Fast and furious. Troppo facile, come slogan, ma meglio di così non siamo riusciti a trovare. Veloci e frenetici i tempi dei playoff, e per fortuna corrispondono anche ai tempi del web, che permettono di restare un pochino al passo senza la sfortunata cronologia di un quotidiano cartaceo, che sugli eventi sportivi americani arriva inevitabilmente con almeno 24 ore di ritardo. La settimana rapidissima inizia con gara5 tra Carolina e Washington (siamo 2-3) e Dallas-Nashville (3-2) e i numeri tra parentesi raccontano già una piccola storia. Perché nel primo caso la squadra di casa, cioé Carolina, può solo pareggiare la serie portandola allo spareggio nella Capitale, mentre nel secondo può arrivare la vittoria definitiva, che lancerebbe gli Stars al turno successivo, contro St.Louis, e permetterebbe al maestoso American Airlines Center, chiusa la stagione NBA, di restare aperto per almeno altre due settimane di eventi sportivi. Due situazioni molto diverse non solo nel differente atteggiamento delle squadre che giocano in casa, è ovvio. Carolina farà fatica: è sempre odioso tirare in gioco gli infortuni, ma tre dei migliori nove attaccanti tra cui il coach Rod Brind’Amour può scegliere saranno assenti, e questo fa diminuire le speranze degli Hurricanes di portare la serie a gara7. Sono fuori Michael Ferland da gara3 e Jordan Martinook da gara4, mentre è poco probabile che possa giocare il russo Andrei Svechnikov, solo 19 anni e seconda scelta del draft 2018, che lunedì scorso, sempre in gara3, ha preso dal connazionale Alex Ovechkin un colpo durissimo che gli ha causato un trauma cranico. Washington non avrà TJ Oshie, che si è fratturato la clavicola destra giovedì scorso, ed è ovviamente fuori per il resto della stagione.

 

A Dallas, intanto, i topi (non) ballano. Ed è giusto così. Perché vista l’imprevedibilità dei playoff NHL non è che gara6 in casa, sul 3-2, voglia dire passaggio del turno, e neanche i ‘topi’ di Nashville, in caso di doppia vittoria e dunque 4-3 nella serie, possono essere particolarmente contenti di affrontare St.Louis e non Winnipeg. I Jets avevano raggiunto la finale di conference lo scorso anno e dovevano fare un passo in più in questa stagione, ma un bizzarro finale di regular season li aveva visti superati da… Nashville proprio sul filo, mentre St.Louis li aveva raggiunti a quota 99 punti. Però c’era l’idea che Winnipeg fosse più forte: e invece in una serie curiosa, con tutte vittorie in trasferta fino a gara6, i Blues sono stati i migliori in ogni fase del gioco. Ecco perché non è che la vincente tra Stars e Predators possa essere molto ottimista, se non perché - passato il turno - sarà comunque una delle otto che si giocheranno il titolo. Per la cronaca: dall’ambiente delle rispettive squadre si suppone che la forza di Dallas sia nella grande difesa e in un attacco molto dinamico, autore di 16 gol nella serie dopo una regular season da soli 291, peggior dato di tutte le partecipanti ai playoff, mentre Nashville fa appello alla solidità di un gruppo che negli ultimi anni ha spesso saputo come gestire partite da eliminazione diretta. Anche se solo sabato, sul 2-2 e con gara5 in casa, il medesimo gruppo ha perso 5-3. Ah, certo, NON era eliminazione diretta, ma non va bene lo stesso.

 

Altro capitolo. Giusto per curiosità: la scorsa settimana avevamo segnalato la situazione interessante di Cale Makar, che sabato 13 aveva giocato la finale del campionato universitario a Buffalo e il giorno dopo aveva firmato per i Colorado Avalanche diventando immediatamente disponibile per i playoff, con la cautela dovuta al netto salto fisico e agonistico che un passaggio del genere comporta. Makar è partito domenica 14 da Toronto, arrivando a Denver alle 18. Il mattino dopo ha partecipato alla sessione di allenamento e la sera ha debuttato alle 20.17, scendendo sul ghiaccio al primo cambio di linea di gara3 contro Calgary, la squadra della quale era sempre stato tifoso. Alle 20.47, al suo primo tiro, è arrivato il primo gol, con i genitori - arrivati da… Calgary cinque minuti prima dell’inizio - tra il pubblico. Non male. E per inciso Makar non è neanche il primo giocatore a debuttare con un gol nei playoff dopo aver vinto l’Hobey Baker Award come miglior hockeista universitario: prima di lui, nel 2011 Matt Gilroy per i New York Rangers e nel 1997 Paul Kariya (eletto poi nella Hall of Fame, non stiamo parlando di uno qualunque) per Anaheim, ma per loro il gol è arrivato rispettivamente al secondo e al terzo anno di NHL, mentre qui parliamo del primo GIORNO nella lega, per Makar, elogiato dal compagno di squadra Nathan McKinnon, che gli aveva passato il puck, perché non ha avuto la tentazione di tirare immediatamente ma ha atteso il tempo giusto per il gesto, con il disco che è passato tra le gambe del portiere Mike Smith, nel cosiddetto buco cinque. Colorado ha poi vinto la serie 4-1 (vedi sotto).

 

LA NOTIZIA DELLA SETTIMANA. Doppia, questa volta, e lunghetta. Con un inevitabile ritorno al passato recente, anche se qui si dovrebbe guardare sempre al futuro. Perché alla fine Tampa Bay non solo è davvero stata eliminata al primo turno nonostante il dominio della regular season, ma ha perso la serie a zero. Non era mai successo, e già questo fa impressione. Ma i numeri sezionano la squadra a metà in modo altrettanto drammatico e incomprensibile: dopo essere andata in vantaggio 3-0 nel primo periodo di gara1, Tampa ha subito un parziale complessivo di 19-5 (!); dopo essere stata la migliore della regular season nel sopravvivere ai minuti di inferiorità numerica senza prendere gol (85%), contro Columbus ha concesso il 50% e a sua volta in gara1 e gara2 ha avuto 0/5; numero uno della NHL in vittorie dopo essere andata in svantaggio (23), dopo aver chiuso il primo (15) e secondo (nove) periodo sotto nel punteggio, non si è mai ripresa. Insomma, una lunga serie di aspetti nei quali la differenza tra regular season e playoff è stata netta come mai nella storia. Per fortuna un po’ di regolarità è arrivata ad Ovest, dove la migliore della regular season, Calgary… eh no: stessa fine, (quasi) nello stesso modo. Perché i Flames almeno una partita l’hanno vinta contro i Colorado Avalanche: la prima. Poi quattro sconfitte di fila e subito fuori dai playoff. E altro segno indelebile su questa stagione: mai, dal 1967-68 ovvero dall’anno in cui la NHL è passata dalla (affascinante) parrocchietta di sei squadre a 12, per poi arrivare gradualmente all’attuale numero di 31, le due migliori squadre della regular season erano uscite contemporaneamente al primo turno. E poi uno si lamenta se sbaglia le previsioni.

 

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