A tu per tu con Simone Tartarini, coach di Musetti: “Vale già i primi 7-8 del mondo"
In vista del torneo di Wimbledon 2023, il suo allenatore Simone Tartarini ci ha concesso una lunga intervista sul presente e futuro del tennista toscano.
All’inizio di questo 2023 Lorenzo Musetti aveva iniziato la stagione con aspettative piuttosto ambiziose: dopo la splendida vittoria all’ATP 500 di Amburgo - in barba alle scommesse online* - battendo in finale Carlos Alcaraz nel luglio 2022 era ormai un membro fisso del club dei Top 30, e l’obiettivo era quello di continuare la scalata al ranking per andare a raggiungere Berrettini e Sinner vicino ai primi 10.
Poi però, dopo un inizio incoraggiante alla United Cup che gli era valso l’ingresso nei primi 20 a metà gennaio, i primi mesi sul circuito si erano trasformati in un incubo: sconfitta al primo turno all’Australian Open, una catastrofica tournée sudamericana con solo una vittoria e tre sconfitte, cui aveva fatto seguito un simile ruolino di marcia tra Indian Wells, Miami e Marrakech.
Tuttavia il lavoro e la perseveranza alla fine hanno pagato, e durante i più importanti tornei sulla terra battuta Musetti è riuscito a raccogliere quarti di finale a Montecarlo, semifinale a Barcellona, per poi finire con due ottavi di finale a Roma e al Roland Garros che hanno consolidato la sua posizione all’interno della Top 20, nonostante una sconfitta senza appello nell’ultimo incontro al cospetto della testa di serie n. 1 Carlos Alcaraz.
Prima dell’inizio della breve parentesi erbivora che conduce ai Championships di Wimbledon abbiamo parlato con Simone Tartarini, coach di Lorenzo Musetti, con il quale abbiamo parlato della parte di stagione appena trascorsa e delle prospettive per l’immediato futuro di Lorenzo, dei giocatori italiani e del tennis in generale.
Qual è la tua valutazione della prestazione di Lorenzo durante l’ultimo Roland Garros e, in particolare, dell’ultima partita contro Alcaraz?
"Tutto il lavoro che avevamo fatto nel corso dell’anno e che non si era visto nella prima parte di stagione è iniziato a venir fuori durante i tornei sulla terra. Già a Roma si erano visti dei buoni segnali e Parigi è una conseguenza di questo progresso.
Poi al Roland Garros lui è arrivato trovando delle buone sensazioni: le condizioni a lui piacevano, e purtroppo Lorenzo è ancora un giocatore che deve avere delle buone sensazioni per giocare bene. Dico purtroppo perché se vuole raggiungere gli obiettivi che si è prefissato deve essere in grado di portare a casa le partite anche quando le sensazioni non sono buone, e questo per il momento non riesce a farlo.
In ogni modo a Parigi quest’anno le condizioni erano insolitamente lente, la terra era lenta, le palle erano lente, e a lui piaceva molto questa situazione. È stato molto bravo nel primo incontro [contro Mikael Ymer n.d.r.] perché il giorno prima è stato male, veramente male, era addirittura in dubbio che potesse scendere in campo. Si è alzato vomitando, è rimasto tutto il giorno a letto senza mangiare nulla, il giorno dopo stava un po’ meglio, ma già faticava durante il warm-up, per cui è stato molto bravo a vincere la partita con Ymer.
Da lì è andato in crescendo, era molto attivo, aveva ben in testa quello che doveva fare, si vedeva che cercava sempre di impostare gli schemi di gioco che gli consentono di dominare gli scambi, come cercare il diritto in sventaglio sulla risposta, servizio e uscita con il diritto, tutte quelle cose che lui fa e che danno molto fastidio ai suoi avversari.
Ha giocato molto bene contro Shevchenko, che dopo un po’ non capiva più niente. Stessa cosa contro Norrie: anche il suo allenatore mi ha detto dopo la partita che non sapeva più come fare il punto."
Invece contro Alcaraz cosa è successo? Lui dopo il match ha detto che a un certo punto ha smesso di lottare?
"Beh, non ha nemmeno iniziato a lottare in verità. Ed è stata un po’ una sorpresa.
Con Alcaraz ci aveva giocato una volta, e aveva vinto, per cui era un avversario con cui andare in campo e giocare. Invece lui è andato sopra 2-0, nemmeno troppo meritatamente perché ha fatto solo un paio di bei rovesci estemporanei, ma poi quando Alcaraz ha reagito alzando il livello, lui ha scelto di andare via dal campo. Tutte quelle azioni di gioco che Lorenzo aveva eseguito nei giorni precedenti sono sparite.
