome e Nicolò Melli, il Draft non è l’unica cosa che conta 

Ci sono state anche delle esperienze diverse, di chi la NBA se l’è presa grazie alle super prestazioni in Europa e non attraverso il Draft: è il destino che ha accomunato Gigi Datome e Nicolò Melli, entrambi finiti per due anni in NBA - entusiasti dell’esperienza, ma costretti a vestire i panni dei comprimari. Per Datome la NBA ha significato due stagioni complicate, due squadre e soli 55 spezzoni di gara concessi (i minuti sono 447, per intenderci) con 188 punti. Un viaggio di passaggio o poco più anche per Nicolò Melli, che ha comunque doppiato le cifre del suo compagno di squadra: 105 partite e ben 529 punti. Qualcosina però sono riusciti entrambi a portarla a casa: 8 milioni di dollari Melli, 3.5 milioni Datome. 

È eloquente come queste parabole al momento possano essere da esempio e ispirare chi in NBA vuole fare la differenza nel futuro prossimo: a partire da un Simone Fontecchio che è diventato il volto simbolo della pallacanestro italiana nelle ultime due stagioni e che - insieme al già citato Danilo Gallinari - è l’unico azzurro ai nastri di partenza di una stagione che si preannuncia già come decisiva per l’abruzzese (ci spiace per Banchero, ma ormai è fuori dai giochi). Fontecchio va a caccia di conferme prima di tutto contrattuali: riuscirà a dimostrare al mondo NBA di valere un’offerta aggiuntiva, di meritare la riconferma ai Jazz o in generale un posto in squadra in una franchigia della lega? Staremo a vedere, mentre Gabriele Procida e Matteo Spagnolo - che sono finiti da tempo nei radar NBA, tanto da essere chiamati al Draft - proseguiranno la loro crescita in Europa in attesa di capire quando arriverà il loro momento. Qualche anno ancora, forse anche solo pochi mesi per capire come dare linfa al loro talento e lasciargli così l’occasione di farli sbocciare e di “godere” anche dei benefici conquistati grazie a chi è venuto prima e ha spianato la strada.

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