Chi ha avuto la bontà, la pazienza, il coraggio e lo stomaco di seguire questa rubrica da marzo, data della sua nascita, sa che la seconda parte viene sempre dedicata al fenomeno, o ai fenomeni di turno. Problema: qui ce ne sono troppi. Ove ‘qui’ è la World Series numero 115 tra Houston Astros e Washington Nationals, che si gioca al meglio di sette gare dalla notte tra martedì e mercoledì a quella tra mercoledì 30 e giovedì 31 ottobre.

Troppi fenomeni per isolarne uno, e nel momento in cui lo sono in tanti è come se non lo fosse nessuno. Lo si è visto nella serie che ha decretato la vincitrice della American League, durata sei partite e chiusa sul 4-2 per Houston su New York, ovviamente sponda Yankees. Gara2, quella nella quale gli Astros rischiavano in casa di finire 0-2, è stata vinta da un fuoricampo dell’interbase Carlos Correa all’undicesimo inning, mentre gara6 è finita all’ultimo turno di battuta, con due eliminati, grazie al pepitone di José Altuve, il seconda base che è diventato in pochi anni uno dei volti della MLB, per l’energia, la carica e la produzione offensiva, atipica per un giocatore alto neanche 1.70 e dunque teoricamente poco potente. Insomma, un altro fenomeno.

Ma i lettori di questa rubrica sanno che alla categoria erano stati iscritti soprattutto i lanciatori di Houston, a metà stagione: ricchi di fantasia e debordanti di dati, i dirigenti hanno preso Zack Greinke, sottoponendolo a una ristrutturazione del suo metodo di lancio. Nulla di sconvolgente ma l’applicazione di teorie già applicate a Justin Verlander e Gerrit Cole, con eccellenti risultati. In parole povere, Greinke ha cominciato ad usare di meno la palla veloce (fastball) e di più il cambio di velocità, quello cioé che mette in difficoltà battitori troppo aggressivi e poco reattivi, che girano la mazza vedendo un lancio e scoprono poi che la palla ha… frenato, cadendo tranquilla mentre loro sventolano a vuoto.

Houston ha avuto i lanciatori capaci di ottenere il maggior numero di strikeout (1671, ben 152 in più dei secondi, i Los Angeles Dodgers) e i battitori bravi a incapparci meno (1166), segnale di un raro controllo della situazione e di una impostazione generale volta alla saggezza e all’intelligenza. Ci si può chiedere, allora, se una squadra costruita così bene e gestita così bene (il manager è AJ Finch, già campione due anni fa) non potesse chiudere prima la serie del primo turno contro Tampa Bay, andata alla bella, e quella contro New York, ma la risposta è nell’esito: in uno sport di centimetri come il baseball professionistico le piccole cose sono ancora più determinanti e dunque porre le condizioni per averle dalla propria parte è fondamentale. Per questo motivo ora gli Astros sono favoriti: perfetti e in grado, a turno, di emergere nel momento giusto.

L’imponderabile si chiama Nationals, squadra che esiste dal 1969 ma è entrata nel radar della Capitale solo nel 2005. Si tratta infatti degli ex Montreal Expos, trasferitisi in quell’anno, a ridare a Washington una squadra dopo 33 stagioni. I precedenti Washington Senators infatti nel 1971 erano andati a Dallas ed avevano preso il nome di Texas Rangers, dopo avere sostituito nel 1961 i… Washington Senators, stesso nome ma diverso gruppo societario, che aveva deciso di spostare la squadra a Minneapolis, dove sopravvive col nome di Twins. Quei Senators originari, creati nel 1901 e diventati Nationals dopo due anni, vinsero la World Series del 1924, arrivando poi in finale anche nel 1925 e 1933. Poi, più nulla, e dunque sono passati 86 anni da quel momento.

Un approdo inatteso, perché prima della stagione Washington aveva perso il suo giocatore più forte, Bryce Harper, esterno destro e poderoso battitore, che aveva preferito gli oltre 330 milioni di dollari offerti da Philadelphia, oltretutto una rivale di division. C’era stato dispiacere ma in molti avevano cercato di far lavorare il cervello: con Harper erano sì arrivati i playoff nel 2012, 2014, 2016 e 2017, ma non era mai stato superato neanche un turno. E magari con i soldi risparmiati su Harper si poteva investire sul futuro di 3-4 giocatori di rendimento medioalto: esattamente come sta accadendo, vista la stagione da protagonista di un giovane come Juan Soto, esterno dominicano che compirà 21 anni il 25 ottobre, giorno di gara3. Soto è stato il quarto giocatore nella storia ad avere almeno 100 battute extra-base (cioé doppi o tripli, con i quali il battitore arriva in seconda o terza base) - il terzo era stato Harper, per dire - e il settimo nella storia con 30 fuoricampo prima del 21esimo compleanno, un gran bel segnale, così come il pepitone del sorpasso nel Wild Card Game contro Milwaukee nella parte bassa dell’ottavo inning, contro un grande lanciatore come Josh Hader di Milwaukee.

Mica era tutto, perché nella decisiva gara5 a Los Angeles, contro i Dodgers, Soto ha sparato un home run su un lancio del grande Clayton Kershaw, pareggiando la partita che sarebbe poi stata vinta dal collega Howie Kendrick. Aggiungendo un fedelissimo come il prima base Ryan Zimmerman e il terza base Anthony Rendon si capisce un po’ meglio come questa squadra sia arrivata in finale e si contestualizza in modo più adeguato la presunta sorpresa: perché nonostante l’ottimismo i Nats erano partiti con 19 sole vittorie nelle prime 50 partite e parevano fuori corsa per i playoff. Che ci siano arrivati, che abbiano superato ormai due turni ovvero i primi due della loro esistenza a Washington, è bello e dovuto anche ai grandi lanciatori in organico, il primo dei quali sarà Max Scherzer, finalmente a una serie per il titolo con i Nats: i quattro partenti hanno gestito benissimo la serie di finale di National League contro i St.Louis Cardinals, permettendo a Washington di non essere MAI in svantaggio in alcun momento delle quattro partite.

Ecco perché un pronostico è difficilissimo. Nonostante il talento, infatti, i Nats sembrano sfavoriti e non di poco, perché dall’altra parte c’è una squadra formidabile e costruita sapientemente fin dal 2011, quando a Houston arrivò Jeff Luhnow. Il lavoro del dirigente operativo più importante degli Astros fu subito così dettagliato, convincente e fondato su valutazioni razionali che la rivista Sports Illustrated pubblicò, nel numero del 30 giugno 2014, un articolo di copertina nel quale si ipotizzava un titolo MLB nel 2017. Poca roba? Mica tanto: a causa delle tante riforme del parco giocatori attuate da Lunhow, volte a rifondare la squadra partendo dal basso, Reiter emise la sua previsione dopo tre stagioni rispettivamente da 106, 107 e 113 sconfitte (su 162 partite). Ci voleva un bel coraggio, o tanta conoscenza.

 

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