È saltato tutto, ha fatto tutto il contrario di quello che avevamo previsto, ovvero giocare alto sul suo rovescio per prendere l’iniziativa e facendo poche palle corte. Raramente si è vista una prestazione così durante i tornei sulla terra, tranne forse a Montecarlo quando ha giocato con Jannik [Sinner], ma lì era stanchissimo dalla partita con Djokovic e fisicamente non c’era."
Ora si va a giocare sull’erba, e fino ad oggi a Wimbledon Lorenzo non ha giocato benissimo perché purtroppo ci sono sempre state delle circostanze esterne che hanno reso molto difficile la preparazione. Quest’anno con che obiettivi si va a giocare sull’erba, e il fatto di essere testa di serie a Wimbledon potrebbe aiutare?
"Quando era bambino lui sognava sempre di giocare sull’erba, ma purtroppo ci ha sempre giocato pochissimo. Da junior ha fatto quarti di finale da 16 anni, poi l’anno dopo non abbiamo giocato il torneo junior per costruire la classifica; l’anno successivo non avevamo i punti ATP per entrare in quali a Wimbledon, quindi nel 2020 il torneo non si è giocato a causa del COVID, poi nel 2021 era l’anno della maturità, non abbiamo potuto fare preparazione e abbiamo pescato al primo turno Hurkacz che poi ha fatto semifinale. Infine lo scorso anno si è incontrato al primo turno Fritz, che poi ha perso in quarti da Nadal.
L’obiettivo sull’erba è quello di essere più propositivo soprattutto in fase di risposta. Si tratta di una questione più mentale che tecnica, deve essere più pronto a scegliere le soluzioni e ad implementarle. Secondo me lui può fare bene anche sull’erba, perché ha fatto vedere sul veloce che le armi tecniche le ha, deve solamente convincersi di poterlo fare.
Quindi bisogna evitare di allontanarsi troppo dal campo, giocare troppo con il taglio sotto la palla, diventare troppo difensivo, e tutto parte dall’aspetto mentale.
Essere testa di serie o meno secondo me cambia poco: sì, si evitano i più forti all’inizio, ma c’è da dire che sull’erba i livelli cambiano un po’ in funzione delle tipologie di gioco."
Quali sono i problemi principali che si devono affrontare giocando sull’erba?
"La peculiarità principale dell’erba è che la palla scivola, e quindi arriva sempre. Di conseguenza bisogna sempre andare incontro alla palla, non la si può aspettare. Bisogna essere subito molto aggressivi, colpendo la palla dall’alto al basso, perché se la si gioca in maniera ascendente non è efficace.
È un po’ quello che dico sempre a Lorenzo e che a volte non fa: non è necessario snaturare il proprio tennis, perché quando lo si fa diventa poi difficile avere un’identità, ma l’obiettivo di base è quello di colpire la palla mentre sale e farla scendere. E poi bisogna costruire una tecnica intorno a questo principio."
In questo momento Musetti è arrivato fino al 17° posto: cosa manca per raggiungere quella fatidica Top 10 di cui tutti parlano?
"Lorenzo, quando esprime il suo tennis, vale i primi 7-8 del mondo; quando invece non lo esprime vale un tennista fuori dai 100. Il problema di Lorenzo non è il livello tecnico-tattico, che per me è anche migliore a quello di tanti altri, anche Top 10. Solo che per essere in quelle posizioni di classifica bisogna vincere le partite anche quando le cose non vanno bene. Lorenzo, invece, quando le cose non vanno bene, come a Madrid [sconfitta dal n. 108 Hanfmann n.d.r.] o come in Sud America, va troppo presto in frustrazione e butta via la partita. Il problema si origina soprattutto da un problema tecnico: quando non sente bene un colpo, come il servizio per esempio, va in frustrazione e non prova a vincere comunque la partita.
Invece uno come Alcaraz, per esempio, a Madrid al primo turno era dominato in campo da Ruusuvuori, e nonostante tutto è riuscito comunque a tirare fuori quello che aveva quel giorno e rovesciare la partita. Si tratta di un problema di maturità, che scaturisce spesso dal fatto che lui non è ancora convinto di essere così bravo, e gioca con poca convinzione nelle situazioni in cui le cose non riescono.
Per salire in classifica bisogna imparare ad essere più costanti: Lorenzo è arrivato alla classifica attuale con 13 sconfitte al primo turno. La forbice tra “far bene” e “far male” è ancora troppo ampia per lui, deve imparare ad essere più costante."
