Squadra seconda, pubblico ultimo. Non è una novità in questa rubrica, ma è davvero triste la china che ha preso la situazione dei Tampa Bay Rays. Che martedì sera hanno stabilito un record negativo di pubblico, con soli 5786 spettatori per gara2 della serie contro Toronto. A Tampa - anzi a St.Petersburg, al di là del ponte sulla baia, dove sorge lo stadio Tropicana Field, tra i più antiquati e brutti della MLB - da sempre è un problema attirare pubblico, e non solo nei primi 20, difficili anni. L’illusione, come avete già letto qui, fu di poter trasferire il sostegno immenso che avevano le squadre ‘normali’ che facevano lo spring training a Tampa e dintorni a un club stabile: non è mai successo, neanche quando i Rays nel 2008 hanno raggiunto e perso la World Series. O meglio, quei pienoni non hanno avuto seguito e nemmeno una squadra in lotta con gli Yankees per il primo posto nella American League East riesce a portare gente allo stadio. Il bello è che gli ascolti televisivi locali del 2019 sono in aumento del 27%: dunque i Rays interessano ma pochi fanno lo sforzo di andare a vederli, quando oltretutto servirebbe un po’ di gente del luogo per contrastare il tristissimo fenomeno di invasione di tifosi Yankees e Red Sox in occasione delle tante partite stagionali. Adesso Tampa ha una bella serie in casa contro Minnesota: i Twins sono primi della MLB per fuoricampo con 106 e i Rays sono primi nell’impedire fuoricampo, avendone concessi solo 47 ovvero 12 in meno dei Cincinnati Reds. Il partente della prima gara per TB sarà Charlie Morton, che ha lasciato solo quattro pepitoni agli avversati in 11 gare stagionali, mentre il manager Kevin Cash non ha ancora comunicato i prescelti per le due gare successive, per cui ogni pronostico sul fronte dei possibili fuoricampo è impossibile. Attenzione a Minnesota se dovesse prendere Craig Kimbrel, il closer ancora senza contratto: quando una squadra domina la propria division, anche se solo a inizio giugno, la dirigenza si mette in cerca di qualsiasi elemento che possa prolungare questo periodo di grazia, si va cioé per l’affondo, e Kimbrel potrebbe tranquillamente costituire una tesserina mancante, o quella in più da inserire quando un’altra ha i bordi sfilacciati.

 

Attenzione alle prospettive immediate degli Houston Astros. Si è fatto male Carlos Correa, il grande interbase, che dovrà essere essente per almeno un mese, e questa settimana avevano già dovuto farsi da parte George Springer e Aledmys Diaz (stiramento al quadricipite femorale sinistro, per entrambi), in aggiunta al seconda base José Altuve (quadricipite femorale… sinistro, il 10 maggio con ricaduta due giorni fa). Houston ha, su Oakland, un vantaggio ampio (+7,5), anche se viene da una serie spossante contro i Chicago Cubs, vinta 2-1, e ora va proprio a giocare al Coliseum contro gli A’s. Nella prima partita tra l’altro la squadra californiana utilizzerà come partente Mike Fiers, che nelle ultime sei partenze ha una media PGL, ovvero di punti guadagnati (in inglese si chiama ERA) a suo danno, di 2,84. Problema: il suo avversario si chiama Brad Peacock, che non ha concesso alcun punto negli ultimi 12 inning, somma di tre partenze. E dopo avere modificato approccio tecnico, con un caricamento di lancio completo, ha un bilancio di 3-0 in quattro partenze, con una media PGL di 0,39 e 12,52 strikeout se parametrati sui nove inning. Irreale, tanto per rendere impronosticabile il tutto, ma sull’arco della serie forse questa volta bisogna fidarsi più di Oakland. Ha fatto tra l’altro sorridere la modalità del guaio di Correa, che ufficialmente ha subito l’incrinatura di una costola durante un massaggio - si suppone vigoroso - ricevuto nella sua casa. Se è vero, siamo di fronte all’ennesimo infortunio nato in circostanze bizzarre. Due casi, in particolare, hanno fatto sorridere: Jeremy Affeldt, dei San Francisco si fece male tre volte in quattro anni per, rispettivamente, taglio a una mano con un coltello con il quale cercava di separare due hamburger surgelati, salto improvviso di un figlio tra le sue braccia (spalla saltata) e maldestra caduta mentre giocava con i figli; mentre Joel Zumaya dei Detroit Tigers nel 2006 si slogò il polso destro giocando al videogioco Guitar Hero, fatto che divenne così famoso da portare gli ideatori del gioco a mettere nei titoli, nell’edizione successiva, la frase “nessun lanciatore si è fatto male nella realizzazione di questo gioco, a parte Joel Zumaya, che se l’è andata a cercare”.

 

La brutta stagione dei Washington Nationals, che potrebbe mettere presto a rischio la panchina (chiamiamola così…) di Dave Martinez, alla seconda stagione. Certo, se ti va via Bryce Harper fai fatica a prescindere, ma il danno maggiore sta arrivando dal bullpen, ovvero dall’insieme dei lanciatori di rilievo: la loro media PGI è 7,14, cioé ogni loro presenza porta a più di sette punti segnati dagli avversari, ed è il secondo peggior dato nella storia (!) dopo quello di Philadelphia del 1930, 8,03. Non solo: negli ultimi 60 anni solo i Rays del 2007 hanno avuto un bullpen così disastroso, e in quel caso la media PGL era solo (!) 6,16. Facile dunque ipotizzare, analizzando le partite dei Nats, che in giornate con partenti di medio valore e dunque utilizzo prematuro dei rilievi i punteggi siano alti e le probabilità di sconfitta vadano di pari passo.

 

FENOMENO. Sì, lui. Dallas Keuchel, l’uomo dalla barba vivente, campione nel 2017 con Houston ma rimasto fuori dai giochi in questa stagione. Un’attenta analisi condotta da un sito generalista ma sveglio a inizio anno aveva evidenziato quella che possiamo definire come globalizzazione della MLB, ovvero pochi vip superpagati e altri, anche di buon livello, che faticano a trovare un contratto decente, o non lo trovano affatto. Keuchel in realtà è un vip ma non ha trovato alcuna sistemazione a lui gradita, e ha proseguito ad allenarsi o meglio, come si fa nel baseball, partite simulate: il lanciatore va sul monte di lancio e si comporta esattamente come se giocasse una partita, affrontando una manciata di battitori. I più assidui ad osservarlo sono stati gli Yankees, che ora hanno perso anche CC Sabathia, ma gli addetti ai lavori ‘veri’  - quelli cioé che spuntano un mattino a Phoenix e la sera a Boston - avvertono che NY fa il suo compitino con tutti i giocatori liberi, e dunque la presenza di un osservatore non implica nulla. Il momento dell’aggiudicazione di Keuchel però potrebbe essere vicino: chi lo firma entro il 2 giugno, data del draft, deve rinunciare a una scelta, obbligo che decade dal 3, per cui potremmo essere vicini a una soluzione. Curiosità: non stiamo parlando dell’osservatore che ha seguito Keuchel, ma nello staff di scout degli Yankees c’è anche Drew Henson, 39 anni, ex giocatore di MLB (una volta battuta valida) ed NFL (un solo touchdown lanciato), un ragazzo a cui all’ingresso al college, a Michigan nel 1998, veniva pronosticato un futuro da mito in ciascuno dei due sport. Purtroppo per lui dovette aspettare a fare il quarterback, a Michigan, perché dopo un po’ l’allenatore gli preferì un compagno di squadra più aziano chiamato… Tom Brady.

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