Ci sono tre categorie di pensiero diverse, relative alle gare7 di una serie di playoff, e ancor più di una finale: la più pura è la speranza che le due squadre ci arrivino, espressa prevalentemente dai neutrali, spesso in minoranza. Le altre due appartengono, a giorni alterni, ai tifosi delle squadre impegnate nella serie: fino a domenica mattina tutti a Boston speravano che nella finale di Stanley Cup si andasse all’ultima partita, al contrario dei loro avversari. Mentre ovviamente sul 2-1 per i Red Bruins erano i tifosi dei Blues a ritenere che si dovesse andare più avanti possibile, magari anche solo a gara6. In un modo o nell’altro, gara7 ci sarà, quando in Italia sarà mercoledì mattina alle 2.

 

Per la quarta volta in sei gare, infatti, domenica sera ha vinto la squadra in trasferta, ed era la prima partita in cui la pressione era senza ritorno: con St.Louis in vantaggio per 3-2, ovviamente, Boston non poteva più sbagliare, e non ha sbagliato, dominando per 5-1 e sfruttando una serie di errori dei Blues che visti ora, collettivamente, sembrano appartenere proprio alla categoria di quelli commessi da chi, sul più bello (o quasi, visto che appunto c’è ancora gara7) si sfalda: scarsa incisività nei power play (0/4 nonostante 12 tiri), scarsa disciplina, ad esempio la penalità di Ryan O’Reilly che sullo 0-0 ha ridotto i suoi in tre contro cinque, oltretutto contro una Boston che è stata finora nei playoff la miglior squadra speciale dal 1981. Ma sono difetti che prescindono da eventuali nervosismi, dato che si erano evidenziati già in altre situazioni. E attenzione, torna dunque il discorso di sette giorni fa: non è questione di ambiente, delle 40.000 persone che già ore prima della partita avevano riempito lo slargo al di fuori dell’arena per la visione della partita su schermo gigante, non è stupida situazione di cabala (il quotidiano di St.Louis, nella versione online destinata ai soli abbonati, domenica aveva per errore già alcune pubblicità con le congratulazioni ai Blues per il titolo vinto), non è nulla di misterioso. È semplicemente che Boston, in questa specifica sera, è stata migliore. Più sotto controllo, più calma, forse più esperta: poi, se si vuole credere alla propaganda, può essere stato decisivo il discorso che Patrice Bergeron, l’esperto centro, ha fatto ai colleghi prima della partita, ricordando loro che non c’era nulla da temere, anzi, perché il sogno di ogni bambino appassionato di hockey è proprio quello di giocare gare come quella, in cui se perdi sei fuori. Ma sono storie buone solo per aneddoti, perché nella stessa situazione erano i Blues, era ad esempio un David Perron che dodici mesi fa con Las Vegas perse la finale 4-1 contro Washington, eppure non hanno prodotto un risultato. Che i giocatori di St.Louis avessero meno sogni? Macché: sono storielle buone solo a posteriori.

 

E naturalmente continuano a valere anche gli altri ragionamenti: il fatto che per la prima volta nella loro storia (95 anni) i Bruins ospiteranno una gara7 di finale sarà gara e dunque avranno intorno un ambiente esagerato non dovrebbe infastidire i Blues, che nei playoff sono andati meglio in trasferta, dove sono 9-3, con 38 gol segnati e 29 subiti, compreso un bilancio di 2-1 in questa serie. Ovvio che chiuderla in casa avrebbe avuto molto sapore, per St.Louis, ma che dire del gusto di sollevare il (pesantissimo) trofeo di fronte a oltre 17.000 assatanati che tifano per l’altra squadra? Ecco perché, spogliata di luoghi comuni, cabale, tendenze, gara7 potrebbe semplicemente essere vinta dalla squadra che nella sera giusta saprà trovare la misura adeguata ai punti di forza avversari senza esporre troppo il proprio lato debole. Potrebbe non contare nemmeno l’esperienza, che è ovviamente dalla parte dei Bruins. Piuttosto, tecnicamente, il riscatto parziale di Jordan Binnington, il portiere debuttante di St.Louis, si è arrestato domenica, per l’errore sul tiro di Brandon Carlo che ha toccato il ghiaccio e si è innalzato prima di entrare: il difensore dei Bruins lo ha effettuato un metro dopo la linea blu, dal lato destro, e con forza relativa, ma la traiettoria non è stata ben valutata da Binnington e il 2-0 a inizio terzo periodo ha messo la squadra di casa in una situazione dalla quale non è più risalita. Ma attenzione, nell’azione è stato forse più importante il gesto di Jake DeBrusk, l’ala sinistra che a contatto con la balaustra ha resistito a due contatti impedendo la gestione del puck e fornendolo poi allo stesso Carlo. Un assist ma anche un cosiddetto ‘hidden play’, un’azione nascosta, non immediata da cogliere ma fondamentale.

 

Domenica c’è stato il primo gol di Karson Kuhlman nei playoff, e sono ora 21 i giocatori di Boston ad aver segnato, il numero più alto dal 1987, quando i Philadelphia Flyers raggiunsero la medesima quota, perdendo peraltro gara7 contro Edmonton. In seguito, solo i New Jersey Devils del 1995, campioni, ne hanno avuti più di 19. A proposito di numeri, è la prima volta dal 2011 che si arriva a gara7 della finale, e in quell’anno i Bruins avevano vinto, ma in trasferta a Vancouver. Per quel che conta, delle 16 gara7 di finale, 12 sono state vinte dalla squadra di casa, ma le ultime due sono andate a quella in trasferta: già detto di Boston nel 2011, a cui va aggiunta Pittsburgh a Detroit nel 2009. Altri numeri, interessanti ma difficilmente premonitori, quelli di Binnington nelle partite successive a una sconfitta: in regular season ha avuto 13-2 con una media gol subiti di 1,83, nei playoff è 7-2 con 1,86. Il che però racconta il passato, non è necessariamente una premonizione. Semplicemente impossibile da fare.

 

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