Punteggio nel tennis: come funziona e le ragioni storiche
Tutto quello che c’è da sapere sul punteggio nel tennis: come funziona, come si vince un game, un set e una partita, in uno sport che non prevede il pareggio
I più esperti e appassionati giocatori e tifosi ripetono sempre: “Il tennis è il gioco del diavolo”, perché con un sistema di punteggio così arzigogolato ci si ritrova spesso a giocare 500 scambi dominando e poi basta perderne un paio decisivi per ritrovarsi con un piede nella fossa. Già, il punteggio nel tennis è una di quelle cose alle quali ci siamo ormai abituati, ma che faticano ad avere una logica. Per chi non lo sapesse: per conquistare un game, ossia la frazione di partita in cui la battuta è assegnata allo stesso giocatore, bisogna fare quattro punti - che vengono contati come 15, 30, 40 e game. Nel caso in cui ci si ritrovi tre punti pari - quindi “40 pari” - si passa ai vantaggi, perché per portare a casa il game bisogna realizzare due punti in più del proprio avversario (esattamente come accade al tiebreak del set quando ci si ritrova 6-6 nel conto dei game vinti. Bene, anche se la domanda sorge spontanea: perché la numerazione segue quella particolare scansione? Le spiegazioni sono diverse, alcune più o meno fondate o plausibili che affondano le proprie radici nel mondo medievale.
Punteggio 15, 30, 40… tradizione che deriva dalla Francia medievale
Carlo di Valois-Orléans è stato un nobile francese del 1400, duca d'Orléans, duca di Valois, conte di Asti, di Soissons e di Blois e signore di Coucy - ricordato come compositore poetico con più di cinquecento opere, scritte soprattutto durante i suoi venticinque anni come prigioniero di guerra (famoso al punto da essere inserito da William Shakespeare all’interno dell’Enrico V). Compositore talmente tanto proficuo e ricco di indicazioni, da regalarci tra le altre cose anche indicazioni e riferimenti riguardo la numerazione poi utilizzata anche nel tennis: lui ne scrisse nel 1435, poi ripreso anche nel 1555 - in cui radicano la loro nascita le teorie del 15.
La più famosa, riportata e diffusa è la teoria dell’orologio: come se il punteggio di una partita ragionasse sul giro orario di una lancetta, con i 60 minuti divisi in quattro spicchi da dover percorrere e quindi “15, 30…”. Al posto del 45 però, si preferì il 40 perché - come spiegato già in precedenza - in caso di pareggio si va ai vantaggi e si lascia quindi maggiore gioco a chi conta i punti di poter agire. Sul “45” insomma la lancetta dell’orologio passa quando un giocatore è in vantaggio nel game sull’altro, consapevole che facendo un altro punto conclude il suo giro completo. Una tradizione che risale quindi a 500 anni e che potrebbe aver mantenuto miracolosamente la integrità anche in un mondo così pragmatico e digitale come il nostro.
Punteggio tennis: la teoria del “jeu de paume” e non solo
Non è l’unica teoria che si è accreditata nel corso degli anni rispetto a questa particolare numerazione, anzi: un’altra tira in ballo il “jeu de paume”, un antico gioco nato in Francia addirittura nel 13° secolo. A quel tempo non esistevano le racchette, ma si giocava con la mano - con logica simile a quella del tennis - su un campo che misurava complessivamente 90 piedi. Quindi 45 piedi per ogni metà. Quando il battitore segnava il primo punto, si spostava in avanti di 15 piedi; al secondo punto avanzava di 30, arrivando agli ultimi 15 e così via. Questa una delle ragioni secondo cui il punteggio del tennis ha subito una particolare influenza.
Un altro paio di teorie decisamente suggestive riguardano invece materia più “prosaica” verrebbe da dire: le scommesse. Secondo quella che ricade sotto il nome di teoria “del denaro d’oro” - sempre risalente al periodo medievale - ci facevano delle puntate su ogni punto realizzato e quindi, mettendo in palio 15 soldi (che corrispondevano all’epoca esattamente a un denaro d’oro), il conto è diventato in automatico un modo per tenere la scansione di 15 in 15 - vezzo arrivato ai giorni d’oggi. Secondo altri invece l’origine risale al fatto che in quell’epoca i punti sarebbero stati contati a seconda delle “cacce” - ossia i segni che venivano fatti sul campo da gioco ogni volta che la palla si fermava: 15 di quei segni formavano un punto, 30 portavano a due e 45 a 3. L’ordine crescente di 15 in 15 venne spezzato successivamente, portando il 45 a 40, sembra per via di una più facile dizione, che ricordava tra l’altro una filastrocca francese in cui veniva detto appunto “quinze, trente et quarante”. I transalpini sono molto attenti anche a questo e, banalmente, potrebbe essere stata una scelta legata solo ed esclusivamente alla forma. E per voi, qual è la teoria nella quale più probabilmente affonda le sue radici il modo di contare i punti nel tennis?
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