Basta niente e come molti hanno notato i Boston Red Sox sono tornati verso la cima. ‘Niente’ per il solito motivo: stagione MLB molto lunga e un mese, un mese e mezzo non raccontano nulla, specialmente se sono quelli iniziali. Chris Sale, che era partito molto male per due motivi (uno, i risultati, due, il non riuscire a capirne il perché) nell’ultima uscita ha avuto 17 K, ovvero 17 eliminati al piatto, e come accade in questi casi c’è da credere che sia la svolta, e dunque attenzione alle sue prossime partite. Migliorati poco a poco, i Red Sox possono ora essere considerati favoriti nella maggior parte delle gare contro squadre di valore attuale pari o inferiore, salvo la serata in cui il lanciatore proprio non gira. L’ultima vittoria è arrivata grazie a Michael Chavis, il terza base promosso in Major League nelle ultime settimane, che ha battuto un singolo decisivo nel 10° inning contro Colorado. Chavis veniva da uno 0/19 - 19 turni consecutivi di battuta senza una valida - ma è stato molto freddo nel colpire il lancio da 155 chilometri all’ora del pitcher Chad Bettis: avrebbe potuto tenere alta la battuta, per cercare il fuoricampo ma rischiando l’eliminazione al volo, e invece è uscita una rimbalzante che non ha dato speranza alla difesa dei Rockies. Chavis, 23 anni, è tecnicamente ancora un ‘prospetto’ (noi diremmo ‘promessa’), definizione che si applica a chi, pur avendo già giocato al massimo livello, non ha ancora raggiunto un certo numero di presenze in gara. Ma intanto si sta facendo esperienza in un periodo della stagione in cui Boston avrebbe potuto utilizzare solo veterani, per rimontare, e ha invece voluto seguire con lui la strada giovane. Con lui - ma ovviamente non solo grazie a lui - i Red Sox hanno un bilancio di 17-7 dopo essere partiti 6-13. Non male.

 

Nella stessa division, la American League East, diventa difficile capire come possano invece risollevarsi i New York Yankees, che hanno acquisito Kendrys Morales da Oakland per alternarlo nella posizione di battitore designato, per la quale è ottima risorsa. Nel frattempo però hanno perso un altro giocatore: dopo avere già saltato tutto aprile, Miguel Andujar ora si deve operare alla spalla destra e perderà il resto della stagione. Andujar era stato secondo lo scorso anno nella votazione per il Rookie dell’anno della American League, e su di lui ovviamente il club contava molto. Restano fermi, per periodi indeterminati, Troy Tulowitzki, Giancarlo Stanton, Jacoby Ellsbury, Greg Bird, Didi Gregorius, Aaron Judge tra i difensori di campo e Dellin Betances, Jordan Montgomery, Ben Heller, Jonathan Loaisiga, James Paxton e Luis Severino tra i lanciatori partenti o rilievi. Irreale, ma la regola è quella che vale per tutti: tanti o pochi, gli infortuni fanno parte del gioco, e bisogna accettarli.

 

Houston resta la migliore squadra della American League. Troppi i motivi per individuarne uno netto, ma un nome c’è, quello di George Springer: che è attualmente primo in tutta la MLB per punti segnati (39) e fuoricampo (16). Mica una novità, sia chiaro: è stato ‘solo’ Mvp della World Series del 2017, grazie soprattutto ai cinque fuoricampo, ma non ha mai smesso di crescere e di affinare la sua capacità di giudizio in battuta e di posizione in difesa, a costo anche di limitare le situazioni spettacolari, spesso frutto di letture imperfette sulla prima parte della traiettoria delle battute lunghe, visto che stiamo parlando di un esterno prevalentemente centro e sinistro. Ma scorrendo le statistiche si nota altro: una media battuta di .320, una media OPS - misurazione dell’efficacia offensiva - di 1051, e in genere chi supera 900 è già considerato un ottimo attaccante. Houston ha altri due giocatori con una media battuta superiore a Springer, ovvero Josh Reddick con .333 e Michael Brantley con .329, ha Justin Verlander ottavo per punti concessi con 2,38 e reduce da una vittoria su Detroit con nove strikeout e insomma tutto quadra, nella serie di vittorie degli Astros che dopo mercoledì erano 9-1 nelle ultime 10, e con la prospettiva di una interessantissima serie a Boston a partire da venerdì.

 

A proposito di un altro Mvp della World Series, sono brutti giorni per Ben Zobrist, protagonista inatteso di quella del 2016 che aveva portato i Chicago Cubs al titolo MLB dopo 108 anni. Zobrist manca dal roster dall’8 maggio, e la sua assenza non era mai stata spiegata nel dettaglio ma etichettata col generico ‘personal reasons’: ora si è saputo che si tratta di un pesante divorzio (non che esistano divorzi ‘leggeri’, di norma) dalla moglie Julianna, una cantante che ha eseguito parecchie volte l’inno nazionale e ‘God Bless America’ prima e al settimo inning di partite dei Cubs (e dei Tampa Bay Rays, ex squadra del marito), compresa gara4 della World Series. La rivelazione è stata fatta sulla base dei documenti presentati in un tribunale di Chicago, dai quali parrebbe esserci una motivazione concreta per Zobrist, e pare anche che la signora abbia chiesto i servizi di Karen Krehbiel, avvocato divorzista celebre per aver rappresentato un miliardario in una causa del 2014. Triste sotto tutti i punti di vista, e non per nulla il manager Joe Maddon ha detto la sua, da una prospettiva vissuta: «Mi dispiace per lui e so cosa prova perché ci sono passato anche io. Sono cose pesanti, non c’è una data di ritorno, vedremo». Zobrist non stava giocando una grande stagione, ma un suo ritorno, magari a mente sgombra, sarebbe molto utile a una squadra che potrebbe giocarsi il primo posto della National League Central fino all’ultimo giorno, con Milwaukee e St.Louis.

 

FENOMENO. Madison Bumgarner, lanciatore dei San Francisco Giants, dopo avere subito un fuoricampo da Yasiel Puig, suo frequente avversario quando era ai Dodgers: «È uno che impara presto. Ci ha messo solo sette anni a capire come battere un mio lancio». Divertente, irrispettoso, significativo: la rivalità tra Giants e Dodgers prosegue anche quando uno dei protagonisti cambia squadra (Puig è a Cincinnati, da quest’anno).

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