Prima di tutti, i campioni, i Boston Red Sox. Giusto per essere originali, no? Forti erano, una delle migliori squadre della storia dal punto di vista statistico, e forti sono rimasti, per un motivo molto semplice: sono quasi identici allo scorso anno, ancora mediamente giovani e con alcuni giocatori arrivati al culmine della propria carriera, anche se hanno perso Craig Kimbrel e Joe Kelly e questo lascia aperto qualche dubbio sulle potenzialità di chiudere la partita nel nono inning. Poco prima del via è stato prolungato il contratto a Chris Sale, cinque anni e 145 milioni, ed è naturale che fosse così: il lanciatore ex White Sox era stato preso per vincere le partite decisive e le ha vinte, anzi ha chiuso gara5 della World Series*eliminando l’ultimo battitore, Manny Machado, che con quell’insuccesso ha chiuso l’esperienza nei Los Angeles Dodgers e ora ha firmato con i San Diego Padres.

Boston può ripetersi per il talento che ha in tutti i posti chiave e per la prevista ulteriore crescita di Rafael Devers, il terza base che sarà alla sua terza stagione piena di MLB. Il problema maggiore per i Red Sox sarà quello tradizionale: dover fare i conti già nella propria division con una delle avversarie più forti in assoluto, i New York Yankees, che secondo parecchi addetti ai lavori sono già adesso migliori dei rivali, da cui sono stati eliminati nei playoff lo scorso anno. Tutti elementi che rendono estremamente interessante la doppia sfida delle due squadre a… Londra il 29 e 30 giugno prossimi. Per l’occasione MLB e autorità sportive britanniche hanno scelto lo Stadio Olimpico, vendendo tutti i biglietti in poche ore, e dunque sarà una grande occasione di per sé, arricchita dal fatto che a fine stagione il risultato di quelle due partite potrebbe fare la differenza. Gli Yankees già lo scorso anno sono andati molto avanti, e stavolta hanno aggiunto il lanciatore James Paxton e il rilievo Adam Ottavino, ma hanno perso un altro lanciatore, Luis Severino, fino a maggio inoltrato. In generale, semplificando molto, NY dovrebbe avere un attacco così potente e prolifico da potersi permettere eventuali giri a vuoto sul monte di lancio, anche se è una ricetta che nei playoff a volte mostra dei buchi.

Segnalato che nella American League East i Tampa Bay Rays potrebbero ripetersi e andare ai playoff, avendo già ottenuto 90 vittorie lo scorso anno, è necessario spostarsi verso il centro degli USA per scoprire altre candidature. Nella AL Central molto intriganti i Cleveland Indians. Tre anni consecutivi di crescita, compresa la finale del 2016 persa solo agli extra inning di gara7, e ancora un roster molto efficace, ma il manager Terry Francona deve gestire la partenza di giocatori importanti come Edwin Encarnaciòn, Josh Donaldson, Yan Gomes, Yonder Alonso e dei lanciatori Cody Allen e Andrew Miller.

Motivo per cui una scelta coraggiosa potrebbe essere quella di puntare sui Minnesota Twins, che hanno un nuovo allenatore, Rocco Baldelli (37 anni, ex giocatore), e una serie di talenti che - in caso di esplosione contemporanea - potrebbero proiettare la squadra al Wild Card Game o addirittura mettere in difficoltà gli Indians casomai questi ultimi perdessero qualche colpo. Resta un dato di fatto, osservando i roster: che se gli Houston Astros giocheranno al 95% del loro potenziale la bilancia del potere nella American League potrebbe inclinarsi di nuovo verso il Texas, come accadde ormai 18 mesi fa, quando gli Astros vinsero la loro prima World Series. Nemmeno le tante partenze rispetto all’anno del titolo sembrano avere indebolito l’organico: Brian McCann, Marwin Gonzalez, Evan Gattis e il lanciatore Dallas Keuchel, gli ultimi due ancora liberi sul mercato. All’esterno sinistro è arrivato però Michael Brantley, che con questo movimento accresce la forza di Houston e al tempo stesso indebolisce gli Indians che non possono più contare su di lui. E prosegue la crescita di Alex Bregman, il terza base che è ormai un giocatore MLB di alto livello e non per nulla ha appena ricevuto un prolungamento contrattuale di 6 anni e 100 milioni di dollari. Senza esagerare, dovendo scegliere un trio di interni per costruire da zero una squadra da titolo non sarebbe poi così sbagliato fare i nomi di Bregman e di due colleghi a Houston, il seconda base José Altuve e l’interbase Carlos Correa, che deve però dimostrare di avere risolto i tanti piccoli problemi fisici che lo scorso anno ne hanno momentaneamente frenato lo sviluppo. L’attacco sembra più che dignitoso e la difesa nasce da una rotazione di ottimi lanciatori, anche se Lance McCullers ha dovuto fermarsi e perderà tutta la stagione. Motivo per cui sul fronte dei pitcher potrebbero esserci sviluppi a breve termine. Uno c’è stato, per Justin Verlander, il giocatore che due anni fa era arrivato a metà stagione da Detroit, aveva vinto il titolo e pochi giorni dopo era venuto in Italia per sposare la modella Kate Upton: un prolungamento di contratto fino al 2021, con un compenso totale di 94 milioni di dollari. Dicevamo della difesa: proprio l’altro giorno Sports Illustrated, la celebre rivista americana, segnalava come nel 2018 gli Astros avessero concesso solo 534 punti in 162 partite, 112 in meno della seconda miglior squadra, Tampa Bay. Merito dei lanciatori, del bullpen ma anche di interni ed esterni, tutti molto atletici e bravi in un fondamentale che a volte viene sottovalutato, ovvero la capacità di interpretare in tempi rapidissimi traiettoria e velocità della palla e dunque giungere prima a prenderla, che sia per un’eliminazione al volo o per un tentativo di assistenza nel diamante.

E quelle che non abbiamo nominato? Semplice: da loro si attende una stagione di basso livello o comunque senza il potenziale per fare i playoff. Squadre che in alcuni casi non sono vittime inermi del mercato ma hanno scientemente deciso di iniziare e proseguire un percorso di crescita. I Chicago White Sox, ad esempio, che pure hanno cercato di prendere Machado ma si sono dovuti accontentare del suo grande amico Jon Jay e del… cognato, Yonder Alonso, e che non hanno avuto successo neanche nel reclutare Bryce Harper. Si sono però rifatti promuovendo già da adeso Eloy Jimenez, a cui hanno offerto un contratto di 6 anni prima ancora di vederlo all’opera a livello di Major League. Chicago pur giocando in una division non eccezionale difficilmente si avvicinerà ai playoff, ma tra Jimenez e Yoan Moncada, spostato da seconda a terza base, hanno giocatori interessanti che possono accorciare i tempi della ricostruzione. Poi - vedi Oakland 2018 - una delle squadre poco considerare in genere finisce con il rendere molto più del previsto, ma è impossibile prevederlo.

 

*World Series è parola SINGOLARE, non plurale. Vale la pena ribadirlo, dato che per decenni in Italia si è caduti in un curioso errore dovuto alla ’s’ finale di Series e si è detto ‘le World Series’. Series in inglese è parola sia singolare sia plurale ma qui identifica UNA serie di partite per il titolo e non per nulla in lingua originale ha il verbo al singolare: basta fare la scelta più banale - e praticata nelle redazioni - cioé Google + Wikipedia e si legge ‘The World Series is the annual championship series of Major League Baseball’. ‘Is’, non ‘are’. Ergo…

 

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