Paolo Banchero, Gabriele Procita e Matteo Spagnolo sono soltanto gli ultimi talenti italiani (o con il passaporto del nostro Paese) selezionati al Draft NBA che hanno rilanciato la consapevolezza di un movimento che ormai da anni si sta abituando all’idea che “qualcuno di noi” possa giocare anche in NBA. Non ha sorpreso gli appassionati di scommesse basket* che Simone Fontecchio abbia preso la strada che conduce a Salt Lake City e anche lui è pronto a dire la sua in campo con la maglia degli Utah Jazz. Tutto parte però da molto lontano, dai tempi in cui era difficile anche solo immaginare di essere scelti, di scendere in campo e anche di segnare un punto. Quanto sono cambiate le cose a livello di impatto sul parquet e di guadagni per i talenti italiani in NBA: scopriamo insieme come si sono evoluti nel corso degli ultimi 30 anni.

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Vincenzo Esposito e Stefano Rusconi: i primi italiani “a farcela”

25 maggio 1995: Vincenzo Esposito dopo una lunga trattativa mai giunta a conclusione con i Cleveland Cavaliers firma per i Toronto Raptors, una delle nuove realtà della pallacanestro NBA e giocatore in grado di apporre il suo nome su un contratto NBA poche settimane prima di Stefano Rusconi (che invece si accasa con i Phoenix Suns). Il casertano fa il suo esordio contro Houston: 15 novembre 1995, un libero a bersaglio e un punto che entra nella storia del basket italiano, nonostante Rusconi lo avesse anticipato di 72 ore nel bagnare uno storico esordio. I dati e le cifre di quelle due esperienze però raccontano bene quanto fosse marginale a livello NBA la possibilità di incidere: per Rusconi si parla di 7 presenze con 30 minuti totali trascorsi sul parquet e 8 punti segnati in carriera. Con Esposito le cose vanno leggermente meglio, ma non di tanto: 30 partite in carriera in NBA (sempre una sola stagione), 116 punti segnati (meno di 4 a gara) e un picco da 18 punti al Madison Square Garden che resterà sempre una serata speciale per lui. Altra componente di cui tenere conto, i guadagni: 415.000 dollari per Rusconi, 500.000 per Esposito (che non passò dal Draft d’espansione Raptors, portando a casa qualcosa in più). Cifre ben lontane da quelle che incasseranno successivamente i loro “eredi”.

Andrea Bargnani: prima scelta assoluta al Draft che cambia la Storia

A cambiare profondamente l’idea di poter raggiungere un giorno un posto in NBA ci ha pensato Andrea Bargnani - giovane talento dell’allora Benetton Treviso che nel 2006 viene selezionato come prima scelta assoluta al Draft dai Toronto Raptors: dopo 10 anni di lontananza dai parquet americani, non solo un italiano torna all’interno di un roster ma lo fa da protagonista assoluto. Bargnani a quel punto carica sulle sue spalle oneri e onori di una scelta che in 10 anni lo porta a vestire la maglia dei Raptors, dei Knicks e dei Nets. Gli infortuni e non solo però cambiano ancora una volta lo scenario: la carriera NBA del talento romano si chiude a 30 anni, dopo aver raccolto soddisfazioni e guadagni ben diversi da chi lo aveva preceduto. Bargnani infatti gioca (soltanto in regular season) 550 gare NBA, mettendo a referto 7873 punti: un rendimento che, unito alle grandi aspettative sul suo conto, lo portano a incassare ben 73.2 milioni di dollari complessivamente in carriera. Un’evoluzione enorme anche sotto quel punto di vista.

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Danilo Gallinari e Marco Belinelli, gli italiani più americani che ci siano

Le due storie che ad oggi raccontano meglio quanto si può fare di buono in NBA e quali soddisfazioni si possa raggiungere sono certamente quella di Danilo Gallinari e Marco Belinelli - i volti del basket italiano più riconoscibili dell’ultimo decennio. Entrambi passati dal Draft, hanno saputo con modi e tempi diversi ritagliarsi il loro spazio in campo in NBA e costruire una loro credibilità cestistica. Il risultato è strabiliante, per impatto, resa e anche per traguardi raggiunti (soprattutto nel caso di Belinelli). Basta guardare al numero di presenze, di punti segnati e di dollari portati a casa - dati che non tengono conto delle partecipazioni playoff, della gara del tiro da tre punti vinta e anche del titolo NBA che Marco Belinelli è riuscito a vincere con i San Antonio Spurs. Il conto totale però resta importante lo stesso: per Gallinari sono 728 partite in NBA, 11.327 punti (entrambe in aggiornamento, nonostante l’infortunio al ginocchio subito prima dell’inizia della stagione con i Celtics) e soprattutto quasi 195 milioni di dollari incassati in 14 annate; per Belinelli invece 860 partite, 8.370 punti (sempre guardando solo alla regular season) e ben 49 milioni di dollari portati a casa.

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Gigi Datome e Nicolò Melli, il Draft non è l’unica cosa che conta

Ci sono state anche delle esperienze diverse, di chi la NBA se l’è presa grazie alle super prestazioni in Europa e non attraverso il Draft: è il destino che ha accomunato Gigi Datome e Nicolò Melli, entrambi finiti per due anni in NBA - entusiasti dell’esperienza, ma costretti a vestire i panni dei comprimari. Per Datome la NBA ha significato due stagioni complicate, due squadre e soli 55 spezzoni di gara concessi (i minuti sono 447, per intenderci) con 188 punti. Un viaggio di passaggio o poco più anche per Nicolò Melli, che ha comunque doppiato le cifre del suo compagno di squadra: 105 partite e ben 529 punti. Qualcosina però sono riusciti entrambi a portarla a casa: 8 milioni di dollari Melli, 3.5 milioni Datome.

È eloquente come queste parabole al momento possano essere da esempio e ispirare chi in NBA vuole fare la differenza nel futuro prossimo: da Paolo Banchero che arriva nella lega da prima scelta assoluta (e parte ad esempio con un contratto già oggi di 50 milioni di dollari in quattro anni, senza aver ancora mai giocato una singola gara da professionista), a Simone Fontecchio che invece si è fatto le ossa in Europa, ha firmato un biennale da poco più di 6 milioni di dollari e sa che lottando con le unghie e con i denti può arrivare a prendersi ben altro. Non solo: anche Gabriele Procida e Matteo Spagnolo sono finiti nei radar NBA, tanto da essere chiamati al Draft e finiti sotto la lente d’osservazione USA mentre la loro crescita prosegue in Europa. Qualche anno ancora, forse anche solo pochi mesi per capire come annaffiare definitivamente il loro talento e lasciargli così l’occasione di farli sbocciare e di “godere” anche dei benefici conquistati grazie a chi è venuto prima e ha spianato la strada.

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