Che dicembre di NHL sarà? Beh, intanto dieci giorni se ne sono andati, giusti giusti per farci dire che siamo lanciati verso il nuovo anno solare. Sarà un dicembre di verifiche per i Washington Capitals, che sono tornati ai livelli di due anni fa come produzione ed eccellenza, e due anni fa - corretto ricordarlo - vinsero finalmente il titolo. I loro 49 punti al momento in cui vengono stese queste righe sono il miglior dato della NHL, così come i 117 gol segnati, anche se la differenza reti dice ‘solo’ +24 ed è seconda a quella dei Boston Bruins (42 punti, 107-78) e, nell’altra conference, a quella dei Colorado Avalanche, che hanno il secondo miglior bilancio con 41 punti, uno solo dietro ai St.Louis Blues, e 111 gol fatti contro 84 subiti.

Si è già capito: le due finaliste dello scorso anno sono prima (Blues) e seconda (Boston) nelle rispettive conference e dunque confermano di essere squadre di valore vero e non effimero, considerazione peraltro deducibile da un’occhiata al roster.

A Est, da segnarsi la caduta dei Tampa Bay Lightning: lo scorso anno avevano distrutto tutti in regular season per poi uscire al primo turno di playoff contro Columbus, perdendo tutte e quattro le partite. Ora sono dodicesimi (su 16), con 31 punti quindi in posizione non drammatica per un posto Wild Card, ma hanno mostrato una tendenza non positiva: giocare bene, creare, commettere uno-due errori che rovinano tutto.

I Lightning in questi giorni affrontano forse la parte più dura del calendario e si augurano di emergerne senza aver perso troppo terreno sulle concorrenti, una delle quali (Florida) è proprio tra le avversarie della prossima settimana.

A Ovest, terzo posto per Edmonton, che ha palesi eccellenze individuali: Leon Draisatl e Connor McDavid sono primo e secondo nei punti prodotti (53 e 52, con il terzo - Nathan McKinnon di Colorado - a 47) mentre McDavid è anche il giocatore con il maggior numero di gol (11) negli ultimi 30 giorni, seguito da Sebastian Aho di Carolina, McKinnon, Jack Eichel di Buffalo e David Pastrnak di Boston con 10.

Gli Oilers peraltro hanno perso l’ultima partita, contro Buffalo, nel modo meno auspicabile, perlomeno dalla proprietà: il coach dei Sabres è infatti Ralph Krueger, il tedesco-canadese che anni fa aveva allenato proprio a Edmonton nel 2012-13 ed era poco elegantemente stato licenziato via Skype.

Prima del Canada, Krueger per 13 anni aveva allenato la nazionale svizzera, lanciandola verso un rendimento mai visto prima e un cambiamento radicale di cultura, per poi svolgere, bizzarramente, il ruolo di presidente del… Southampton. Il punto di contatto: all’epoca, la proprietà della squadra di calcio di Premier League era della famiglia svizzera Liebherr.

È un mese che racconterà tanto anche sui Minnesota Wild, che nel nome portano l’omaggio all’affascinante scenario naturale dello stato ma anche un indiretto, involontario richiamo all’imprevedibilità di certe situazioni. Meno di un mese fa i Wild erano messi malino, anzi malissimo: ultimi nella NHL con 16 punti, sette vittorie in 20 partite, l’impressione di una squadra nata male e destinata a peggiorare.

Il pubblico locale del resto brontola sempre: viziato da decenni di grande hockey universitario, sia nella University of Minnesota sia in altri atenei statali, vorrebbe successi anche in campo pro, magari per rifarsi della ormai lontana, ma mai perdonata, partenza dei North Stars in direzione Dallas, e per veder finalmente avanzare la squadra oltre il secondo turno di playoff, come è capitato solo due volte dal 2003.

Dopo quelle nuvole però i Wild sono cresciuti e il merito viene riconosciuto, dai media americani, anche al general manager (e vincitore di due Stanley Cup da giocatore) Bill Guerin, che pur novizio nel ruolo (dopo però anni di apprendistato a Pittsburgh come vice) ha saputo frenare l’istinto di muoversi per il solo gusto di dimostrare decisionismo: ha pazientato, ha dialogato con staff tecnico, guidato da Bruce Boudreau, e giocatori e poco alla volta ha visto rifiorire la squadra, che domenica 8 ha interrotto una grande serie di 11 partite consecutive con punti ottenuti.

Oltretutto, molte di quelle gare erano in trasferta, ed è vero che il fattore… ghiaccio di casa è sopravvalutato, ma resiste il concetto che vincere lontano dalla propria arena sia più difficile. Importante il contributo di un imprevedibile, il portiere Kaapo Kahkonen, 23 anni, finlandese (non l’avreste mai detto, eh?): era destinato a una stagione di maturazione nella American Hockey League in Iowa, nella squadra affiliata ai Wild, ma a causa di eventi di per sé tristi come la momentanea defezione di Devan Dubnyk per motivi di salute della moglie è stato promosso e ha dato una mano corposa, comprese due vittorie iniziali, mentre resta a disposizione Alex Stalock, 32 anni. Un volto fresco - ancorché coperto dalla maschera - e una mobilità laterale che hanno impressionato Boudreau, disposto a dargli altre partenze da titolare.

Giusto ricordare chi dal 4 dicembre non ha più dovuto pensare a come si sarebbe sviluppato il resto del mese: John Hynes, coach dei New Jersey Devils, che proprio quel giorno è stato rimosso - non fisicamente - dalla panchina.

Poco da dire, peraltro: i Devils avevano iniziato la stagione con sei partite senza vittorie, perdendo in alcuni casi gare casalinghe dopo essere stati in rassicurante vantaggio, tanto che il general manager Ray Shero aveva parlato di sconfitte arrivate «in qualsiasi maniera voi possiate immaginare». Al momento della decisione della proprietà - suggerita però da Shero stesso, rimasto turbato dalla pessima prestazione di lunedì 2 a Buffalo (1-7, tre gol dei Sabres prima che New Jersey effettuasse il primo tiro in porta) il bilancio era di 9-13-4 (rispettivamente vittorie, sconfitte, sconfitte al supplementare), e i 22 punti il peggior dato della NHL.

Inoltre, il bilancio di 40-54-14 dalla prima giornata della stagione 2018-19 era il quarto peggiore della lega. Troppo, per una squadra con discreta gloria alle spalle e che gioca all’ombra delle due di New York, da cui la separano solo mezz’oretta di treno e un breve percorso a piedi dalla stazione. E che oltretutto si era mossa con decisione sul mercato, prendendo ad esempio da Nashville PK Subban.

Vero però che al reparto portieri c’era poca esperienza, che in parte si è mostrata. E ora? Ora si cerca una risalita, probabilmente lenta, cercando di mescolare sul ghiaccio giocatori dal futuro affidabile ad altri che possano garantire un presente meno gravoso. Mentre il povero Hynes si consola presso i tanti ammiratori che hanno ritenuto eccessivo il suo allontanamento, visto il talento ridotto con cui ha dovuto lavorare.

 

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