Due giornate di Serie A non posson bastare per lanciarsi in giudizi netti e inappellabili. Alcune indicazioni però sono state chiare. Con il beneficio del dubbio, e in attesa di un campione di prestazioni più attendibile, ecco tre giocatori che hanno catturato sguardi e consensi.

    1. Osihmen – 120’ di adrenalina pura. Trasuda gioia di giocare, entusiasmo, passione, fame di gol e trionfi. Ha stravolto la partita di Parma, una scossa di elettricità dopo un’ora di calcio camminato. E ha trascinato l’attacco del Napoli nel 6-0 al Genoa con un moto perpetuo impressionante: pressing, spallate, duelli aerei, sponde, scatti, controscatti, finte, controfinte…
      Colpiscono soprattutto i progressi evidenti nel gioco di manovra rispetto alla stagione precedente al Lille. In Francia si esaltava soprattutto negli spazi in velocità e contropiede, qui ha squarciato la difesa del Parma e poi quella del Genoa con molto meno campo a disposizione. Sudando, scattando e lottando su ogni pallone anche all’85’ e sul 6-0. In attesa del primo grande esame allo Stadium contro Bonucci e Chiellini, applausi..!

    2. Djuricic – Non a caso il Benfica gli aveva consegnato la prestigiosa maglia numero 10 a soli 21 anni. Dopo le due stagioni in Olanda all’Heerenveen, sembrava davvero pronto per imporsi anche nella capitale portoghese. E invece lì si fermò, vittima degli stessi limiti che hanno condizionato il resto della sua carriera: discontinuità e leziosità. Alla Sampdoria Giampaolo voleva renderlo un attaccante ma la consacrazione sta arrivando al Sassuolo da trequartista, di nuovo con il numero 10 sulle spalle. Contro lo Spezia ha umiliato Sala con un controllo-tunnel-dribbling da playstation sublimato dal destro preciso oltre il portiere Zoet. Certo serviranno test e marcature più probanti, ma la crescita nella gestione De Zerbi è sempre più convincente. A Cesena ha giocato (e segnato, appunto) anche partendo da esterno sinistro. Con queste premesse, per lui e per il Sassuolo, la zona Europa League non sarà off limits.

    3. Ribery – Juan Romàn Ri…bery! Il passaggio per la rete di Chiesa a San Siro è già nella galleria dei capolavori di questo campionato. Una traccia immaginifica, alla Riquelme appunto, con il pallone che taglia l’erba e arriva perfetto, morbido e teso al tempo stesso, sul piede migliore del compagno. Una perla. Il giorno dopo tutti parlano dei 5 cambi decisivi di Conte, ma quello veramente determinante è il suo. Scelta masochistica di Iachini, con pochi precedenti nella storia recente del nostro campionato.

      Anche per le note meno liete, l’onestà intellettuale impone di attendere altri test prima di sbilanciarsi in modo netto. Per due allenatori giovani con percorsi opposti, ambizioni diverse ma idee di calcio offensivo simili, le prime due giornate hanno dato indicazioni contrastanti. Da non sottovalutare.

    4. Pirlo – Per ora allena sé stesso più che la Juve. Inevitabile, perché molti citano Guardiola e Zidane ma l’unica esperienza simile (in panchina…senza esperienza) fu quella di Clarence Seedorf al Milan. Un salto nel buio, che diede pure qualche riscontro positivo, prima dell’implosione per le invasioni di campo dell’olandese…fuori dal campo. La gestione dei rapporti è invece l’aspetto più rassicurante delle prime settimane da allenatore di Pirlo. I giocatori apprezzano la ritrovata serenità dopo il bombardamento tattico di Sarri che li aveva prosciugati. E la società è compatta dalla sua parte. Come sempre, però, in campo veritas. C’è un grande prato verde che decide i destini e quello di Pirlo riceverà già un indirizzo importante dalla sfida con Rino Gattuso, suo compagno di avventure rossonere e mondiali. Contro la Sampdoria si erano intravisti alcuni principî di gioco interessanti: recupero alto del pallone, immediatezza nella verticalizzazione, appoggio costante della manovra da parte di Danilo. Ma contro avversari più probanti e coraggiosi, la sofferenza è stata maggiore per la difesa a 3 e mezzo (alla Allegri, ma lì c’era Barzagli: altro livello) e non può essere una sorpresa perché il brasiliano pativa tantissimo già nella difesa a 4 del Real Madrid e del City. Kulusevski esterno destro e Cuadrado sul binario opposto sono state forzature estreme, sia per le loro caratteristiche individuali che per il modo in cui lo schieramento complessivo (non) li ha supportati. La squadra, però, è con l’allenatore e la reazione/gestione in svantaggio di un gol e di un uomo è stata ottima. In attesa che le sue idee di calcio si traducano dai banchi di Coverciano al grande prato verde, la Juve di Pirlo lotta (e resiste) fino alla fine.
    5. Liverani – 4 gol subiti a Bologna alla seconda giornata come accadde al suo Lecce al debutto nello scorso campionato a San Siro contro l’Inter. Gli stravolgimenti societari a Parma sono un alibi ancora solido: nuova proprietà, peraltro straniera e bisognosa di comprendere il sistema calcio italiano, e nuovo ds (Carli al posto di Faggiano). A questi cambiamenti Liverani sta affiancando una rivoluzione tattica apprezzabile nelle intenzioni ma per ora non premiata dal campo. Il Parma di D’Aversa è stata, soprattutto nel primo dei due anni di Serie A, la squadra meno spettacolare e al contempo più produttiva del campionato. Si arroccava sulla sua trequarti in assetto antisommossa e innescava le frecce per ribaltare il campo. Due-tre passaggi e in porta. Micidiale. L’ex tecnico del Lecce persegue il risultato attraverso un gioco più armonioso ed elaborato. La squadra prova a palleggiare di più ma è meno consistente e feroce in fase difensiva. Tra centrocampo e difesa si creano spazi che gli avversari invadono con più frequenza del biennio scorso e per i difensori, più fisici che veloci, diventa tutto più complicato. Nonostante zero punti in due partite, però, il giudizio resta sospeso: le attenuanti delle assenze di Cornelius, Inglese e Kurtic sono credibili e giustificano la fiducia della nuova proprietà nell’ambizioso (e rischioso, con questi giocatori) progetto tecnico.