Il 2020 si chiude con la grande sfida tra le due milanesi, che mancava per il titolo dal 2011, anno dell’ultimo scudetto rossonero. Oltre a Milan e Inter, già premiate per le loro esibizioni anche nei mesi precedenti, ci sono stati tanti altri protagonisti in questo intensissimo mese di dicembre. Ecco i nostri 3 uomini Top del mese.

    1. NICOLÓ BARELLA  – Il simbolo della riscossa dell’Inter non poteva che essere lui, il centrocampista più vicino al suo allenatore per caratteristiche e percorso. Entrambi cresciuti nella squadra della loro città natale (Lecce e Cagliari), entrambi più aggressivi che tecnici all’inizio della carriera e poi capaci, una volta arrivati in un Top Club del nord (Juve e Inter) di imporsi anche in zona gol. Proprio nella sua Cagliari, Barella ha trascinato l’Inter alla rimonta nella prima partita dopo l’eliminazione dalla Champions League. Aveva giocato pochi giorni prima contro lo Shakhtar con la caviglia destra dolorante ed era stato l’ultimo ad arrendersi; lo ha (ri)fatto alla Sardegna Arena, segnando l’1-1 con uno schiaffo volante di pregio e poi servendo l’assist del 2-1 a D’Ambrosio

      Mancini lo aveva convocato già quando militava nel Cagliari, rendendolo il più giovane azzurro nella storia della sua regione e del suo club. All’Inter ha migliorato tutti gli aspetti del suo già consistente bagaglio tecnico e ora gli resta l’ultimo step: contenere gli slanci agonistici per evitare ammonizioni e falli che possono compromettere prestazioni e giudizi. Proprio alla fine di Cagliari-Inter, Conte lo ha spronato in questa direzione: è in buone mani…

    2. HENRIKH MKHITARYAN – 7 reti e 6 assist certificano un girone d’andata memorabile. Livelli stratosferici che mettono in pericolo il primato personale dell’armeno, 11+15 nell’anno di gloria 2015/16 al Borussia Dortmund. Novembre era stato il suo mese d’oro sul piano realizzativo con la tripletta al Genoa e la doppietta al Parma ma anche a dicembre ha segnato (a Bologna e contro il Torino) e incantato.

      Fonseca gli ha restituito la posizione ideale e la fiducia che serve a questo ragazzo un po’ schivo e molto sensibile. La solidità fisica sta facendo la differenza: in Premier League, tra Arsenal e Manchester United, non ha mai giocato più di 20 partite da titolare in un singolo campionato e ora è già a 14. Le ambizioni Champions della Roma (e il sogno di trionfare in Europa League) sono depositate nei piedi di velluto dell’armeno volante. “Palla in banca…” (cit.)

    3. ANDREA BELOTTI – Il Gallo ha cantato 100 volte con la maglia del Torino e resta la principale speranza (l’unica?) di salvezza del popolo granata. Paradossalmente i suoi gol contro Udinese e Roma non hanno dato punti come invece è accaduto con le prestazioni di pura generosità contro Bologna e Napoli. La clausola di 100 milioni di qualche anno fa sembrava congrua ma nessun club si è mai convinto a pagarla. E così è rimasto nella sua (a)dorata prigione dell’Olimpico Grande Torino, diventando uno degli ultimi(ssimi) uomini bandiera del nostro calcio. A volte la generosità lo porta a spendere energie eccessive lontano dall’area ma, a pensarci bene, è proprio la caratteristica che lo rende un simbolo dello spirito torinista. Mai domo, non opportunista, sinceramente legato ai suoi colori. La salvezza del Toro e il posto da titolare agli Europei passeranno dai prossimi mesi, dalle sue galoppate e dai suoi gol.

      C’è chi in dicembre ha brillato e anche chi ha deluso o non è (ancora?) decollato…

    4. PAULO DYBALA – L’incertezza sul suo futuro non basta per giustificare un inizio di stagione vissuto pericolosamente tra panchina e campo, con 1 solo gol in Serie A e 1 in Champions al debolissimo Ferencvaros. Il suo ondeggiare tra centrocampo e attacco, sempre in attesa della definitiva collocazione, è il manifesto della sua avventura in bianconero: con Allegri ha stabilito il suo record di reti in un campionato (22 nel 2017/18) ma il tecnico livornese gli chiedeva di allontanarsi dalla porta; con Sarri ha avuto massima libertà ma ha segnato appena la metà dei gol rispetto alla sua annata migliore. Dopo vari contrattempi e infortuni, il recupero fisico è stato lungo e faticoso. Andrea Agnelli lo ha inserito nella Top 20 internazionale ed è stato generoso. Il giocatore “fuori categoria per la Serie A” (cit.) non ha dimostrato di esserlo anche a livello europeo. Gli mancano ancora la continuità, la personalità e pure l’efficienza fisica sul lungo periodo per sedersi al tavolo dei più grandi. Il tempo scorre e l’ormai 27enne Dybala rischia di restare sospeso nel limbo, con i suoi lampi accecanti, aspettando l'incoronazione definitiva che non arriva mai.

    5. NAPOLI – Contro Inter, Lazio e Torino ha fallito l’ultimo scatto che serviva per lottare al vertice.

      Tante le motivazioni/giustificazioni per il mancato salto di qualità: l’infortunio di Osimhen, il centravanti che aveva realmente cambiato il gioco degli azzurri; la miastenia oculare che ha condizionato lo stato d’animo e il lavoro di Gattuso per diversi giorni; la buona prestazione di San Siro annullata dalle parate di Handanovic. Insomma, ciclicamente questa squadra fallisce nel momento in cui potrebbe acquisire autostima e spaventare gli avversari. Nemmeno la sentenza sul recupero della partita contro la Juventus ha dato la spinta che serviva per superare il Torino e chiudere il 2020 a -1 dal quarto posto con la prospettiva di conquistare il terzo in caso di vittoria sui bianconeri. I campionati e gli anni passano, i leader mancano nei momenti più caldi e il sogno scudetto, una volta di più, si allontana.