Se si guarda indietro verso l’inizio della stagione, quando ci sono stati momenti molto difficili, che valutazione si può dare delle scelte di programmazione fatte?
"Lo scorso anno l’investimento principale era quello sui cambi veloci per provare a migliorare l’atteggiamento in campo e cercare di giocare più avanti. Lui quest’anno voleva provare a giocare sulla terra rossa, perché lui si sente meglio su quella superficie. Io non ero convintissimo, ma lui ha 21 anni, voleva provare e alla fine sono comunque contento di aver provato.
Però ci siamo accorti che si tratta di una trasferta durissima, su una terra battuta che non è la terra europea, e con tre tornei che si disputano in tre situazioni completamente diverse: lui non era pronto per questo. Si era creato aspettative troppo alte, convinto di andare là e spaccare il mondo, e si è messo addosso troppa pressione.
Sono contento di aver fatto questa esperienza, non so se la faremo il prossimo anno, ma a 21 anni facciamo degli investimenti per poi fare delle scelte più informate in futuro. L’esperienza è stata negativissima, molto pesante, ma gli ha fatto scavare dentro e capire diverse cose di se stesso."
Allargando la prospettiva, come vedi la squadra italiana di Coppa Davis? Alcuni giocatori stanno facendo bene, altri meno bene: tu come la vedi per questa edizione della Davis?
"I nostri giocatori sono tutti di altissimo livello. Ora Matteo Berrettini sta avendo tanti problemi e probabilmente avrà bisogno di più tempo per tornare ai suoi livelli. Secondo me la squadra è fortissima, ma con la formula attuale il doppio è molto importante, e anche se abbiamo Fabio [Fognini] e Simone [Bolelli], anche loro ogni tanto hanno dei problemi fisici, quindi dobbiamo sperare che stiano bene al momento giusto.
Proprio sul doppio, in prospettiva futura, il capitano probabilmente dovrà fare degli investimenti, dato il peso che ha questa specialità sul punteggio degli incontri di Davis, anche se in doppio si può giocare anche fino a 40 anni e Bolelli/Fognini possono aiutare la causa ancora per qualche anno.
La squadra italiana ha comunque tutte le credenziali in regola per poter vincere la competizione, che però dipende molto dallo stato di forma del momento, dagli episodi, da chi arriva alle [Nitto ATP] Finals, ci sono tante componenti che fanno la differenza. Difficile fare una previsione adesso, ma siamo tra le squadre che si giocano la vittoria. Sarebbe incredibile poterla vincere, anche Lorenzo ci crede molto, sarebbe un grande sogno per lui."
Uno dei giocatori italiani che è cresciuto maggiormente nell’ultimo periodo è Matteo Arnaldi. Cosa ci puoi dire di lui?
"Matteo mi piace moltissimo. Conosco benissimo la sua famiglia, madre, padre, nonni, anche perché Lorenzo ha fatto tutta la trafila delle giovanili in Liguria [Musetti è toscano ma si allena con Tartarini a La Spezia, mentre Arnaldi è di Sanremo n.d.r.], per cui l’ho visto crescere.
Poi per un po’ di tempo l’ho perso di vista, perché giocavamo in circuiti differenti. Però è un giocatore che mi piace molto, sia per come gioca, sia proprio per come vive il suo ruolo di tennista. È molto professionale, si allena tantissimo, sta attento a come si nutre, nella testa è davvero già un atleta formato. Magari a livello tattico ci sono ancora parecchi aspetti da smussare, perché quando si arriva a giocare sul veloce si vede che c’è bisogno di qualche aggiustamento, ma la mentalità è quella giusta."
Abbiamo visto Djokovic che ha vinto il 23° torneo dello Slam. Si è chiuso il discorso su chi è il migliore di tutti i tempi oppure rimane un problema aperto?
"Se si guardano i numeri, è ovviamente Djokovic quello con il record di titoli, record che non so veramente chi potrà eguagliare, anche se come capita sempre nello sport arriva sempre qualcuno che poi riesce a fare meglio.
Sinceramente, per me rimane Roger Federer il mito del tennis, anche se Novak credo potrà vincere un altro paio di Slam, e potrebbe pure fare il Grande Slam quest’anno. È un marziano, è incredibile come lui riesca ad alzare il livello quando conta, mi aspettavo che avrebbe vinto contro Alcaraz anche se era sfavorito. L’avevamo visto che aveva avuto problemi a Montecarlo, non giocava non troppo bene, ma quando si arriva al dunque è davvero ineguagliabile."
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